Musulmani di fronte alle elezioni: votare? E per chi?

Ad ogni tornata elettorale, nella comunità islamica virtuale nascono diatribe a colpi di fatawa sulla liceità o o meno  che i musulmani vi partecipino  attivamente al voto e alla vita politica del Paese candidandosi in una qualche lista o anche solo recandosi a votare…“si può votare, sì o no?” “Ci si può candidare?”

A queste domande rispondono, in linea generale, personaggi anonimi che si sono fatti seguaci facendo, negli anni, copia-incolla di Fatawa (responsi giuridici) emesse in altri Paesi (con prevalenza saudita).

Prima di andare avanti tocca chiarire un punto: fare copia-incolla di responsi giuridici può risultare molto utile, anzi è molto utile per alcuni argomenti-base, ma quando si tratta di argomenti specifici è bene che il non provengano da un Paese estraneo al contesto in cui si vive.

Nella maggior parte dei casi le fatawa contrastano con l’operato e le linee guida della maggior parte delle moschee e associazioni islamiche presenti sul territorio italiano che invece invitano, coloro che possono esercitarne il diritto, a votare senza mai, e direi pure grazie a Dio, indicare un candidato particolare, né di destra né di sinistra.

Votare? Cosa dice l’Islam e cosa dicono i musulmani?

L’islam come religione non si occupa solo del singolo individuo ma regola, in tutti i suoi aspetti ed ambiti, la società nella quale prevale. Quando il contesto non è quello “islamico” (ci si passi la semplificazione) allora le cose cambiano. L’Islam cambia? No, l’Islam è lo stesso ma il modo in cui si affrontano le situazioni può essere diverso..

Per farlo prendiamo ad esempio le parole “fuori contesto”, ovvero quelle parole dette da giurisperiti che vivono in un regime con un sistema politico totalmente diverso dal nostro, come per esempio quello del Golfo e leggiamo le parole di uno dei massimi esponenti del movimento salafita degli ultimi 70 anni, Shaikh Muhammad ibn al-Uthaymin, che Iddio abbia di lui misericordia:

“A Shaykh Muhammad ibn al-Uthaymin (che Allah abbia pietà di lui) venne chiesta una sentenza religiosa sulla possibilità di partecipare al voto nelle elezioni,  risposte: “Penso che le elezioni siano obbligatorie; dovremmo nominare colui che pensiamo sia buono, perché se i buoni si astengono, chi prenderà il loro posto? Prenderanno il loro posto persone malvagie, o persone ignave in cui non c’è né bene né male, ma seguono tutti coloro che fanno rumore. Quindi non abbiamo altra scelta che scegliere quelli che pensiamo siano i migliori nella fattispecie.

Se qualcuno dicesse: abbiamo scelto qualcuno ma la maggior parte degli eletti non è come avremmo voluto.

Diciamo: non importa. Se Allah benedice questa persona e gli permette di dire la verità in quell’assise, avrà senza dubbio un effetto. Ma ciò di cui abbiamo bisogno è essere sinceri nei confronti di Allah e il problema è che ci affidiamo troppo ai mezzi materiali e non ascoltiamo ciò che dice Allah. Quindi vota colui che pensi sia buono e riponi la tua fiducia in Allah.”1

Questo parere è espresso in fatwa da un sapiente che è contrario al sistema democratico, ritenendola una forma di eresia, perché si tratterebbe della legge dell’uomo e non la Legge divina. Questa sentenza, rimane valida per i contesti come il nostro.

Le moschee e i centri islamici d’Italia aderiscono a questa linea anche se non aderiscono a questa scuola di pensiero, molti infatti  si rifanno a scuole europee come European Council for Fatwa and Research (ECFR) che invece delibera quanto segue: Deliberando sulle ricerche presentate al riguardo, l’ECFR ha raggiunto la seguente delibera: Primo: l’obiettivo del contributo politico è preservare i diritti e la libertà e difendere i valori morali e spirituali e l’esistenza musulmana in tale paese e i loro interessi legali.

