La Giordania e il progetto di una NATO arabo-israeliana

A differenza di quanto avvenuto per le mobilitazioni antimperialiste degli anni cinquanta contro il Patto di Baghdad, oggi gli americani e il re giordano confidano nel loro progetto di creare una nuova alleanza militare con Israele.

Le alleanze degli Stati Uniti non sono cambiate molto nel corso degli ultimi settant’anni.

Nelle scorse settimane, gli Stati Uniti e Israele si sono impegnati attivamente per creare un’altra alleanza militare tra Israele e alcuni Paesi arabi contro l’Iran.

Pochi giorni fa, il re della Giordania Abdullah ha annunciato alla televisione statunitense che “sarebbe una delle prime persone disposte ad appoggiare una NATO in Medio Oriente”. E ha aggiunto “Mi piacerebbe vedere altri Paesi dell’area entrare in questo gruppo”. 

Abdullah, tuttavia, non ha detto esplicitamente che anche Israele ne farebbe parte. Gli americani, invece, sono stati più espliciti.

Un portavoce della Casa Bianca ha dichiarato che gli Stati Uniti “sostengono con forza l’integrazione di Israele nella più ampia regione mediorientale, e questo sarà uno degli argomenti in discussione quando il presidente visiterà Israele”.

Nel frattempo, la Giordania non solo ha collaborato con la NATO, come ha affermato il re, ma è anche sede di alcune basi e strutture militari statunitensi extra-territoriali, sulle quali non ha alcuna giurisdizione o controllo in virtù dell’Accordo di Difesa 2021 che il monarca ha firmato con gli americani senza l’approvazione del Parlamento.  

Una nuova alleanza

Giorni prima che il re rilasciasse i suoi commenti, il ministro della difesa israeliano Benny Gantz aveva annunciato che Israele si sarebbe unito ad alcuni paesi arabi per formare una nuova rete di difesa aerea congiunta guidata dagli Stati Uniti, chiamata Middle East Air Defence Alliance (MEAD).

La Giordania dovrebbe far parte di questa rete di difesa aerea congiunta. Poiché Re Abdullah è un sovrano assoluto e non deve rispondere a nessuno all’interno del suo paese, in politica può fare e disfare a suo piacimento.

Ciò non significa che non potrà emergere un’opposizione interna alla nuova alleanza, ma piuttosto che il re è certo che i suoi organi di sicurezza potranno neutralizzare rapidamente qualsiasi dissenso serio.

Un’alleanza militare di questo tipo, creata specificatamente contro l’Iran, la Siria, Hezbollah e Hamas, e ultimamente la Russia, non è un’idea nuova, anche se questa volta si stanno svolgendo accordi più formali rispetto al passato.

Nel 2006-2007, il segretario di stato americano Condoleeza Rice sperava che il nuovo Medio Oriente che lei, a nome degli Stati Uniti, voleva far nascere, avrebbe incluso un’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti. All’epoca la Rice riuscì a reclutare Arabia Saudita, Egitto e Giordania nel suo nuovo patto, ma i tempi non erano propizi per includere pienamente e apertamente anche Israele. 

John Foster Dulles, segretario di stato col presidente Dwight Eisenhower, era noto per la sua “mania dei patti”. I suoi numerosi sforzi per stabilire accordi militari in tutto il mondo compresero la creazione nel 1955 dell’Organizzazione Centrale dei Trattati o CENTO, meglio nota come Patto di Baghdad, come principale fronte anti-sovietico in Medio Oriente.

Oltre alla Gran Bretagna, alla Turchia, all’Iran dello scià, al Pakistan e all’Iraq hashemita, gli americani si impegnarono a fondo per arruolare la Giordania, ma non ci riuscirono a causa dell’opposizione nazionalista antimperialista ai desideri di re Hussein. Il patto fu osteggiato non solo dall’Egitto di Nasser, ma anche dall’Arabia Saudita, allora anti-ashemita. 

Il generale Gerald Templer, capo dello staff imperiale britannico, visitò la Giordania in missione per vendere il patto ai suoi governanti.

Il re e il suo primo ministro, Hazza’ al-Majali, sostennero l’impresa, mentre la corrente nazionalista anti-coloniale del paese e i Fratelli Musulmani si opposero con veemenza. Nell’esercito giordano, allora guidato dal tenente generale britannico John Bagot Glubb, un gruppo antimperialista di “Ufficiali liberi” si oppose al patto.

Questi insistevano sul fatto che i nemici della Giordania erano gli inglesi e Israele e non l’URSS.   

