Un patto solenne nel nome di Dio: il matrimonio come via per la Salvezza

Quando si sente dire che il matrimonio nell’Islam non è un sacramento – come per il Cristianesimo – ma un mero contratto fra le due parti, si avverte una doppia inadeguatezza. 

Da un lato il paragone non sussiste perché l’Islam, privo per grazia divina del sacerdozio e della gerarchia che ne deriva, non ha un corrispettivo dei sette sacramenti della teologia cattolica e ortodossa. D’altro canto un tale paragone in negativo finisce inevitabilmente per sminuire il significato che il matrimonio, invece, riveste nella dottrina e nella pratica dell’Islam.

Nella Rivelazione finale Dio chiama il matrimonio “patto solenne”, chiarendo subito che l’unione fra un uomo e una donna compiuta tramite una promessa nel Nome di Dio possiede un carattere eccezionale rispetto a qualunque altro patto o promessa. 

Per comprendere l’importanza, anzi la sacralità del matrimonio nella fede islamica si deve guardare alla Parola divina che fa ricorso all’espressione: “patto solenne” unicamente in due casi. Quello del matrimonio e quello del patto che ogni profeta e Messaggero divino ha stretto col Signore dell’universo: [Ricorda] quando accettammo il patto dei profeti: il tuo, quello di Noè, di Abramo, di Mosè e di Gesù figlio di Maria; concludemmo con loro un patto solenne, affinché Dio chieda conto ai sinceri della loro sincerità  (Corano 33:7-8).

In cosa consiste il patto solenne rappresentato dal matrimonio è chiaramente esposto nelle molte sentenze profetiche che trattano della vita coniugale. Innanzi a tutto il patto è con Dio, prima ancora di essere fra gli sposi: Iddio rende lecita l’unione fra i due nubendi qualora entrambi promettano con sincerità di assolvere ai propri doveri nei confronti l’uno dell’altra. 

Ai basilari diritti e doveri materiali è sotteso un principio essenziale, quello di aiutarsi reciprocamente nella purificazione dell’anima, nella devozione, nell’adesione al modello profetico e nello sviluppo della taqwa (coscienza e timore della presenza divina). Il matrimonio, così inteso, ha una valenza che va ben oltre la sua dimensione mondana e assume, in aggiunta a questa, il valore metafisico rappresentato dall’orientamento alla vita eterna. 

Anche a questo proposito la Rivelazione è cristallina, allorché esorta i credenti alla responsabilità non solo di ricercare la propria salvezza ma pure – necessariamente – quella della propria famiglia: O credenti, preservate voi stessi e le vostre famiglie da un fuoco il cui combustibile saranno uomini e pietre (Corano 66:6). 

Il patto solenne del matrimonio presuppone, dunque, che l’amore fra i due sposi sia basato sull’amore per Dio. Questo dà la dimensione solenne al “contratto matrimoniale”, che impegna la donna e l’uomo a volersi bene non in maniera generica e non per quel che riguarda la sola vita terrena, ma per amore di Dio e perciò anche in relazione al mondo a venire, cioè per la vita eterna. 

In questo senso voler bene non può avere altro significato che desiderare la salvezza e l’entrata in Paradiso per la persona amata; ed il patto solenne impegna entrambi a sostenersi nell’assicurare il bene reciproco e la mutua protezione dal male fisico e ancor più da quello spirituale.

Tanta ricchezza e profondità di significati legati al matrimonio secondo l’Islam, dovrebbero far sì che da tale connubio spirituale sorga e si sviluppi un nucleo familiare solido, un esempio luminoso di forte amore e reciproco sostegno di fronte alle tribolazioni dell’esistenza.

Tutto vero a patto che si comprenda e interiorizzi con sincerità la natura di questo patto solenne. Se, al contrario, si riduce la prospettiva ad un mero rapporto fra due persone, se si lasciano prevalere gli aspetti egoistici e le derive passionali, allora le fondamenta della sacra unione sono minate, esposte ai rischi delle intemperie e volubilità del carattere, preda delle calamità di cui l’anima umana può essere origine e causa.

In Turchia la percentuale di divorzio negli anni Novanta del secolo scorso era pari allo 0,5%, ma nel 2010 era triplicata raggiungendo l’1,6%. Anche in Europa la percentuale ha continuato a crescere vistosamente, un dato che inoltre va letto alla luce della sempre più scarsa propensione al matrimonio. 

I pochi dati disponibili sulle comunità dei musulmani nei paesi occidentali dimostrano che la percentuale dei matrimoni che falliscono è alta, più che nei paesi a maggioranza islamica anche se meno rispetto alla media europea. 

È comunque sufficiente una rilevazione empirica, nella ristretta cerchia di una qualsiasi comunità locale, per rendersi conto che i valori e gli ideali su cui dovrebbe fondarsi il patto nuziale tra una coppia musulmana di rado trovano applicazione sufficiente per garantire i loro benefici effetti.

Per comunità slegate da un contesto di secolare esposizione all’etica islamica diventa necessario prevedere sermoni, corsi, insegnamenti specifici sui significati e sulle regole del matrimonio islamico. 

Assorbiti nella cultura materialista moderna, finiamo per dimenticare che il matrimonio è fonte di benedizione sia spirituale che materiale. Nelle sentenze profetiche è riportato come un giovane uomo, assai povero si presentò un giorno al Profeta (pbsl) lamentandosi del suo stato di grande povertà. Il consiglio del Profeta fu: “Sposati!”. Grande fu la sorpresa e lo sbigottimento del giovane che, in difficoltà a nutrire se stesso, pensava come avrebbe potuto assumersi la responsabilità di una famiglia. Ma l’amore ed il rispetto per il Messaggero di Dio lo indussero a seguirne il consiglio: subito dopo il matrimonio, gradualmente le sue condizioni economiche migliorarono fino a farlo uscire del tutto dalla condizione di povertà.

Similmente, sembra che tanti non tengano in sufficiente considerazione una delle principali caratteristiche che Iddio ha stabilito per il matrimonio: Fa parte dei Suoi segni l’aver creato da voi, per voi, delle spose, affinché riposiate presso di loro, e ha stabilito tra voi amore e tenerezza. Ecco davvero dei segni per coloro che riflettono (Corano 30:21). 

Il matrimonio deve creare un’oasi di pace e affetto tale da garantire ai coniugi il reciproco sostegno alla crescita materiale e spirituale. È in questo senso che il Profeta ha definito iconicamente il matrimonio come “metà della fede”. Un potente strumento di stabilità fisica e psicologica base dalla quale elevare il proprio spirito e contribuire all’elevazione di tutta la famiglia.

Così come il Corano e la Sunnah profetica illustrano gli innumerevoli vantaggi legati al matrimonio, ne disciplinano pure l’eventuale conclusione.

Prima di giungere al divorzio, infatti, il Corano fa esplicita menzione di diversi passaggi necessari per cercare di salvare il matrimonio. Il dialogo sincero tra gli sposi, il perdono reciproco, l’attenzione verso gli aspetti positivi piuttosto che quella sugli elementi negativi del coniuge, il ricorso ad un mediatore esterno da parte di ambo le parti, la temporanea separazione di letto … ogni tentativo deve essere esperito per evitare la dissoluzione del matrimonio.

Ben si conoscono gli effetti nocivi sui figli, ancor più che sugli sposi stessi, che il divorzio provoca; e, di riflesso, il divorzio provoca un danno alla società intera, poiché perde in tal maniera una sua cellula di stabilità e un’oasi di pace e sicurezza.