J’accuse di un disertore della guerra al covid

Accuso una società in cui un sano attuale è considerato come malato potenziale, in grado di ammalare (contagiare) chi ha scelto di proteggersi dal male ed è quindi teoricamente più forte.

In realtà a rischiare sarebbero lui e la sua stessa salute. Davvero uno strano spirito di fratellanza e un insolito concetto di cura, abbastanza vicino al marchese De Sade: si vuole il bene altrui mentre si prova odio. Nel frattempo altri malanni subentrano, indebolendo la psiche individuale e la coscienza collettiva. I vaccinati hanno paura della quarantena, i non vaccinati si ammalano della speranza di ammalarsi pur di non vaccinarsi, mentre le strade sembrano un ammasso di morti viventi, timorosi del loro stesso respiro. Chi può dirsi dunque sano?

Accuso un paese che ha dimenticato la commedia e conosce soltanto la tragedia, cavalcata con volgarità e impotenza. Oggi siamo capaci di ridere soltanto con la satira diventata caricatura e di piangere su funerali di dati. È mai possibile che nessuno provi vera tristezza al cospetto di un’umanità ingobbita, intristita e immobile? Una collettività appesa all’emergenza, come un frutto sull’escrescenza del presente. Non sa guardare indietro e nemmeno in avanti, libera dunque dal tempo storico ma dipendente dal tempo meteorologico. Non sa accettare infatti che ci sono due grandi e semplici stagioni: l’inverno con i suoi record virali e l’estate col suo caldo record. 

Accuso i benpensanti che per anni si sono indignati contro le malefatte di Berlusconi, la sua incarnazione di re impotente, impegnato in una continua orgia del potere. Tutti costoro ora tacciono. Assecondano invece qualunque decisione provenga da chi il potere l’ha percorso nell’ovatta della corporazione e dell’associazione. Senza tic, manie e sogni di grandezza questo potere non ha nulla di umano. È soltanto efficiente, almeno così pare. Si dimentica però che l’efficienza senza umanità non può darsi, per questo pagherà le conseguenze di scelte e leggi senza fondamento. 

Accuso i deboli che si prestano al vecchio giochino del capro espiatorio, iniziato coi ragazzi festaioli e confluito nei criminali no-vax. È il più vecchio tra i giochi consolatori attraverso cui scaricare frustrazione e impotenza. È un miracolo come l’umano lo ripeta inesorabile e puntuale. È meraviglioso come della Storia si prenda sempre la facciata, la si divida in due, si tiri una linea tra bene e male, dimenticandone però lo schema, l’essenza.

Di fronte a problemi economici, sociali, sanitari o geopolitici, il malcontento cresce e di pari passo l’impotenza politica. Ecco sopraggiungere l’antica soluzione. Ogni volta che una categoria d’individui è stata tacciata di un male, l’umanità si è vista retrocedere, ha pianto lacrime di retorica ma dopo un po’ è tornata a commettere lo stesso errore, come se nulla fosse. Ricordarsi Pascal: “La giustizia senza la forza è impotente; la forza senza la giustizia è tirannica”.

Accuso un’epoca incapace di riconoscere l’autorità: di un’intelligenza, di una decisione o anche di un carisma. Ogni riflessione è svilita a opinione e diventa verità solo grazie alla quantità: di voti, di ascolti, dati, like e influenze. Il mondo delle opinioni è l’incubo della ragione che intanto continua a credere nella scienza come salvezza. 

Accuso la semplificazione, la scorciatoia, gli acronimi, gli inglesismi, la ripetizione, la ridondanza, il cicaleccio di un dibattito monologante. In altre parole, accuso il silenzio di una lingua che sta morendo. Il lessico pandemico non lascerà traccia alcuna; non una parola sarà specchio in cui potersi leggere o seme su cui crescere.

Accuso un Governo di aver perso l’ennesima occasione. Non lascerà dietro di sé nulla che permanga: né ospedali più efficienti o strutture scolastiche più adeguate, tantomeno una visione qualunque di comunità; soltanto un fumo di emergenza che evaporerà al primo vento di normalità. Eppure basterebbe poco oggi per avere, almeno una volta, davvero le palle. Si pensa che il vaccino sia la conditio sine qua non per il benessere della comunità, allora che s’imponga l’obbligo, ma quello vero.

Anagrafico, incorporato nella tessera sanitaria, senza più codici da mostrare e a ogni somministrazione un bel timbro statale sotto il foglio informativo, come a dire: io ti obbligo a vaccinarti per il bene della collettività e allo stesso tempo mi faccio carico dei tuoi eventuali e individuali problemi di salute. E via mascherine, quarantene…silenzio! E invece no, si resta nella viltà delle mezze misure che sono la lingua preferita dalla burocrazia.

Vigliacchi e impotenti dimenticano l’insegnamento del vecchio paradosso greco di Achille e la tartaruga. L’eroe, partito con un istante di ritardo, non la raggiungerà mai la tartaruga, nonostante la sua velocità. Perché allora continuare a inseguire il virus?

Accuso coloro che accusano. Si vedono in piazza per non sentirsi soli, in una sorta di tinder ideologico. Dicono di essere il bene, di volere un mondo migliore, cantano Imagine, invocano apocalissi e si attribuiscono la salvezza. Insomma usano lo stesso, identico linguaggio, solo capovolto, dei loro avversari. Innocui e inconsistenti, non hanno capito ancora che soltanto due vie restano: la violenza o la diserzione. Oppure la terza via, quella che benedice e salva il nostro paese, così ben conosciuta e percorsa dagli im-potenti nostrani: l’illegalità. In Italia ogni norma nasce con almeno due scappatoie per essere elusa. E che si fottano la legge e le istituzioni. E così sia!