Islam, Tradizione e Progressismo, aver scampato la rivoluzione francese è una fortuna

Tradizione non è una parola vuota, non è un concetto che reca in sé qualcosa di vagamente folcloristico, associato magari al kilt scozzese o al veterinario alcolizzato dell’amaro Montenero.

Tradizione è l’esatto contrario del concetto di rivoluzione e, anche se a orecchi moderni può suonar male, è l’esatto contrario del concetto stesso di progresso così come comunemente viene inteso oggi. 

Tradizionalismo e progressismo.

Il progressismo ha radici lontane; esso sorge e vince in Europa, quando la società medioevale entra in crisi, papato e impero entrano in un conflitto inestinguibile e sale alla ribalta della storia una classe, la borghesia, che trova la sua stessa ragione di esistere nel commercio, nel denaro, nel prestito ad interesse.

Questa classe di uomini nuovi vuole il cambiamento; vuole, possedendo il denaro, imporre il suo potere nella società. I borghesi diventano banchieri, medici, avvocati, bottegai, mercanti. Inventano la partita doppia, la cambiale e la Banca, prestano denaro perfino ai re.

Come ci hanno un po’ banalmente insegnato a scuola Il medioevo lascia il posto al Rinascimento. E già dovrebbe far riflettere che il Medioevo sia associato nelle menti dei più ad immagini cupe, a roghi, a infamie, a ignoranza. Roba da Medioevo, si sente anche oggi spesso dire, e non è mai un complimento. Si pensi ad esempio all’immagine del Medioevo veicolata da un romanzo e da un film, che dal romanzo è tratto, che una quarantina d’anni fa fece furore e che è diventato un classico nel suo genere: Il nome della rosa, opera di un grande sacerdote del progressismo nostrano, Umberto Eco. 

Eppure mai la società europea fu più coesa, mai la vita ebbe più significato per gli esseri umani, mai più nel vecchio continente la vita spirituale ebbe a livello di massa tanta importanza. La Divina Commedia, le splendide cattedrali gotiche, la filosofia scolastica ne segneranno il culmine.  

Sempre a scuola ci è stato insegnato, che finalmente quell’epoca buia si stempera e piano piano sorge un mondo nuovo, un mondo dove la religione perde sempre più terreno, dove –il mio professore di italiano, brav’uomo, si commuoveva quando ce lo diceva- l’uomo diventa il centro del mondo e Dio e i suoi angeli si fanno sempre più marginali. Questa epoca nuova è il Rinascimento. Già nella parola Rinascimento c’è un giudizio di condanna inappellabile sulla società che lo ha preceduto: si rinasce, se prima si era morti. 

Non era esattamente così. Sicuramente la vita umana non è mai stata in nessun luogo e in nessuna epoca, direbbero gli inglesi, un giardino di rose; ma oggi, un giudizio storico più equilibrato e meno ideologico ha stabilito che il Medioevo non fu l’epoca orribile e buia di cui narra la vulgata illuminista e il Rinascimento con tutto il suo splendore non fu solo luce e rinascita, ma recò in sé i germi della rottura religiosa e culturale che nel vecchio continente sarebbe sfociata, con lo scisma protestante, nella fine dell’unità della cristianità e avrebbe preparato l’illuminismo e con l’illuminismo la madre di tutte le rivoluzioni, e di tutti i progressismi, la rivoluzione francese. 

Da allora il progressismo ha voluto vedere nella storia umana solo un incedere trionfale di idee nuove, di scoperte scientifiche strabilianti, e anche se questa visione del mondo sempre e solo positiva deve fare i conti con due guerre mondiali spaventose, con regimi di inaudita disumanità come il nazismo e il comunismo, col colonialismo, con la devastazione dell’ecosistema terracqueo, con una rivoluzione industriale che tritura letteralmente la vita di masse enormi di esseri umani, per il dogma progressista non ci sono dubbi: il passato va scordato, riformato, fatto a pezzi, e nella migliore delle ipotesi,  imbalsamato e chiuso in un museo dove portare scolaresche in gita e damazze annoiate, perché la storia è progresso inarrestabile, perché, sempre secondo questo dogma, non esiste un piano spirituale ma solo materiale, ed il progresso si può misurare quantitativamente. 

Il mondo, secondo questa visione, è regno della materia e della quantità che la misura, tutto il resto non ha senso e non esiste.

Se il progressismo ha radici lontane, le radici della Tradizione non hanno tempo. La Tradizione è da sempre, e la Tradizione rovescia il dogma della modernità, perché per l’idea tradizionalista, la storia dell’umanità non è progresso, ma al contrario, essa è decadenza, decadenza del solo piano che per lei ha senso e valore: quello spirituale.

L’Islam 

L’Islam, così come lo conosciamo oggi, esiste da circa 1.400 anni. I musulmani credono però che la religione del Dio unico sia sempre esistita; che questa religione, che Muhammad (pbsl), il sigillo della profezia, ha annunciato col Corano, sia semplicemente la religione dell’umanità, il centro stesso della Tradizione, l’Agarttha e la Tule iperborea di cui narrano i testi esoterici.

La storia islamica si sviluppa principalmente al di fuori dell’Europa, nasce nella penisola araba e si espande a oriente e a occidente, ma in Europa l’Islam non riesce a radicarsi; viene espulso con la Reconquista dalla Spagna e le armi turche si fermeranno secoli dopo alle porte di Vienna. 

L’Islam, che non riesce a radicarsi in Europa, non conosce l’illuminismo e non conosce la rivoluzione francese; questo fatto indiscutibile che spesso viene fatto rilevare con una certa iattanza da intellettuali nostrani incapaci di guardare oltre al loro naso…- l’Islam non ha conosciuto la rivoluzione francese-… è invece un elemento provvidenziale che ha permesso al mondo musulmano di giungere nell’epoca della globalizzazione ancora spiritualmente integro.