Al Israa e Al Mihraj: quando Muhammad pregò con Abramo, Mosè e Gesù a Gerusalemme

In base ai calendari comunemente accettati dalla comunità islamica al tramonto di oggi inizierà il 27 Rajab e si ricorda un evento miracoloso avvenuto in questo mese dell’anno 619/620 d.C.

Correva quello che sarebbe stato indicato come l’Anno della tristezza. In soli tre giorni l’Inviato di Dio (pbsl) aveva perso i due capisaldi della sua realtà affettiva e sociale: l’amatissima moglie Khadija e lo zio Abu Talib, capo del suo clan e suo protettore. Abu Lahab, suo zio paterno, ma al contempo suo implacabile oppositore, era diventato il decano dei Bani Hashim ed aveva fatto sì che Muhammad fosse isolato dal resto del clan.

In quei tempi, senza protezione tribale, l’esistenza poteva essere molto difficile per chi si fosse messo in contrasto con la maggior parte dei notabili della città. Stretto in questa situazione l’Inviato di Dio tentò una missione a Ta’if, una città ad un centinaio di chilometri dalla Mecca, sede del culto della dea al-Lat.

Il risultato fu disastroso: respinto e ingiuriato, Muhammad (pbsl) corse gravi rischi per la sua incolumità e nel pieno dello sconforto pregò così il suo Signore: “Mi rifugio in Te, Signore, [afflitto] dalla mia debolezza e dalla mia impotenza. Tu sei il Dio dei deboli, Tu sei il mio Signore e il mio Dio. Mi abbandonerai a stranieri nemici? Se non ho suscitato il Tuo corruccio, non temo alcunché. Mi rifugio nella Luce del Tuo Volto che ha illuminato. Non c’è forza e non c’è potenza se non in Te”.

Dopo che ebbe pronunciato questa invocazione scese in lui una ritrovata serenità, rinacque la speranza e, ottenuta una protezione tribale, rientrò alla Mecca scortato da un capo clan che non gli era ostile.

Poco tempo dopo Dio gli diede un meraviglioso segno della Sua Benevolenza. La tradizione, ricchissima a questo proposito, ci riferisce che una notte, mentre Muhammad stava dormendo vicino alla Ka’ba, fu svegliato da Gabriele e condotto a Gerusalemme questo evento viene denominato Al Israa.

Colà, nel recinto di quello che era stato il Tempio di Salomone, pregò l’Altissimo insieme ad Abramo, Mosè e Gesù e tutti gli altri profeti (pace su tutti loro) e poi ascese fino al Sidr-tu al – Muntah- (il Loto del Limite) che si trova alla destra del Trono di Dio, questa ascensione invece prende il nome di Al Mihraj 

Muhammad ebbe un colloquio con l’Altissimo, Che lo salutò con una frase che è entrata a far parte integrante dell’orazione quotidiana  “Siano su di te la pace, o Profeta, e la misericordia di Dioe le Sue benedizioni e sia pace su tutti i Suoi servi devoti”. Muhammad rispose allora con la professione di fede. Poi gli furono date conoscenza e dottrina, precetti morali e raccomandazioni per la sua missione. Inoltre, gli fu rivelato il versetto 285 della sura della Giovenca che contiene la sintesi dottrinale dell’Islàm. “Il Messaggero crede in quello che è stato fatto scendere su di lui da parte del suo Signore, come del resto i credenti: tutti credono in Dio, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri e nei Suoi Messaggeri. “Non facciamo differenza alcuna tra i Suoi Messaggeri. E dicono: “Abbiamo ascoltato e obbediamo. Perdono, Signore! E’ a Te che tutto ritorna”. (Corano II,285).

Quando ritornò alla Mecca, il racconto di questo viaggio miracoloso suscitò l’ilarità e lo scherno dei miscredenti e molti musulmani di debole fede dubitarono di lui. In questo frangente il suo amico e futuro califfo Abu Bakr gli dimostrò il livello della sua fede e la sincerità del suo affetto non dubitando nemmeno un istante della veridicità del racconto.