Covidismo 2.0, la nuova religione globale-Intervista a Martino Nicoletti

Tillich sosteneva che “ci sono delle fondamentali realtà della natura umana, della società, che non possono essere espresse, spiegate se non in termini teologici, religiosi”. Quello che è accaduto negli ultimi due anni è stato spiegato innanzitutto in termini scientifici ma sono apparsi da subito alquanto limitativi per comprendere il fenomeno soprattutto data la portata dei cambiamenti in atto.

Così alcuni studiosi delle varie discipline hanno provato a spiegarlo in termini legali, sociologici, economici, altri attraverso le chiavi di lettura del marxismo eppure a tutti è sembrato mancare qualcosa, una dimensione che non fosse prettamente materialista, una spiegazione che vada al di là della mera fisica, che spieghi il coinvolgimento profondo dello spirito dell’uomo difronte a questa immane sfida a cui lo ha sottoposto il destino.

Il merito del libro è quello di fornire al lettore una chiave di lettura metafisica della pandemia, quello di riuscire ad unire molti punti ancora non collegati, di svelare un quadro non immediatamente visibile se non ad occhi esperti ed attenti. 

Altro merito è quello di non scadere come molta della controinformazione nel complottismo, in una visione puramente negativa degli eventi che vede solo satana e l’apocalisse. È un libro che dà respiro al lettore, non lo obbliga ad avere una visione precostituita, suggerisce molti spunti di riflessione che possono e devono essere approfonditi, è una guida al risveglio per quelle persone che tra la seconda e terza dose iniziano a farsi domande, ad aprire gli occhi e chiedersi “ma cosa sta succedendo?”

L’autore ha una posizione abbastanza ferma, si comprende immediatamente che chi ha scritto questo libro ha una visione spirituale, è un libro che non avrebbe scritto né un filosofo puro né un antropologo distaccato. Martino Nicoletti (Dottorato di ricerca in Antropologia e practice-based Ph.D. in Multimedia Arts) è scrittore e antropologo delle religioni. Con oltre venticinque anni d’esperienza di studi e ricerche sullo sciamanesimo himalayano e la spiritualità dell’Asia meridionale, è autore di numerosi volumi dedicati alle religioni asiatiche, libri di viaggio e opere letterarie pubblicate in più lingue.

Perché questo libro? Cos’è che l’ha spinta a scrivere questo libro?

E’ tutto iniziato da un esigenza fondamentalmente etica: osservando l’insieme degli avvenimenti, dall’apparizione della pandemia fino al giorno d’oggi, con occhio distaccato e lucido ho notato una concatenazione di eventi perfettamente coerente, che rivela la nascita di un vero e proprio credo religioso, laico, di massa, dove non c’è nulla di trascendente e metafisico, una sorta di religione protestante 2.0 dove ci sono forti elementi etici ma non c’è una visione né metafisica né trascendente. Di colpo mi sono reso conto che questa coerenza c’era ed ho sentito l’esigenza sia come antropologo che come uomo che segue un cammino spirituale di scrivere un libro che collegando i vari punti di questi eventi (dal 2019 solo apparentemente sparpagliati) ne riveli un disegno unico: quello di una religione.

In che momento si è accorto che si trattava di una religione e non di un fenomeno sociale temporaneo?

Ho iniziato ad accorgermi che qualcosa di anomalo stava succedendo e che qualcosa di molto più grande della sola gestione di un’emergenza si stava delineando nel momento in cui ci sono state delle imposizioni che hanno mutato drasticamente il comportamento delle persone a livelli molto elementari, quindi molto visibili ma anche radicali.

Ad esempio, i così detti gesti barriera, che sembravano unicamente misure di contenimento del contagio in realtà nella maniera in cui sono stati proposti ed imposti (in modo radicale, universale, massivo ed a tempo indeterminato – molti gesti barriera sono stati istituiti e mai tolti ndr-), modificando il comportamento delle persone su scala mondiale, ha significato in qualche modo inculcare una fede, un qualcosa che va ben al di là del semplice cambiare le abitudini in un periodo di emergenza.

Questo mi ha fortemente insospettito: abbiamo cambiato il modo di comportarci nella vita quotidiana ed abbiamo cambiato moltissimo il rapporto con noi stessi ed il nostro corpo. Un terzo elemento che mi ha fatto propendere per questa lettura è che abbiamo cambiato radicalmente i rapporti tra noi esseri umani, le relazioni sociali. La miscela di questi tre elementi ha fatto nascere in me il sospetto che stesse nascendo qualcosa per inculcare qualcos’altro.

