La trasmissione del sapere islamico divenga una priorità della comunità italiana


La presenza dei musulmani in Europa è un fenomeno relativamente recente che si esprime ancora con molti caratteri collegati all’immigrazione sul territorio europeo di popolazioni di cultura e tradizione musulmana. Ad essi si sommano sempre di più europei autoctoni che scelgono di identificarsi con l’Islam.

I primi sono portatori sani dei valori dell’islam mescolati a caratteristiche culturali dei paesi di provenienza, i secondi invece si trovano a recuperare tutto ciò che vi è di buono nel proprio bagaglio culturale e religioso riadattandolo alla Legge Sacra dell’Islam.

Questa è quella che chiamiamo ‘comunità islamica’, ma di comunità in senso compiuto ancora non si tratta: nonostante in alcuni paesi possa risultare più omogenea e in altri meno, dobbiamo riconoscere che l’Islam non ha messo ancora radici profonde in queste terre ed una sintesi compiuta non è ancora avvenuta.

I grossi gruppi di origine immigrata si suddividono per etnie, scuole giuridiche e religiose, mentre gli europei autoctoni diventati musulmani spesso si dividono per il seguitare di una di queste comunità o per l’appartenenza ad una scuola religiosa piuttosto che un altra.

Ad aggravare in Italia questo processo di fusione e di unificazione vi è il fatto che il nostro è un paese giovanissimo, estremamente suscettibile alle derive dell’Occidente materialista, e i fenomeni di immigrazione e di conversione sono altrettanto recenti. La debolezza religiosa, culturale e politica della comunità islamica nazionale è dovuta all’assenza di un’identità definita. Non ci conosciamo e non sappiamo chi siamo.

Ma in un clima di sempre più crescente imposizione di un pensiero antitradizionale e unidirezionale, come faranno i musulmani in Europa a presentarsi e ad identificarsi? Ed ancor di più, come faremo noi in Italia a resistere ai cambiamenti in atto che spazzano via la famiglia, la Fede ed il concetto stesso di Dio?

Più o meno tutti i musulmani sanno che l’Islam si basa sulla conoscenza (e sulla pratica) del Corano e della Sunna, e molte persone potrebbero pensare che bastino questi due elementi per delineare l’immagine di un’identità condivisa. Bisogna però scendere maggiormente nel dettaglio: le differenti etnie sono custodi di una lettura e di un interpretazione di tali elementi non sempre condivisa nelle altre aree del mondo islamico e sintetizzare tutte queste visioni differenti non è una cosa affatto scontata. 

Bisognerebbe quindi prima di tutto sintetizzare un’interpretazione il più possibile inclusiva sul territorio nazionale, ispirata alle opere classiche, di ciò che è il Corano con i suoi profondissimi significati, e la Nobile Sunna diramata nei suoi numerosissimi esempi, e soprattutto che sappia tenere conto delle caratteristiche specifiche dell’ambiente culturale, storico e sociale italiano.

La soluzione non può essere quella di adottare una visione dell’Islam monolitica e asettica, incapace di comprendere ed efficace nell’imporre, che miri semplicemente a cancellare tutte le sfumature di ciò che è preesistente.

Questo lavoro non può essere delegato a terzi e necessita della padronanza degli strumenti necessari per affrontare questo lavoro: la conoscenza approfondita della lingua e della cultura sia araba che italiana e delle autorizzazioni tradizionali (hijazat) conseguite al termine dell’insegnamento ricevuto da Mestri autorizzati nelle diverse scienze islamiche.

La necessità di formare persone competenti in questi ambiti diventa sempre di più impellente di fronte alla pressione con cui vengono introdotte nel mondo occidentale forme di miscredenza nei cuori dei nostri figli attraverso la promozione di pensieri e modelli completamente anti tradizionali.