A causa delle massicce manifestazioni contro gli inglesi e l’adesione della Giordania al Patto di Baghdad, l’esercito fu dispiegato nelle città giordane e iniziò a sparare sui civili. Mentre il gabinetto di al-Majali fu costretto a dimettersi, diversi dimostranti furono uccisi dall’esercito.

La polizia venne bersagliata di pietre, così come gli ufficiali dell’esercito britannico, e la popolazione giordana bruciò le Land Rover dell’esercito. Le proteste avvennero in tutto il Paese. Oltre alla Cisgiordania, le città e i paesi della Cisgiordania orientale, da Amman e Zarqa a Irbid, Salt, Ajloun, ar-Ramtha e persino il villaggio di Anjara erano pieni di manifestanti.  

Uno degli ufficiali britannici a Zarqa, il tenente colonnello Patrick Lloyd, venne ucciso dalla folla mentre l’intero reggimento dell’esercito restava a guardare senza sparare un colpo. La polizia di Zarqa si rifiutò di far rispettare il coprifuoco e rimise in libertà i trasgressori arrestati dall’esercito. Per riprendere il controllo di Zarqa, gli aerei militari sorvolarono la città in ricognizione, terrorizzando la popolazione.  

Una marea nazionalista

L’episodio rafforzò in Giordania la corrente nazionalista antimperialista e portò all’espulsione di Glubb nel marzo 1956.

Tra il 1954 e il 1957, la Giordania ebbe una vita politica molto attiva, con un parlamento antimperialista vivace e relativamente con libere elezioni, e nel 1956-57 ebbe un primo ministro nazionalista e antimperialista, Suleiman al-Nabulsi. Ma la vittoria degli antimperialisti giordani fu di breve durata. Gli Stati Uniti non accettarono la sconfitta dei piani che avevano previsto per il patto. 

Nel gennaio 1957, il presidente Eisenhower annunciò la Dottrina di Eisenhower. Dichiarò che gli Stati Uniti sarebbero intervenuti in aiuto di qualsiasi paese del Medio Oriente minacciato dal comunismo.

Nel discorso di presentazione della dottrina, il presidente dichiarò che: “Il Medio Oriente è il luogo nel quale sono nate le tre grandi religioni – musulmana, cristiana ed ebraica. La Mecca e Gerusalemme sono molto più che semplici luoghi indicati sulla mappa. Simboleggiano religioni che insegnano che lo spirito ha la supremazia sulla materia e che l’individuo ha una dignità e dei diritti di cui nessun governo dispotico può giustamente privarlo. Sarebbe intollerabile che i luoghi santi del Medio Oriente fossero governati da un governo che glorifica il materialismo ateo”.

Durante riunioni private avute con Frank Wisner della CIA e con lo Stato Maggiore, Eisenhower insistette sul fatto che gli arabi avrebbero dovuto trarre ispirazione dalla loro religione per combattere il comunismo e che “avremmo dovuto fare tutto il possibile per sottolineare l’aspetto della guerra santa”. Il piano prevedeva che gli Stati Uniti sostenessero i nuovi gruppi riformisti come la i Fratelli Musulmani ed evitassero le guide religiose tradizionali. 

Più tardi, nello stesso anno, durante un colpo di stato compiuto da re Hussein contro il parlamento, il gabinetto e gli ufficiali dell’esercito democraticamente eletti, i membri del ramo giordano dei Fratelli Musulmani, secondo quanto riportato nelle memorie dell’ufficiale libero giordano Shahir Yusuf Abu Shahut a proposito di questo periodo, dell’esercito e della politica in Giordania (pubblicate nel 1992) si unirono alla campagna di repressione delle unità dell’esercito giordano nella lotta contro le forze nazionaliste antimperialiste e pro-democrazia del Paese, da loro definite comuniste

Ma secondo fonti dei Fratelli Musulmani, l’affermazione secondo cui essi avrebbero preso parte alla campagna di repressione contro i nazionalisti dell’epoca è “assolutamente falsa”.

Una congiura di palazzo 

Il re giustificò il colpo di stato sostenendo che vi era un complotto dell’esercito che intendeva rovesciarlo, anche se il capo di stato maggiore giordano, Ali Abu-Nuwar, che fuggì dal Paese durante il colpo, spiegò in una conferenza stampa che “il presunto complotto [contro il re] era stato pianificato e progettato dall’ambasciata americana in Giordania e da collaboratori del colonialismo per raggiungere i loro obiettivi”.

Subito dopo il colpo di stato, l’esercito fu epurato da tutti gli elementi antimperialisti e nazionalisti e fu ripristinato lo status quo ante che governava sotto Glubb Pasha. La Giordania, di conseguenza, fu sottoposta alla legge marziale dal 1957 al 1992. 