Quali sono gli elementi caratterizzanti di questa nuova religione che lei definisce “ideologica”?

La chiamo religione ideologica perché secondo me la caratteristica che definisce le religioni ideologiche è che utilizzano principi metafisici che dovrebbero elevare l’uomo per scopi sociali di controllo, per l’esercizio del potere sulle masse. Questa che io definisco covidismo 2.0, è una religione che poteva nascere solo ora che si fa un enorme uso della tecnologia, di diffusione pressoché ininterrotta di informazioni. In altri tempi, una religione così ampia, non sarebbe potuta esistere perché mancava il presupposto fondamentale di un flusso così vasto e diffuso di comunicazione, la possibilità di veicolare in maniera così grande e rapida le informazioni.

Il covidismo 2.0 riproduce in maniera dettagliata quelli che sono gli aspetti di ogni religione, ed in particolare della religione monoteistica di stampo giudaico cristiano. Questo perché la pandemia è nata e si è sviluppata come fenomeno culturale in occidente, in un’Europa che sebbene poco religiosa rimane sempre cristiana almeno culturalmente. Questa religione ha attecchito in tutto il mondo, anche nelle aree non cristiane del pianeta, principalmente però in quelle che guardano da vicino l’occidente, che hanno introitato una visione “culturalmente” cristiana senza dover essere cristiani.

Detto questo il covidismo ha: a) Un mito di fondazione, come quello presente nei primi libri della bibbia del vecchio testamento; b) Si sviluppa con una gerarchia religiosa, capovolta ma sempre religiosa, dove ci sono gli scienziati che rivestono il ruolo di veri e propri profeti; accanto ad essi ci sono gli esecutori materiali, che implementano i dettami di questi veri e propri sacerdoti del covidismo 2.0: i capi di governo. In ultimo abbiamo i vassalli, i preti minori: i giornalisti che hanno il compito di divulgare il verbo di questo covidismo; c) Inoltre ci troviamo difronte a tutto un insieme di gesti che non sono gesti anonimi ma sono la base per la costruzione di una vera e propria ritualità; d) Accanto alla ritualità vi sono tutto un insieme di elementi, di veri e propri atti sacramentali come il vaccino: presentato come un elemento salvifico che ha il potere di mutare completamente le sorti del mondo, annunciato con termini profetici, avrebbe una volta “disceso” dovuto portare la salvezza nel mondo. Salvezza che non ha portato poiché il vaccino non ha nulla di spirituale in sé, tuttavia è stato presentato in un’ottica ed in una modalità tipicamente religiosa.

Quale rapporto vede tra questa nuova religione e le religioni storiche?

Vedo un rapporto diretto con le religioni storiche nel momento in cui queste si sono comportate come strumento di potere, in questo senso il covidismo non è differente dalle religioni storiche quando hanno utilizzato il messaggio religioso per affermare e creare un dominio sulle persone, per limitarne le libere scelte. La differenza è che nel covidismo 2.0 non c’è più un pensiero religioso o una visione trascendente che tuttavia permane nelle religioni storiche anche quando fanno un cattivo uso del loro messaggio.

Il messaggio del covidismo è un messaggio totalmente etico, di un’etica scialba, che parla di rispetto senza più comprendere quale dovrebbe essere l’essere umano verso cui si esercita questo rispetto. Nel covidismo non c’è nessuna visione trascendente, tutto accade unicamente per tutelare la mera sopravvivenza biologica degli esseri umani, non la vita come valore assoluto, come dono divino, come passaggio da una dimensione umana ad una sovraumana, salvifica e quant’altro.

Cito dal libro: “da legittima fiducia nella scienza a professione di fede nella scienza”, com’è potuto avvenire questo passaggio?

È potuto avvenire perché oggi la scienza ha preso il posto della religione. La religione storica è nella maggior parte dei casi una piatta etica senza una visione metafisica e questo ha fatto in modo che lo spostamento si verificasse in maniera semplice. La religione si è fatta sfuggire di mano il proprio ruolo semplicemente perché ha perso la connessione diretta con il mondo metafisico, la religione è ormai qualcosa di conviviale, condiviso e di umano, troppo umano, una relazione orizzontale senza proiezione verticale. Ovviamente non parlo della religione in senso assoluto ma di come essa venga declinata in senso moderno, il pensiero marxista materialista non mi appartiene. 

