Alla fiera di Verona armi israeliane ed export bellico per Israele: manifestazioni e boicottaggio

In un mondo infiammato dalla guerra, la decisione di ospitare una fiera internazionale delle armi a Verona dal 17 al 19 febbraio non è solo una questione commerciale, ma è un crudo promemoria di quelle che sono le priorità di un mondo e di un’economia incurante delle decine di migliaia di morti di Gaza. 

Battezzata “European Outdoor Show: Caccia, Tiro Sportivo, Pesca, Nautica, Outdoor”, questo evento tenta di camuffare la sua vera natura sotto il pretesto di attività ludiche apparentemente innocue. Tuttavia, al di sotto della superficie si cela un raduno di alcune delle più grandi industrie di armi del mondo, che non vendono solo ai soli appassionati di caccia e tiro sportivo, ma anche ai compratori militari, alimentando così il ciclo di violenza e distruzione che caratterizza la nostra era di guerra globale perpetua.

Non si possono ignorare le gravi implicazioni di un tale evento, soprattutto alla luce dei conflitti attualmente in corso in tutto il mondo. Con la partecipazione di aziende israeliane alla fiera, è impossibile ignorare l’impatto devastante delle loro armi sui civili innocenti in Palestina. La complicità dei governi occidentali, compreso quello italiano, nella vendita di armi a Israele peggiora ulteriormente la situazione. L’Italia, fino a settembre 2023, ha continuato a fornire armi a Israele, voltando lo sguardo dalle atrocità commesse. Ora, è addirittura coinvolta in operazioni tattiche nel Mar Rosso, il tutto sotto il pretesto di “interessi nazionali”, mentre taglia i bilanci per il welfare sociale e trascura il collasso del sistema sanitario.

La Fiera delle Armi di Verona non è solo un mercato per le armi; è una vetrina di morte, dove il profitto è prioritario rispetto alla pace e le vite umane sono mercificate. Aziende come CAA Tactical Israel, che commercializza prodotti per aumentare la letalità delle armi da fuoco, e Vortex, che promuove sistemi di mira sia per uso civile che militare, sono solo alcuni esempi della natura insidiosa di questo settore. L’enfasi sulla militarizzazione e la glorificazione della violenza servono solo a perpetuare un ciclo di conflitto che lascia le popolazioni civili come principali vittime. Il ruolo dell’Italia in questo commercio globale di armi non può essere sottovalutato. 

Per questo motivo le associazioni aderenti alla Rete Verona per la Palestina lanciano un boicottaggio della fiera e chiedono la fine del genocidio in Palestina ed il disarmo di tutte le nazioni coinvolte nei conflitti, si legge nel loro comunicato rispetto alla manifestazione di ieri 17 febbraio: “La proposta che noi facciamo è quella di bloccare con i nostri corpi, l’unica arma di cui vogliamo servirci, la Fiera delle armi, per dire No alla guerra, ovunque essa stia mietendo le sue vittime. Le nostre mani alzate, saranno dipinte di rosso, come il sangue dei nostri fratelli e sorelle che patiscono in ogni parte del mondo, la sofferenza della guerra, per costruire insieme un’azione collettiva capace di evidenziare la violenza di chi la permette. Avanzeremo con le mani alzate verso la Fiera della morte, perché non vogliamo arrenderci: questo che ci hanno imposto non è l’unico mondo possibile. Saremo corpo collettivo e insieme, se ci saranno, sfideremo i divieti. Perché quando chi parla di legalità e democrazia, è costretto a mostrare la sua violenza, cade dal palco. Saremo disarmati, pacifici, determinati.”

E infatti alla manifestazione hanno partecipato circa 2000 persone riunitisi nel piazzale antistante i padiglioni della fiera. Si è trattato di una protesta trasversale che si è unita al coro unanime di solidarietà per la Palestina, contro una fiera diventata una manifestazione distorta di una cultura bellica, violenta e oppressiva.

Tra le principali società produttrici di armamenti provenienti da tutto il mondo, Veronafiere ha ospitato anche società israeliane che forniscono armi all’esercito di Tel Aviv, contribuendo così al genocidio in corso in Palestina.

Nei padiglioni espositivi, spiccavano le aziende israeliane come Caa Tactical, che vendeva i nuovi fucili d’assalto Kalashnikov ALFA, Maglula e Orpaz Holster, insieme ad altre aziende di produzione di armi ben note come Revo Armas, Vortex Optics, Colt e Remington. Presente anche Beretta, che ha esibito pistole e fucili semiautomatici in grado di sparare fino a 60 colpi al minuto, oltre al famigerato fucile d’assalto ARX 160, capace di colpire bersagli a 600 metri di distanza.

Tuttavia, queste non sono che piccole tessere di un disegno più ampio che vede la collaborazione attiva tra il nostro governo e quello israeliano nelle loro azioni più nefande. Basti pensare ai piloti israeliani che, utilizzando gli F35 per rader al suolo case, scuole e ospedali, sono stati addestrati al volo con l’utilizzo di un caccia addestratore prodotto in provincia di Varese (Alenia Aermacchi M-346 Master), venduto a Israele nel 2012. E ancora gli elicotteri d’assalto “Koala”, venduti dalla Leonardo ad Israele meno di due anni fa, che hanno il compito di addestrare e formare i piloti per le operazioni d’assalto. Sulle unità navali che bombardano la striscia di Gaza, sono montati cannoni che sparano fino a 120 colpi al minuto, prodotti alla Spezia, sempre da un’azienda del gruppo Leonardo.