Giacalone contro i ceceni ma il generale Bertolini lo stoppa: fastidiosamente razzista

In un recente dibattito andato in onda su La 7, il giornalista Davide Giacalone si confronta con il generale Bertolini. Quando il dibattito si accende, ed il generale denuncia la narrazione russofoba (quella che per intenderci sta portando all’esclusione di sportivi russi dallo sport fra le altre cose) Giacalone va oltre il tentativo di confutare i fatti esposti dal generale e parlando dell’esercito della Cecenia (paese a maggioranza islamica) abbandona l’argomentazione logica e parla di “tagliagole che al grido di Allah lo vuole stanno puntando alla popolazione civile per violentare e sgozzare”.

Le brutalità ingiustificabili in guerra ci sono sempre state e ci sono oggi purtroppo, a prescindere dal credo dei combattenti, che siano Ceceni o che siano i democratici statunitensi ed i loro alleati che dall’inizio del millennio di stupri, sgozzamenti e torture sono stati i maestri con una grado quantitativo e qualitativo tale da far impallidire persino i criminali dell’ISIS.

Così Giacalone riprende quella retorica islamofoba che in questo caso associa la figura del brutto saraceno barbuto e cattivo in modo mistificante con il coinvolgimento militare (legittimo o meno che sia) di un Paese a maggioranza islamica (la Cecenia) nel conflitto sempre più complesso fra Russia ed Ucraina.

Il generale Bertolini però coglie l’escamotage  e sottolinea la retorica di Giacalone definendola “fastidiosamente razzista”. Quest’ultimo si scalda tentando di boicottare il dibattito e chiedendo al generale di ritirare l’accusa. Peccato che l’accusa sia fondata ed accurata. Il generale incalza ulteriormente il giornalista notando che quando il dibattito è divenuto più sostenuto Giacalone sia caduto nell’emotivismo e nel razzismo .

È così che mentre le critiche sulla copertura del conflitto Russo-Ucraina nei media nostrani divengono sempre più frequenti e sostenute non solo da studiosi come Orsini, ma anche da giornalisti del calibro di Marco Travaglio, si gioca la carta evergreen della demonizzazione islamofoba.