ll 25 Aprile tra mazzate ideologiche e monopolio dell’antifascismo

Il 25 aprile, giorno di festa nazionale, quest’anno è arrivato dopo un ben nutrito periodo preparatorio nel quale ancora una volta si sono scontrati a colpi di mazzate ideologiche antifascisti e fascisti o presunti tali.

Quest’anno però i fascisti o presunti tali sono al governo. Presunti tali dicevo, perché la signora Meloni, benché sia cresciuta politicamente in un partito, il Movimento Sociale, – diventato dopo Fiuggi, Alleanza Nazionale e poi Fratelli d’Italia-  che nacque nel secondo dopoguerra raccogliendo quello che restava dello sconfitto fascismo, dal fascismo e dal suo capo carismatico Benito Mussolini ha preso mille volte le distanze, l’ha rinnegato in mille modi, e se non è arrivata a definirlo, come fece colui che l’ha preceduta alla guida del suo raggruppamento politico, parliamo ovviamente dell’ex presidente della camera dei deputati Gianfranco Fini, “il male assoluto”, non si può certo accusarla di non averlo ricusato e rinnegato, proclamandosi una convinta democratica, abbracciando una linea europeista, sostenendo la Nato nella guerra fra Russia e Ucraina e Israele sempre e comunque, sposando da convinta sostenitrice gli Stati Uniti e tutto ciò che quel paese rappresenta.

In Italia però il monopolio ideologico dell’antifascismo appartiene, si direbbe quasi per diritto divino, alla sinistra; alla sinistra politica rappresentata da PD e Cinque Stelle e altre formazioni minori, ma soprattutto a quel mondo intellettuale, editoriale e giornalistico che si è accaparrato ormai da quel remoto 1945 il monopolio delle idee e che si è auto-conferito il diritto di stabilire chi può fregiarsi del nome antifascista e chi no; di stabilire in una parola, chi è buono e chi è malvagio; chi appartiene al mondo della luce, e chi a quello delle tenebre.

Uno dei rappresentanti attualmente più noti di questo mondo mediatico-culturale di cui si è appena detto, è lo scrittore Antonio Scurati, anch’egli, come del resto la presidente del consiglio Giorgia Meloni, è nato decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma è l’autore di una trilogia romanzata su Mussolini, intitolata M, che ha avuto un notevole successo editoriale e che ne ha fatto una delle autorità più ascoltate e famose nel nostro paese sull’argomento.

Ci permettiamo però di suggerire a chi volesse avere un’idea leggermente più obbiettiva e serena su Mussolini e sul fascismo,  di non leggere solo la storia romanzata di Scurati, ma di prendere in mano magari l’opera di uno studioso del calibro di Renzo De Felice.

Detto ciò, la vicenda che ha avuto come protagonista Scurati è nota. Lo scrittore avrebbe dovuto leggere in una trasmissione su RAI3, nemmeno una delle più seguite, condotta dalla giornalista Serena Bortone, un suo pistolotto per celebrare il 25 aprile; pistolotto nel quale oltre a celebrare il 25 aprile, e, cela va sans dire, detto ogni male dell’aborrito fascismo, ha violentemente attaccato in nome dell’antifascismo l’attuale capo dell’esecutivo e il suo governo. Ci asteniamo dal riprodurre qui  il suo “censurato” discorso, per non riproporre per l’ennesima volta un testo ampiamente ripreso e diffuso da tutto il sistema mediatico italiano.

Qualche solerte dirigente RAI, più realista del re, ha avuto la splendida idea di cancellare l’intervento dell’autore di M dal programma di RAI3. Perché lo ha fatto? Probabilmente perché avrà pensato di compiacere l’attuale governo, ma questa è solo un’ipotesi anche se molto probabile. Una volta scatenatasi la inevitabile tempesta, con tutto il circo intellettuale-mediatico progressista a stracciarsi la tunica gridando alla censura, e ottenuto l’indesiderato risultato di far di Scurati un martire e di far rimbalzare ovunque il suo discorso amplificandone all’inverosimile il messaggio, la dirigenza RAI ha detto che non c’era stata alcuna censura, ma che si era trattato di una questione di prezzo. I soldi richiesti dal vincitore dello Strega sarebbero stati troppi: 1800 euro per una lettura di qualche minuto. E la toppa, come si dice, è stata forse peggiore del buco.

Non entriamo nel merito del discorso che la Rai ha censurato, o che, forse è meglio dire, non ha voluto fosse letto in trasmissione. Vogliamo però riportare alcuni brani di una lettera aperta, un’autentica perla, che il 27 luglio del 2022 Antonio Scurati pubblicava sul Corriere della Sera rivolgendosi all’allora presidente del consiglio Mario Draghi:

«CARO PRESIDENTE, ECCO PERCHÉ NON DEVE MOLLARE»

Esimio Presidente Draghi, mi scuso in anticipo di queste mie parole. Le sto, infatti, scrivendo per chiederle di umiliarsi.