L’uomo moderno dando totale fiducia alla scienza ha spostato quest’ultima da una posizione di provvidenza ad una dimensione fatalista. Non c’è più nessun disegno divino, nessuna provvidenza che guidi l’uomo da un piano umano ad un piano superiore, divino e l’uomo rimane soffocato spiritualmente. La scienza gli viene messa sopra la testa come un coperchio, non gli fa vedere più su, né più in là, con il risultato che l’uomo è abbandonato a sé stesso.

In questo le nostre religioni, almeno qui in occidente sono state complici perché hanno permesso che tutto questo si verificasse. La complicità manifesta di molti dei rappresentanti delle grandi religioni rispetto a quanto propugnato e promulgato dal covidismo non fa che dimostrare come ormai la religione di oggi, di massa che chiamo ideologica e la scienza di oggi (la sua narrazione ufficiale) vadano perfettamente a braccetto, il che significa che la religione ha perduto oggi le sue radici metafisiche.

“Il credo diviene superstizione” come?

Anche se le persone credono nella scienza come ad una religione in realtà questa scienza non sta dando delle risposte certe, tutto è molto aleatorio, data l’emergenza va tutto avanti per tentativi. Ora una scienza che funziona per tentativi vuol dire che non dà nessuna assicurazione sul futuro, su quello che sarà ed il povero credente cosa deve fare? Deve praticare i vari riti proposti dal covidismo 2.0 (i gesti barriera, l’ossequio alla pratica vaccinale intesa come sacramento che dovrebbe salvare ma non salva) con un senso superstizioso: si vaccina dicendo “speriamo che funzioni” perché non ha la certezza che il vaccino funzioni, si mette la mascherina sperando che funzioni.

È così superstizioso che se ne mette due a volte tre anche quando è da solo in macchina, anche quando i profeti scienziati hanno detto che non serve più, dimostrando che quello praticato è un puro gesto magico, scaramantico, superstizioso. Questa religione di massa della scienza però non funziona perché non porta l’uomo ad illuminarsi ed avere fiducia nei suoi dettami, in quelli della scienza ma lo porta ad essere superstizioso come lo è sempre stato.

Una religione che lei definisce per di più “intollerante” ed “integralista”.

Ogni religione ideologica per affermare il proprio messaggio, affinché quel messaggio venga compreso accettato e praticato secondo fede e discernimento da parte del fedele, ha bisogno di imporsi. In questo il covidismo 2.0 è una religione integralista, intransigente poiché non ammette in nessun modo che il fedele vi aderisca o non vi aderisca secondo coscienza e libera scelta.

Chiunque non è allineato alla narrazione ufficiale è escluso, per cui come si dice nel libro i passi sono abbastanza semplici da individuare: fedele alla strategia del divide et impera il covidismo 2.0 fa in modo che si venga a formare un gregge di fedeli che vengono opposti invece ad un gregge di infedeli e pian piano si fa in modo che questi non fedeli diventino dei veri e propri infedeli.

Ecco allora la caccia alle streghe, la caccia agli untori che piano piano si sta spostando verso questa sorta di guerra santa contro coloro che non aderiscono alla narrazione ufficiale. Lo scopo è creare delle fazioni: fintanto che c’è un nemico verso cui indirizzare l’attenzione il gregge non si guarderà in alto e si porrà delle domande, degli interrogativi sulle stesse forze che gli stanno dando questi input.

Lei definisce nel libro il potere, i nostri governanti come speculatori, siamo davvero governati da speculatori secondo lei?

Assolutamente sì, ma non da meri speculatori in termini economici e finanziari. La grande speculazione su cui si sta muovendo il covidismo 2.0 è la libertà della persona. Noi in questa fase stiamo postulando, sperando che ci venga donato di nuovo ciò che fino a due anni fa avevamo come diritto: libertà di movimento, libertà di autodeterminazione, libertà di spostarsi, libertà di decidere e quant’altro.

