Odio, violenza e razzismo, ecco ciò che i leader israeliani pensano dei palestinesi

Israele è uno degli Stati più razzisti al mondo, e di questo non ne sentirete mai parlare nei mainstream. Tuttavia, per capire cosa sta accadendo oggi a Gaza è fondamentale comprendere questo concetto.

La sua fondazione è stata basata sul razzismo. Infatti, se nulla vieta che possa esistere uno stato ebraico e che gli ebrei abbiano una terra propria, il problema sorge nel momento in cui si insiste nel fondare uno Stato in una terra già abitata, in questo caso la Palestina che già appartiene ai palestinesi

Lo slogan del padre fondatore di Israele David Ben Gurion era “una terra per un popolo per un popolo senza terra”, tuttavia, l’unico modo per avere una maggioranza ebraica in Palestina, era quello di espellere gli arabi. 

Nel giugno del 1938, Ben-Gurion disse in una riunione dell’Agenzia Ebraica: “Sono favorevole al trasferimento forzato. Non ci vedo nulla di immorale“.

Nel dicembre 1940, Joseph Weitz, direttore del Dipartimento delle terre del Fondo nazionale ebraico, incaricato di acquisire terreni per l’impresa sionista in Palestina, scrisse nel suo diario:

Non c’è altro modo se non quello di trasferire gli arabi da qui ai paesi vicini, e di trasferirli tutti, tranne forse [gli arabi di] Betlemme, Nazaret e la Vecchia Gerusalemme. Non deve essere lasciato un solo villaggio, nemmeno una tribù [beduina]. E solo dopo questo trasferimento il Paese potrà assorbire milioni di nostri fratelli e il problema ebraico cesserà di esistere. Non c’è altra soluzione.”

Di dichiarazioni simili ce ne sono a dismisura.

Golda Meir nel marzo del 1969 diceva Come possiamo restituire i territori occupati? Non c’è nessuno a cui restituirli.” 

Inoltre, la prima donna a guidare il governo israeliano dichiarava al Sunday Times il 15 giugno del 1969 che: “Non esiste qualcosa come un popolo palestinese. Non è che siamo venuti, li abbiamo buttati fuori e abbiamo preso il loro paese. Essi non esistevano

Israele, quindi, è stato fondato espellendo e massacrando più di un milione di arabi negli anni e nel lungo processo di pulizia etnica della Palestina, la cosiddetta Nakba (tutt’ora in corso). Uno Stato fondato sull’esclusione razziale sarà abitato inevitabilmente da un popolo razzista, violento, che celebra l’esclusione razziale, perché i paesi che commettono atrocità terribili raramente lo riconoscono.

La presenza dei palestinesi in Palestina è un continuo reminder non solo della violenza sulla quale Israele si è fondato, ma della minaccia incombente che i palestinesi cacciati possano tornare in qualsiasi momento a reclamare ciò che è loro. Ogni giorno vengono diffusi video che mostrano ebrei israeliani intenti a picchiare i palestinesi, ad insultarli, che augurano loro la morte, che insultano l’islam e il profeta Muhammad, che profanano le moschee e le chiese, sputano sui cristiani, ironizzano e celebrano la morte dei palestinesi, e che si divertono nel vedere Gaza bombardata 24/7.

I sondaggi

Un sondaggio mostra che due terzi degli israeliani pensano che gli arabi siano meno intelligenti, ignoranti e violenti. Il 50% degli israeliani non condividerebbe il condominio con arabi, non avrebbe rapporti di amicizia con arabi e non permetterebbero ai figli di giocare con bambini arabi. Da un’altra analisi si evince che il 60% degli ebrei israeliani desiderano la segregazione degli arabi. Metà di loro crede che la maggior parte degli ebrei siano meglio della maggior parte dei non ebrei. L’ 80 % non sarebbe d’accordo se il figlio si fidanzasse con una ragazza araba e il 90% non accetterebbe che la figlia stesse con un ragazzo arabo. Metà degli ebrei israeliani non vogliono che gli arabi godano del diritto di voto e non accetterebbero a scuola dei professori arabi. Tutti questi dati alquanto preoccupanti sono stati accolti dal Governo israeliano e trasformati in legge.

Ed ecco che, in base ad una legge approvata per la prima volta nel 2003, se un cittadino israeliano sposa un cittadino palestinese o di qualsiasi altra nazionalità araba, quest’ultimo non ha il diritto trasferirsi a vivere in Israele dal coniuge. 

Nel 2018 viene approva una legge dal valore costituzionale secondo la quale il diritto di esercitare l’autodeterminazione nazionale, ossia di avere diritti, è diritto esclusivo degli ebrei.

Per non parlare della legge sulla Nakba che rende illegale il riconoscimento della catastrofe, ossia l’espulsione e il massacro dei palestinesi che ha permesso la fondazione dello Stato di Israele. Immaginate se fosse illegale parlare del genocidio degli indigeni negli Stati Uniti d’America.

Israele oggi

Il razzismo sul quale si fonda Israele oggigiorno non è scomparso, anzi, è ancora più accentuato. In Israele, infatti, chi sostiene e incoraggia il genocidio dei palestinesi, non solo non viene perseguito penalmente, ma viene addirittura acclamato.

Ayelet Shaked, in seguito ad un post Facebook in cui incoraggiava l’uccisione di tutte le mamme palestinesi per impedir loro di mettere al mondo “piccoli serpenti”, è stata nominata ministro della giustizia nell’attuale governo di Netanyahu

Itamar Ben-Gvir, ammiratore di Meir Kahane (ex membro della Knesset e uno dei più grandi sterminatori di arabi) e autore della frase “chi uccide un palestinese è un eroe e avrà il mio totale supporto”, è oggi Ministro della sicurezza nazionale di Israele.

Naftali Bennett, politico, ex militare israeliano e primo ministro di Israele dal 13 giugno 2021 al 1º luglio 2022 affermava pubblicamente di aver ucciso molti arabi nella sua vita, e che in questo “non c’è niente di male”.

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha annunciato alla stampa in questi giorni che verrà tagliata l’elettricità e bloccato l’ingresso di cibo e carburante a Gaza:

“Ho ordinato un assedio completo della Striscia di Gaza. Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante, tutto è bloccato. Stiamo combattendo contro animali e agiamo di conseguenza”.

Israele, quindi, si nasconde dietro ad una maschera facendo credere di essere vittima, quando in realtà è uno Stato razzista e nazista che cerca di portare a termine la Nakba. E questo non deve stupirci. Come può essere definito uno Stato che in tre settimane ha ucciso più di duemila bambini, bombardato ospedali, moschee e chiese, e ha scagliato un numero bombe equivalenti ad una bomba atomica