(…) Scendere a patti con la misera morale che spesso, troppo spesso, accompagna la condizione umana dei politicanti è mortificante per chiunque. Eppure, sicuro di interpretare il sentire di moltissimi italiani, è proprio questo che le chiedo di fare.

Qualunque cosa si voglia pensare di lei, non si può negare che la sua sia la storia di un uomo di straordinario successo. Durante tutta la sua vita, lei ha bruciato le tappe di una carriera formidabile. Prima da Governatore della Banca d’Italia e poi da Presidente della Banca centrale europea, lei ha retto le sorti di una nazione e di un continente; le ha tenute in pugno con il piglio del dominatore, sorretto da una potente competenza, baciato dal successo, guadagnando una levatura internazionale, un prestigio globale, un posto di tutto rispetto nei libri di storia. Ha conosciuto il potere, quello vero, ha conosciuto la fama degli uomini illustri, la vertiginosa responsabilità di chi, da vette inarrivabili, decide quasi da solo della vita dei molti.

E così, chiudeva:

Si racconta che un giorno un funzionario disonesto sia stato trascinato al cospetto di Talleyrand. Pare che il piccolo uomo, per giustificare le sue malefatte, abbia detto: «Eccellenza, si deve pur campare». Si racconta che il grande uomo, pari di Francia, lo abbia fulminato con queste parole: «Non ne vedo la necessità».

Ebbene, è la sola giustificazione che molti dei parlamentari italiani responsabili della attuale crisi potrebbero addurre. È la sola risposta che noi dovremmo opporre.”

Ogni commento ci pare del tutto superfluo; un simile profluvio di piaggeria non ha bisogno di commenti, ci pare però evidente che chi è capace di scrivere un brano come quello appena riportato, ben difficilmente può avere la pretesa di farsi passare per un coraggioso e indomito nemico del potere, vittima di censura.  

In realtà in Italia un certo tipo di censura esiste. Ma le sue vittime non sono certo i tipi come Scurati. La censura viene esercitata senza eccessivi clamori e piuttosto subdolamente solo nei confronti di chi è davvero scomodo per il potere, quello vero.

Prendersela con Giorgia Meloni in nome dell’antifascismo, come abbiamo visto, non espone al rischio reale di essere messi a tacere e magari mandati in esilio o peggio, uccisi. Un certo antifascismo di maniera oggi è quanto di più conformista si possa immaginare, visto che il fascismo, quello del ventennio, non la sua caricatura, non esiste più dal lontanissimo aprile del 45.

Diversa la questione se invece, come fece il filosofo Giorgio Agamben ai tempi della pandemia, si invia al Corriere della Sera, giornale col quale collaborava regolarmente, un articolo nel quale vengono contestate le linee guida decise dal complesso industriale-politico-sanitario per il contrasto alla pandemia.

Ricordiamo che in quel periodo buio, furono prese, in nome della salute e di una presunta lotta alla pandemia, misure così liberticide che neppure il fascismo pensò mai di prendere, tra le quali vi erano l’obbligo di rinchiudersi in casa, quello di vaccinarsi con un farmaco di fatto sperimentale, pena la perdita del posto di lavoro e il diritto di servirsi dei mezzi pubblici, oltre a cosette di minor conto tipo il non poter entrare in un bar per bere un caffè.

Giorgio Agamben, pur essendo forse il maggior filosofo vivente italiano, si vide respingere quel suo articolo con il quale si opponeva a quelle misure, e nessun altro suo articolo o intervento da allora è più apparso sui media che in Italia contano. E questo senza che nessuno, almeno in apparenza, abbia notato la sua scomparsa.  

Una certa forma di censura piuttosto subdola, ma reale e concreta, viene altresì esercitata su tutti coloro che mettono in discussione altri capisaldi dell’attuale sistema di potere. Si pensi ad esempio come viene trattato chi, politico, giornalista o professore universitario, a torto o a ragione, vorrebbe che il nostro paese uscisse dalla Nato, o si schiera con la Palestina fino al punto di sostenere la necessità della fine dello Stato sionista, o si permette di discutere sulla versione canonica della cosiddetta Shoah. Per costoro è pronta l’irrilevanza e la reductio ad paria.

Il fascismo morì settantanove anni fa in una primavera sanguinosa nella quale furono macellati alla fine di una guerra civile atroce, decine di migliaia di italiani, molti dei quali neppure fascisti.

Chiunque abbia un minimo di lucidità e buonafede non può pensare che una sua attuale resurrezione sia minimamente ipotizzabile; l’antifascismo invece in assenza del suo antagonista, non produce più venerati martiri come Giacomo Matteotti, Antonio Gramsci, e i fratelli Rosselli; si è fatto potere e fumo ideologico, e ci ha regalato Antonio Scurati.