Secondo: in origine è consentito ai musulmani che vivono in Europa prendere parte alla politica. Tuttavia, a volte può essere consentito o raccomandato o proibito. Questo è il significato di quanto dice Allah nel Corano: “Aiutatevi l’un l’altro in carità e pietà e non sostenetevi nel peccato e nella trasgressione. Temete Allah, Egli è severo nel castigo.. (5:2)

Terzo: il contributo politico include la partecipazione alla società civile, l’adesione ai partiti, la formazione di tendenze e la partecipazione al processo di voto, votando o organizzando elezioni.

Quarto: aderire alla morale musulmana, cioè alla veridicità, la giustizia, l’onestà, il rispetto della diversità e delle  altrui opinioni, la correttezza procedurale e il rifiuto della violenza, sono i criteri principali della partecipazione dei musulmani alla politica.

Quinto: la partecipazione musulmana alla politica per quanto riguarda il voto impone di attenersi alle regole islamiche, legali e morali. Avere cioè intenzioni pure e realizzare progetti di interesse pubblico, evitando l’inganno e la diffamazione e tutti gli interessi personali.

Sesto: è consentito spendere soldi in campagne elettorali anche se il candidato potrebbe non essere musulmano, purché sia presumibimente in grado di favorire l’interesse pubblico.

Settimo: l’ammissibilità della partecipazione politica musulmana si applica sia all’uomo che alla donna”2

Alla luce di ciò, mentre  spezziamo una lancia a favore della partecipazione politica, sarebbe bene che  i musulmani siano più consapevoli del loro ruolo nella società nella quale vivono evitando di essere  attori passivi, anzi vittime della politica. 

Non possiamo però non porci una, o forse la, domanda cruciale: quale parte politica è degna di avere i voti dei musulmani? In quali liste un credente può essere compreso senza mettere a rischio la sua reputazione e il suo onore di fronte ad Allah e alla sua comunità? 

Se a livello amministrativo (elezioni comunali,  soprattutto nei piccoli centri) non è troppo difficile conoscere le persone e controllare l’operato delle giunte, la questione è ben diversa quando ci rapportiamo alla politica nazionale, come dovremo inevitabilmente fare tra due mesi.

La scelta tra i cosiddetti partiti di sinistra e di destra non è poi così scontata: da una parte abbiamo un partito con il quale ci sono meno scontri diretti ma dall quale ci dividono questioni etiche fondamentali: il loro discorso sul  gender e LGBT,  senza parlare della totale sudditanza ad interessi atlantici che si oppongono all’indipendenza nazionale e alla ricerca della pace.

Tra i loro oppositori (formali più che sostanziali) le destre cosiddette sovraniste, o populiste, che non hanno mai mancato di considerare la nostra presenza un vulnus per la cultura nazionale (ma quale? quella padana o quella meridionale?) e si  sono sempre vantati di contrastare in ogni modo le nostre moschee e le nostre manifestazioni pubbliche.

Tra le soluzioni possibili, scartando a priori la tentazione del Partito Islamico, aderire ad una delle nuove forze che sono in via di formazione e organizzazione e costituire in esse una massa critica capace di orientarle eticamente prima ancora che politicamente. 

Visto che già ci poniamo delle domande, in questo articolo, sarebbe da capire qual è la reale influenza della comunità islamica in Italia e quale supporto potrebbero dare ad una formazione, ad un  candidato.

Solo in  tal modo potremmo accettare una frase famosa di Alcide de Gasperi che disse: “o la politica si fa o la si subisce.”

 

Note

1Da Liqaa’aat al-Baab al-Maftooh, n. 210
https://en.islamway.net/article/13847/ruling-on-democracy-and-elections

2(The sixteenth Ordinary Session of The European Council for Fatwa and Research – 07-13 of Jumada Al-Akhirah, 1427 AH – 03 – 09 of July, 2006)