La disumanizzazione mediatica dei palestinesi è l’anticamera del genocidio

Mentre stiamo tutti col fiato sospeso aspettando la probabile entrata dell’esercito sionista a Gaza, vediamo che le veline dei servizi segreti americani ed israeliani vengono allegramente trasferite negli articoli dei giornali e negli interventi televisivi mainstream, senza nemmeno più preoccuparsi della cosmetica, come facevano quando le uccisioni e i crimini sionisti in Palestina non erano così mediatizzati e la resistenza palestinese era costretta a combattere con le pietre contro i carri armati.

Ieri Biden ha fatto l’ennesimo discorso alla nazione: stavolta accusa Putin ed Hamas di voler distruggere la democrazia. Quando sentite questa parola da un presidente USA, leggete “dittatura del dollaro sul resto del mondo”. Un discorso in linea con l’appoggio acritico ad Ucraina ed Israele, in un paese dove chi manifesta per la Palestina subisce censure da maccartismo ed arresti in massa, come i 500 ebrei per la Pace arrestati dopo una manifestazione a Capitol Hill. Intanto nel partito Democratico cresce il dissenso in chi non vuole avallare un genocidio che sta avvenendo con la complicità dell’amministrazione Biden.

Netanyahu invece si è lamentato con la stampa del fatto che secondo lui è “l’ora più buia per Israele” mentre i razzi della resistenza sorvolano Tel Aviv, mettendo paura ma facendo danni modesti alle persone.

Probabilmente si lamenta del fatto che il mondo di domani, cioè 3/4 dell’umanità, non vuole vederlo nemmeno in foto, che i paesi arabi oggi sono spinti a rompere le alleanze con Israele, ragion per cui non può massacrare ancora più donne e bambini come vorrebbe, con la scusa della “caccia al terrorista” (sapete che sono tutti terroristi anche il bambino di due anni a cui un cecchino del IDF ha sparato in testa nel giugno scorso). Uccidono esattamente come hanno fatto gli americani in giro per il mondo con coreani, vietnamiti, afghani, iracheni, libici, yemeniti e siriani in 70 anni, esportando morte e tirannia, caos e terrorismo, non democrazia.

Uno dei capisaldi di questa propaganda sfacciata ed immorale, tipica dei regimi neocoloniali, è fare passare la vittima per aggressore. Di fatto da 70 anni, qualsiasi strada percorrano i palestinesi per difendersi, la risposta di Israele si concretizza sempre e solo sul piano militare con omicidi extragiudiziali, arresti amministrativi a tempo indeterminato, anche solo se sventoli una bandiera palestinese, ed altre gravi violazioni dei diritti umani, inclusi stupri e torture. Oppure si comprano i corrotti come soli plenipotenziari per controllare insieme chi si oppone davvero che sia o no partigiano della lotta armata.

Parallelamente una gigantesca campagna di disinformazione mediatica ha trasformato le vittime in terroristi deumanizzandole, criminalizzando un popolo intero. Non tutti ci hanno creduto; in particolare molti europei non ci hanno creduto.

Ciò è stato evidenziato in un sondaggio d’opinione della CNN condotto il 12 e 13 ottobre negli Stati Uniti, da cui è emerso che il 50% del pubblico americano ritiene che l’assalto militare del governo israeliano a Gaza sia pienamente giustificato, mentre un altro 20% lo ritiene parzialmente giustificato. Solo l’8% ha affermato che il bombardamento omicida era ingiustificabile.

In Europa le percentuali di sostenitori della Palestina sono sempre considerevoli; la maggior parte degli occidentali, compresi quelli critici con Hamas, vogliono un cessate il fuoco immediato. Ma per la prima volta dopo decenni, in alcuni paesi europei, le manifestazioni di solidarietà vengono vietate o represse apertamente dalla polizia.

Insieme a una valanga di fake news, come quella sulla decapitazione dei bambini da parte di Hamas e quella della ragazza israeliana uccisa (che invece era viva e si trovava in ospedale), contro Hamas è riuscita fuori la vecchia storia del parallelo tra Hamas e l’Isis. E l’illusione subito criticata anche da intellettuali.