Dignitas Infinita: perché l’ultima dichiarazione papale è un mero contentino per i conservatori

Non molti giorni orsono, l’otto aprile, con l’approvazione del papa, e scritta dal prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, cardinal Victor Manuel (Tucho) Fernandez, è stata pubblicata la Dichiarazione “Dignitas Infinita” che, come da titolo, facilmente decifrabile anche per chi non ha dimestichezza col latino, si tratta della dignità umana, che la dichiarazione suppone infinita. 

Questo documento è opera di uno dei collaboratori più stretti del papa, quel Tucho Fernandez, cardinale argentino che ha ricevuto la porpora cardinalizia proprio da Francesco; si tratta di un membro molto influente di quel cerchio magico che sta intorno al pontefice. 

Dell’attuale pontificato Dignitas Infinita interpreta fedelmente stile e contenuti. 

Lo stile, la forma, la prosa, non è più quella paludata e altera, che sapeva di latino anche quando i documenti papali erano tradotti in italiano; quello stile aulico e solenne dei papi fino a Giovanni XXIII e forse anche a Paolo VI. Dei contenuti diremo poi.

Già, i papi di una volta, figure ieratiche, col capo coperto dalla tiara pontificia, pesantissimo e imponente aureo copricapo; pontefici che venivano portati sulla sedia gestatoria e su cui si ergeva, se esposti al sole, un baldacchino. 

Solo un ristretto numero di nobili romani, la cosiddetta nobiltà nera, avevano il privilegio di portare sulle spalle il papa, la qual cosa accadeva ancora con Pio XII, considerato, forse non a torto, come l’ultimo vero papa. I papi, almeno quel tipo di papi, come le stagioni di una volta, non ci sono più.

Tra loro e l’attuale pontificato, sicuramente il più radicalmente innovativo, c’è di mezzo il Concilio Vaticano Secondo, un’autentica rivoluzione; ci sono di mezzo pontefici importanti come Giovanni XXIII, colui che proclamò quel concilio; come Paolo VI, che quel concilio portò a termine; come Giovanni Paolo I, che pur regnando solo poco più di un mese, fece in tempo a sbigottire il mondo attribuendo a Dio una natura materna; come il polacco Giovanni Paolo II, il cui lungo pontificato ha visto la caduta del muro di Berlino e la fine dell’impero sovietico, e last but not least, il bavarese Benedetto XVI, il primo papa dimissionario dai tempi di quel Celestino V evocato da Dante nella sua Commedia, artefice di una breve e illusoria stagione restauratrice. 

Dignitas infinita di papa Bergoglio porta l’approvazione formale e sostanziale. Essa ne è un prodotto in qualche misura esemplare. 

Da molte parti si è detto e scritto che Dignitas Infinita rappresenta un contentino dato all’ala conservatrice del cattolicesimo, ed è probabilmente vero, giacché, almeno formalmente non ci sono gli strappi drammatici che si sono evidenziati nelle precedenti dichiarazioni. Tanto per intenderci, esemplare in questo senso è stata Fiducia Supplicans, documento precedente in cui la chiesa cattolica apre per la prima volta alla possibilità della benedizione di coppie conviventi formate magari da divorziati o addirittura da coppie di omosessuali. Benedizione che da molti è stata interpretata come una implicita, se non approvazione, almeno accettazione della convivenza, al di fuori dal matrimonio celebrato in chiesa, dei divorziati e delle coppie omosessuali. 

In realtà sul titolo della dichiarazione, Dignitas infinita, molti cattolici, in particolare quelli più tradizionalisti, ma non solo, potrebbero avere qualcosa da obbiettare. 

Secondo la dottrina cristiano-cattolica tradizionale, la dignità dell’uomo sta nel suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio e nella sua capacità di operare il bene, ma è una dignità che si lega comunque ad un essere limitato.  E questa dignità, supposta infinita, nel documento vaticano viene più volte ribadita e posta a fondamento di tutto il discorso conseguente. 