La cosa allucinante di questa speculazione è che avendoci messo in gabbia dopo aver avuto la libertà, quest’ultima ci viene ridata con il contagocce, con il sistema antico del bastone e della carota: ci viene offerta la possibilità eventualmente di essere liberi unicamente se accettiamo di camminare in questo tortuosissimo labirinto che viene creato giorno dopo giorno in maniera tale che l’uomo non sia più quello che era prima, ma forse potrà tornare ad esserlo se ubbidisce ai dettami della narrazione ufficiale. È una speculazione enorme perché sta trasformando degli uomini fino a poco tempo fa liberi in uomini che forse riconquisteranno la libertà dietro il pegno di enormi sacrifici, ed appunto il motto del covidismo 2.0 è che “nulla sarà come prima”. 

Avendo lei studiato diverse civiltà e visitato molti paesi, trova delle differenze nell’affrontare e vivere la nuova religione da parte di questi differenti popoli e civiltà? 

Tutto ciò che secondo me è più o meno in contatto con la sfera di influenza occidentale segue lo stesso modo di pensare e di agire di noi europei ed americani, per questo è una religione così diffusa e da cui è difficile avere scampo perché oramai è sinonimo stesso di occidente: ovunque c’è il messaggio occidentale (messaggio economico e finanziario e non solo culturale) non c’è scampo al covidismo 2.0.

Anche nei villaggi Himalayani tra i più sperduti dove ho avuto modo di studiare e vivere ho avuto notizia di comportamenti esattamente uguali ai nostri: tutti seguono la narrazione ufficiale, tutti sono spaventati, tutti sono pronti a cedere la propria libertà in cambio della sopravvivenza che il covidismo 2.0 propone. Lo stesso accade tra i molti amici e conoscenti musulmani in Pakistan, anche loro hanno le nostre stesse paure, sentimenti ed aspettative, quindi in questo senso è una religione infrastrutturale, che si insinua anche in altri ambiti culturali e religiosi e che (cosa mostruosa e detonante) una volta che entra spacca.

Poco importa che stiamo parlando di buddisti, musulmani o di coloro che seguono il culto dello spirito e della natura ed il sapere dei loro sciamani, entra dentro e spacca portando un messaggio materialistico, di appiattimento dell’uomo sul presente, sulla materia e sullo squallore di un’esistenza che è soltanto sopravvivenza. 

I movimenti contestatori della narrazione ufficiale vengono individuati principalmente a destra, mentre la sinistra (ex comunisti e socialisti) viene percepita come la più appiattita e promotrice della nuova religione, secondo lei perché?

Secondo me la religione del covidismo attecchisce, al di là delle categorie politiche, in tutte le persone che non hanno realmente un fondamento una visione trascendente della propria vita. Se una persona ha una visione metafisica di sé stesso, sa quindi che la nostra esistenza terrena è un segmento di una storia molto più ampia che esisteva prima e che esisterà dopo, che si compirà al di là del nostro transito terrestre, sa benissimo che questa è una turbolenza (come quella degli aerei) che deve accadere, accade, si vive come una prova, con serenità, ma non finisce tutto lì.

Il covidismo attecchisce in tutti coloro che questa visione non l’hanno e che quindi fondamentalmente hanno una visione pseudo spirituale o materialistica o laicista, quindi tra tutti coloro che guarda caso non avendo una visione metafisica sono caduti perfettamente nel sacco e nella trappola di questa religione. La cosa divertente, se mi permette, è che questi nuovi fedeli son diventati ben più bigotti ben più radicali di qualsiasi atra persona che fino a pochi anni fa avrebbero criticato in quanto bigotta, radicale ed integralista.

Questa religione ha messo nel sacco tutti coloro che fino a pochi anni fa si prendevano gioco di coloro che onestamente andavano a messa la domenica o facevano le pratiche religiose cinque volte al giorno o in altri continenti in maniera devota giravano intorno a degli edifici sacri perché rappresentavano per loro la manifestazione terrena del budda. Tutta questa gente sta praticando dei rituali che non hanno nessun fondamento religioso con la stessa attitudine cecità e spirito bigotto di quanti loro criticavano fino a pochi anni fa.

È questo che mi diverte di più del covidismo, vedere questa gente che fino a pochi anni fa si considerava un libero pensatore comportarsi oggi in modo del tutto irrazionale. Chi crede in Dio, in qualcosa di trascendente ha paura di quello che sta accadendo ma sa che non è la fine del mondo mentre chi non ha radici metafisiche vive questo virus come l’apocalisse. 

