Appello della moglie di Julian Assange: con l’estradizione rischia la vita

Ripubblichiamo l’appelo lanciato da Stella Moris, moglie di Julian Assange, dalle colonne del quotidiano britannico Indipendent 

Julian deve essere liberato prima che sia troppo tardi, ne dipende la sua vita ed anche i vostri diritti dipendono da questo

Venerdì scorso, il ministro degli Interni Priti Patel ha dato l’autorizzazione affinché il Regno Unito trasferisca mio marito, Julian Assange, nel Paese che ha progettato il suo assassinio.

Julian è imprigionato a Belmarsh da più di tre anni su richiesta dei procuratori statunitensi. Rischia una pena detentiva fino a 175 anni per la pubblicazione probabilmente più celebre nella storia del giornalismo.

La decisione della Patel di estradare Julian ha provocato un’onda d’urto in tutto l’ambiente dei giornalisti. Il Ministro degli Interni ha ignorato gli appelli dei rappresentanti del Consiglio d’Europa, dell’OSCE, di quasi 2000 giornalisti e di 300 medici che chiedevano di bloccare l’estradizione.

Quando Julian chiama i bambini all’ora in cui si preparano per andare a dormire, chiacchierano vivacemente e chiassosamente. Le telefonate durano solo 10 minuti, così quando l’altra sera la telefonata si è interrotta bruscamente, Max, che ha tre anni, ha chiesto in lacrime se fosse stato per colpa sua, perché era stato cattivo. Io ho risposto distrattamente che non era colpa sua, ma di Mike Pompeo. Gabriel, cinque anni, ha chiesto: “Chi è Mike Pompeo?”.

In quel momento avevo in mente Mike Pompeo perché, mentre il Ministro degli Interni di questo Paese  era intento a firmare l’ordine di estradizione di Julian, in Spagna un giudice della Corte Suprema convocava Pompeo per interrogarlo, in quanto direttore della CIA, a proposito dei complotti nei quali si parlava di uccidere mio marito.

Mentre Pompeo era al comando della CIA, il più fedele sostenitore del Presidente Trump avrebbe incaricato i suoi agenti di preparare “piani” e “opzioni” per l’assassinio del loro padre.

L’invito a comparire davanti a un giudice spagnolo notificato a Pompeo nasce da un’indagine sullo spionaggio illegale di Julian e dei suoi avvocati, attraverso una società registrata con sede in Spagna. La polizia spagnola ha sequestrato grandi quantità di dati elettronici e gli addetti ai lavori coinvolti nelle operazioni clandestine hanno testimoniato di aver agito su istruzioni della CIA. Avevano discusso del rapimento e dell’avvelenamento di Julian.

Anche Gabriel, che all’epoca aveva sei mesi, sarebbe stato un target di questo complotto. Un testimone, infatti, venne incaricato di ottenere un tampone di DNA da un pannolino sporco per stabilire con certezza che Julian fosse suo padre. Un altro ha ammesso di aver piazzato dei microfoni sotto gli estintori per intercettare le riunioni, coperte dal segreto professionale e riservate, tra Julian e i suoi avvocati.

Le registrazioni degli incontri privati di Julian nell’ambasciata ecuadoriana a Londra sono state trasferite fisicamente a gestori negli Stati Uniti, con cadenza regolare. Le telecamere hanno ripreso anche un’irruzione avvenuta nell’ufficio degli avvocati di Julian, e gli investigatori hanno scoperto fotografie di documenti legali dell’avvocato di Julian, scattate all’interno dell’ambasciata. Le operazioni che hanno avuto come obiettivo i suoi avvocati sembrano tratte da un manuale sovietico.

Dall’altra parte dell’oceano, fin dai tempi in cui l’amministrazione Nixon ha cercato di perseguire il New York Times per i Pentagon Papers, oltre mezzo secolo fa, gli avvocati costituzionalisti avevano già avvertito che la legge sullo spionaggio del 1917 sarebbe stata un giorno usata impropriamente per colpire i giornalisti.

È stata l’amministrazione del presidente Obama che ha ridato vita all’abuso inquietante dell’Espionage Act. Il numero delle fonti giornalistiche incriminate in base a questa legge è superiore a quello di tutte le amministrazioni precedenti messe insieme, tra cui l’informatore di WikiLeaks Chelsea Manning, l’informatore sulle torture della CIA John Kiriakou e l’informatore dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, Edward Snowden.

In seguito alle forti pressioni dell’opinione pubblica, Obama ha commutato la condanna a 35 anni di Chelsea Manning. Obama ha rifiutato di perseguire Julian per aver pubblicato le fughe di notizie passategli da Manning a causa delle implicazioni che avrebbe avuto per la libertà di stampa.

Dopo le numerose accuse dell’amministrazione Obama in attuazione dell’Espionage Act, era solo questione di tempo prima che un’altra amministrazione arrivasse ad ampliare ulteriormente l’interpretazione, e quindi l’utilizzo, della legge.

Quel giorno è arrivato ben presto. L’amministrazione Trump ha aperto un nuovo terreno giuridico con l’incriminazione di Julian per aver ricevuto, posseduto e pubblicato le fughe di notizie di Manning. Nel frattempo, a Langley, in Virginia, Pompeo dava il via al piano di assassinio da parte della CIA.

La decisione di Priti Patel arriva assieme a vaste riforme governative di stampo sempre più totalitario – i piani per indebolire l’influenza della Corte Europea dei Diritti Umani e la decisione di estradare Julian sono il colpo di grazia.

Le riforme proposte dal ministro dell’Interno per l’Official Secrets Act del Regno Unito ricalcano in gran parte l’accusa dell’era Trump nei confronti di Julian: gli editori e le loro fonti possono essere accusati come co-cospiratori criminali.

Il caso stesso dell’estradizione di Julian crea un precedente legale. Quello che per lungo tempo è stato considerato un principio fondamentale della democrazia, la libertà di stampa, scomparirà di colpo.

Allo stato attuale, nessun giornalista rischierà di subire quel che sta subendo mio marito. Julian deve essere liberato prima che sia troppo tardi. La sua vita dipende da questo. I vostri diritti dipendono da questo.