Anche i sauditi, tradizionali nemici degli hashemiti, si erano schierati con il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser contro il Patto di Baghdad antisovietico creato dall’Occidente. Il Dipartimento di Stato americano decise di “liberare l’Arabia Saudita dall’influenza egiziana”.

Eisenhower era intenzionato a sostenere l’Arabia Saudita per controbilanciare Abdel Nasser, soprattutto perché gli americani riconoscevano l’importanza del controllo saudita dei luoghi sacri islamici. 

Il piano di Eisenhower prevedeva che il re saudita “fosse aiutato, possibilmente, a diventare un leader spirituale. Una volta raggiunto questo obiettivo, potremmo iniziare a richiedere il suo diritto alla leadership politica”.

Poiché il re Saud sembrava meno disponibile e non adatto al ruolo, nel maggio 1962 il principe ereditario Faysal (che, con l’appoggio degli americani, costrinse il fratello Saud ad abdicare nel 1964 e lo sostituì sul trono) organizzò una conferenza islamica internazionale alla Mecca per combattere la popolarità del nazionalismo arabo antimperialista, del socialismo e del secolarismo e inaugurò la Lega Mondiale Musulmana.

Questo faceva parte del nuovo ruolo che, durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti avevano subappaltato all’Arabia Saudita, governata da re Faysal, contro Abdel Nasser.

Ma questo accadeva negli anni Cinquanta e Sessanta.

Oggi viviamo in un mondo in cui non esistono più grandi forze antimperialiste nel mondo arabo. In effetti, non vi sono segnali che qualcuno nelle forze armate giordane, rifornite dagli Stati Uniti, e tanto meno nella classe politica giordana, sposino inclinazioni nazionaliste antimperialiste come avveniva negli anni Cinquanta.

Tuttavia, esistono persone la cui ostilità all’antimperialismo è tale che cercano ancora di minare le credenziali del primo ministro antimperialista degli anni ’50 al-Nabulsi.

Un nuovo Medio Oriente

Qualche settimana fa, forse nell’ambito di una campagna volta a costringere l’opinione pubblica giordana ad aderire alla nuova NATO mediorientale, l’ex primo ministro giordano Samir al-Rifai ha attaccato al-Nabulsi accusandolo di aver complottato con potenze straniere negli anni Cinquanta per rovesciare il regime hashemita.

Un altro tentativo, forse anche questo progettato per aiutare a convincere i giordani che l’Iran, e non Israele, è il loro nemico, riguarda le storie circolate il mese scorso sui media secondo cui lo spionaggio informatico iraniano avrebbe cercato di hackerare il ministero degli Esteri della Giordania.

Più gravi sono le accuse secondo cui l’Iran sarebbe dietro a un’importante campagna di contrabbando di droga in Giordania, attraverso il confine siriano.

L’Iran, tuttavia, mantiene relazioni diplomatiche amichevoli con la Giordania, nonostante la precedente vicinanza del regime giordano alla dittatura pre-rivoluzionaria dello Scià e il sostegno attivo di re Hussein negli anni ’80 alla guerra di Saddam contro l’Iran rivoluzionario. 

A metà degli anni Cinquanta, i generali britannici avevano scatenato l’esercito giordano, addestrato dagli inglesi, in una Giordania mobilitata contro il continuo colonialismo britannico, l’imperialismo statunitense e il nemico israeliano.

Tuttavia, le forze antimperialiste dell’epoca riuscirono a impedire a re Hussein di aderire al Patto di Baghdad.

Infatti, nonostante i Fratelli Musulmani abbiano partecipato al colpo di stato contro i nazionalisti negli anni ’50, pochi giorni fa, insieme ad altri gruppi patriottici giordani, si sono schierati con forza contro il nuovo patto.  

Oggi, tuttavia, gli Stati Uniti e il re Abdullah non sembrano preoccupati che l’esercito giordano sostenuto ed armato dagli Stati Uniti, né tanto meno le temibili agenzie di intelligence giordane sempre appoggiate dagli Stati Uniti, rischino di trovarsi a dover affrontare una mobilitazione popolare di dimensioni pari a quelle degli anni Cinquanta contro la nuova NATO del Medio Oriente, e che non ci sia bisogno di rovesciare il primo ministro giordano né di organizzare congiure di palazzo.

Sia gli americani che il re sembrano a loro agio con il nuovo piano e fiduciosi nel suo successo. 

 

Articolo di Joseph Massad pubblico su Middle East Eye