La maggior parte dei devoti non si rende conto di far parte di questa religione. Perché?

Non se ne rende conto in maniera identica a coloro che seguono la religione (per esempio dato che siamo in Italia, il cattolicesimo) per semplice consuetudine: hanno un figlio e lo battezzano “perché va fatto”, ci si sposa in chiesa “perché è tradizione” etc. Questi sono sì fedeli, ma fedeli trascinati, non c’è una vera consapevolezza di appartenere ad una religione. Questo sta accadendo anche nel covidismo: la maggior parte delle persone compie i sacramenti, i gesti rituali etc. perché gli viene detto di farli senza una consapevolezza dietro.

Questa consapevolezza però (e questo è veramente religioso) questo spirito di identità, senso di appartenenza alla fede salta fuori sempre quando c’è un nemico, difronte ad un nemico: il cristiano diventa tale quando viene minacciato dall’esterno da qualcosa che cristiano non è e ugualmente il fedele covidista diventa un fermo autentico covidista appassionato integralista quando deve sfoderare la propria spada contro un non vaccinato o contro uno che non segue i rituali dei gesti barriera. Non è consapevole di appartenere ad una religione ma difronte al nemico dimostra spirito di gruppo, coesione di gregge e spirito di unione tra i fedeli, e questo è un comportamento molto religioso. 

Nel libro usa due parole chiave nel capitolo di speranza finale: “rallentare” e “non avere paura”, potrebbe spiegarli?

Come ho spiegato nel libro eventuali resistenze e forme alternative di massa rischiano il naufragio perché il potere di fuoco con cui abbiamo a che fare è enorme, globale ed inimmaginabile rispetto a quelle che potevano essere forme alternative o di resistenza dei secoli passati (anche se la repressione era più feroce): è difficile a livello di massa muovere le cose. Penso che la soluzione venga a livello personale, umano: quando parlo di rallentare intendo il primo movimento che l’uomo fa quando vuole tornare a sé stesso e vuole riconquistare lucidità per capire cosa gli stia accadendo.

Noi siamo ormai delle meteore in accelerazione progressiva, cerchiamo di iniziare le nostre giornate lentamente ma alle 9 di mattina siamo già a mille all’ora per arrivare a sera praticamente sfiniti da una giornata che ci ha mangiato e divorato. Il moto inverso è “rallentare”, questo ci permette di porci delle domande, di riflettere su di noi e di ritornare, in senso spirituale, in noi stessi. Non bisogna aver paura, assolutamente! il covidismo 2.0 funziona in grandissima parte grazie alla creazione di uno stato di terrore permanente.

Gli esseri umani sono spaventati in permanenza e si fa in modo che siano perpetuamente spaventati, che non ci sia scampo a questa paura. Lo smettere di avere paura è un antidoto, è il primo passo per poi chiedersi perché abbiamo paura. La risposta a questa domanda ci porterà a comprendere che la paura deriva dall’assenza di una visione spirituale della nostra vita: non c’è più nulla di trascendente, di divino, tutto si appiattisce su una visione materialistica della vita e quindi ogni cosa ci spaventa.

Nel libro ho definito il covidismo una religione capovolta non solo perché manca di una visione autenticamente spirituale ma perché in tutti gli elementi etici di aiuto all’altro, di rispetto per il prossimo, di rispetto dei deboli, delle fasce più vulnerabili, tutto è ad un livello umano, orizzontale, non c’è nulla di verticale che eleva. Il fondamento stesso della religione è negativo, nasce perché c’è un male (l’apparizione del virus) e non c’è alternativa che scappare dal male, non c’è un bene verso cui andare che non sia una mera sopravvivenza biologica.

In questo c’è qualcosa di fondamentalmente diabolico perché crea scissione e divisione: spezzettare e frammentare le relazioni tra le persone, le identità culturali dei popoli. Diabolici sono i governanti che dividono i loro popoli, come Macron in Francia, che disconosce i propri cittadini non vaccinati; diaboliche sono le divisioni e l’odio che analogamente vengono diffuse e profuse a tutti i livelli dalla politica ai media in Italia contro chi non aderisce alla narrazione ufficiale: invece di creare una coesione a livello nazionale tra persone in pericolo le dividono in un tutti contro tutti.