Shaykh Hamza Yusuf, Sapiente statunitense, ha dichiarato: ‘ogni comunità che è seria riguardo alla sua Religione, costruisce le proprie scuole ed università’; questa frase sintetizza il profondo legame che intercorre tra il concetto di ‘comunità’ e quello di ‘insegnamento e apprendimento’ della propria Religione. L’incapacità di stabilire istituti di formazione islamici in Italia è un sintomo diretto della mancanza di un identità comunitaria.

Prima ancora della formazione di fantomatici partiti politici islamici, o della creazione di correnti politiche generate da musulmani in partiti esistenti, la priorità assoluta della comunità islamica italiana dovrebbe essere quella di sostenere con ogni mezzo e ad ogni costo la formazione di giovani sapienti, sia maschi che femmine, che riescano a raggiungere i gradi di autorità spirituale necessari per conglomerare l’intera comunità e guidarla nel cammino della Fede, disegnandone il volto e la realtà.

Servono cuori illuminati e puri che sappiano ispirare le genti sulla via di Dio.

Per fare questo bisognerebbe avere un ente che si occupi di mantenere ponti stabili di comunicazione con tutte le realtà di insegnamento classiche presenti nei paesi islamici, che si occupi della raccolta fondi per sostenere gli studenti che partono all’estero, che sappia facilitare il loro inserimento nelle università o nelle Madrasat guidandoli nel tortuoso percorso per l’ottenimento dei documenti necessari.

Un ente che abbia esclusive finalità culturali e spirituali e che possa fare da hub per la presentazione e la collocazione di Imam qualificati nelle varie moschee d’Italia. Un ente che si faccia finalmente carico di spiegare ai vari governi cosa sia l’Islam e cosa un Iman dovrebbe sapere e insegnare, senza aspettare che siano le varie ‘consulte sull’Islam’ a farlo al posto nostro.

Sul territorio si sono sviluppate alcune lodevoli realtà, ma sono rimaste isolate, non supportate e a volte persino soppresse per interessi economici o gestionali, senza contare l’incredibile sforzo che alcuni singoli hanno fatto trasferendosi all’estero a studiare a proprie spese per amore di Dio, anch’essi abbandonati al loro destino ed il cui contributo è rimasto ancora inespresso.

Non vi sono realtà pronte ad accoglierli, realtà che abbiano maturato l’importanza di avere tali figure. Le poche personalità competenti seguono un lavoro che, seppur di pregio, rimane autonomo e isolato e non concorre in modo definitivo all’educazione del complesso della comunità, ma solamente dei singoli.

Le due associazioni più grosse presenti sul territorio italiano, l’UCOII e la più recente CII, hanno dimostrato di non avere tra le proprie priorità a questo compito poiché si sono concentrate principalmente nella colonizzazione di moschee esistenti o nell’apertura di nuove realtà nelle quali inserire imam importati dall’estero.

Probabilmente perché l’obiettivo è sempre stato quello di offrire un servizio alle varie comunità straniere già presenti sul territorio, offrendo loro guide religiose a tempo determinato che di sovente non hanno neppure avuto la necessità di imparare la lingua e la cultura italiana.

In un sistema di gestione così vacillante e destrutturato, le comunità hanno cercato di scaricare l’onere dell’insegnamento religioso sulle spalle delle guide che di volta in volta si sono succedute, senza comprendere che i loro figli sono nati e cresciuti in un ambiente totalmente diverso da quello che loro hanno conosciuto nei paesi d’origine e nella maggioranza dei casi questo ha prodotto l’incapacità da parte degli insegnanti di consegnare il deposito della Conoscenza Sacra, e dall’altra l’impossibilità degli studenti di riceverlo.

Nella lingua Araba la parola ‘ilm (conoscenza) e a’mal (azione) derivano dalla stessa radice trilittera, ma i due concetti non sono equivalenti e intercambiabili: ci può essere conoscenza senza azione, ma che azione può mai esserci senza conoscenza? È questa la vera priorità della Ummah.

Che Iddio ci protegga dall’essere tra coloro che vagano nel buio dell’ignoranza e che subiscono il governo di quanti sono peggiori di loro.