Anche secondo il Corano, – benché non vi si possa trovare nulla che ricordi la frase che troviamo nel libro biblico del Genesi: Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, uomo e donna li creò. (Genesi 1, 27)-  la dignità dell’uomo è davvero grande, così grande che Allah, dopo averlo creato di pura argilla, chiede agli angeli di inginocchiarsi davanti a lui: 

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وَإِذْ قَالَ رَبُّكَ لِلْمَلَائِكَةِ إِنِّي جَاعِلٌ فِي الْأَرْضِ خَلِيفَةً ۖ قَالُوا أَتَجْعَلُ فِيهَا مَن يُفْسِدُ فِيهَا وَيَسْفِكُ الدِّمَاءَ وَنَحْنُ نُسَبِّحُ بِحَمْدِكَ وَنُقَدِّسُ لَكَ ۖ قَالَ إِنِّي أَعْلَمُ مَا لَا تَعْلَمُونَ

E quando il tuo Signore disse agli Angeli: “Porrò un vicario sulla terra”, essi dissero: “Metterai su di essa qualcuno che vi spargerà la corruzione e vi verserà il sangue, mentre noi Ti glorifichiamo lodandoTi e Ti santifichiamo?”. Egli disse: “In verità, Io conosco quello che voi non conoscete…”.  Corano, 2:30

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وَإِذْ قُلْنَا لِلْمَلَائِكَةِ اسْجُدُوا لِآدَمَ فَسَجَدُوا إِلَّا إِبْلِيسَ أَبَىٰ وَاسْتَكْبَرَ وَكَانَ مِنَ الْكَافِرِينَ

E quando dicemmo agli Angeli: “Prosternatevi ad Adamo”, tutti si prosternarono, eccetto Iblîs, che rifiutò per orgoglio e fu tra i miscredenti.  Corano, 2:34

Quindi anche per il sacro Corano, la dignità umana è tale che di fronte all’uomo gli angeli devono prosternarsi, e Iblis (Shaytan) che rifiuta di farlo viene “posto tra i miscredenti.” 

Sì, indubbiamente la dignità umana è davvero grande, ma è questa dignità infinita? No, non è infinita, perché l’uomo ha una vita limitata nel tempo, e la sua dignità è soggetta a crescere o a diminuire a seconda del suo comportamento. Perché i figli di Adamo possono essere destinati ad un’eternità di felicità, ma per i trasgressori questa eternità può essere infernale. 

Non c’è dignità negli atti indegni di cui purtroppo l’essere umano è capace, ad esempio nel furto e nell’omicidio, e compiendo questi atti la persona annulla in sé quella luce di cui il Creatore l’ha originariamente dotata. 

Solo Dio, per noi musulmani Allah, ben diversamente dall’essere umano, è dotato di una dignità infinita, di una qualità cioè che di per sé non può né accrescersi né diminuire. 

Questa Dignitas infinita dell’uomo, che l’autore della dichiarazione definisce ontologica, cioè legata alla sua natura, al suo stesso essere, verrebbe conculcata in una serie di situazioni che il documento elenca in vari capitoli, sessantasei in tutto, che toccano numerosi temi: dall’aborto alla violenza digitale, passando per la teoria del gender, ai migranti, all’utero in affitto, alla pena di morte e altro ancora.  

Quindi su vari temi si riaffermano le posizioni tradizionali del magistero ecclesiale. Ad esempio, si ribadisce l’illiceità di aborto e dell’eutanasia; dell’utero in affitto, e della cosiddetta teoria del gender. 

Decisamente significativo il capitolo dedicato alla pena di morte. la dignità infinita umana, contrariamente a quanto affermato nel Catechismo della Chiesa Cattolica nell’edizione del 1993 e da tutta la tradizione cattolica precedente, verrebbe colpevolmente calpestata ogniqualvolta gli Stati fanno ricorso alla pena capitale, argomentando che se la dignità umana è infinita anche nel peggiore dei criminali, a maggior ragione lo sarebbe in ogni altro uomo.

Ma a parte ciò, e fatto salvo l’opinabile concetto di dignità infinita applicato all’essere umano, di cui si è detto, nulla vi è di particolarmente nuovo; probabilmente perché si è sentito il bisogno di non perturbare ulteriormente un mondo cattolico in preda all’ inquietudine e al rischio di gravi lacerazioni, un mondo in gran parte ancora scosso e disorientato dal carattere estremamente innovativo del pontificato di papa Francesco.  

Crediti immagine di copertina: LaPresse/AP/Andrew Medichini