Dal 2020 in Kenya si studierà mandarino a scuola, continua l’avanzata cinese in Africa

Mentre l’Occidente sembra avere difficoltà a identificare un’identità contemporanea e a perseguire progettualità efficaci e sostenibili a 2-3 anni, interi continenti procedono con l’attuazione di visioni a 15-25-30 anni come base organizzativa .

Proprio nei giorni in cui inizia il vertice Russia- Africa durante il quale i Russi offriranno cooperazione nei settori energetico e militare il “fascino offensivo” politico di Beijing in Africa ha reso la Cina un attore importante nel continente.

A gennaio, l’ente governativo Curriculum Development Institute kenyota ha annunciato che nel 2020 il mandarino, oltre al francese, al tedesco e l’arabo, diventerà parte del curriculum scolastico come materia opzionale nelle scuole elementari. Il Kenya è l’ultima nazione dell’Africa orientale a seguire questo trend per quanto riguarda l’insegnamento della lingua cinese dopo Tanzania, Rwanda, Uganda, Zimbabwe e Sudafrica, tra gli altri.

In Africa in particolar modo la presenza cinese è in rapida diffusione: tramite il Confucius Insitute, che ha anche creato una sezione presso l’università di Nairobi, la Cina ha offerto la massima collaborazione al Kenya, per lo sviluppo dei nuovi corsi, rendendo disponibili insegnanti delle proprie università. Gli insegnamenti di Confucio, il grande e universalmente riconosciuto filosofo cinese che visse 500 anni prima di Cristo, non pare abbiano molto da spartire con la Cina odierna, soprattutto riguardo ai principi da lui propugnati di rettitudine e giustizia.

Questa politica è messa in atto dalla Repubblica Cinese non solo per avere forza lavoro più facilmente gestibile ma sopratutto per creare un nuovo mercato di riferimento al quale vendere prodotti Made in Africa di industrie dal management autoctono ma di proprietà cinese .

Le risorse naturali dell’Africa hanno da sempre fatto gola al mondo intero e la Cina sulla scia di grandi investimenti infrastrutturali, prestiti agevolati e sovvenzioni, ha giocato la sua partita negli ultimi decenni cercando di sviluppare forti partnership commerciali con diversi paesi africani al fine di approfondire ulteriormente i legami e rendere la sua attrattiva meno dipendente da finanziamenti diretti.

La fonte di questo ultimo successo nella policy di sviluppo è da individuare nella pressante politica attrattiva asiatica: la Cina sta costruendo un’immagine positiva rivolta al mondo con un occhio di riguardo all’Africa, promuovendo ad esempio la visione di vantaggi economici reciproci dallo sviluppo della “cooperazione” bilaterale.

Questo sforzo è legato al concetto di “soft power“ caposaldo della Repubblica del Presidente Xi Jinping e strumento di attuazione della sua grande strategia geopolitica ed economica decisamente ispirato al vincente modello di espansione statunitense del passato.

Il “soft power” di qualsiasi paese si basa sul fascino della sua cultura, dei valori sociali e politici e del modello economico. In combinazione, questi concetti devono risultare allettanti per gli altri, al fine di influenzare senza che si verifichi coercizione.

La percezione della Cina tra gli africani è ampiamente positiva, in particolare tra le giovani generazioni, che ammirano gli impressionanti progressi economici promossi dalla Cina negli ultimi decenni e la sua abilità in campo scientifico e tecnologico.

La Cina è consapevole di come queste politiche di sviluppo dirette e indirette possano aiutare a nutrire gli alleati geopolitici, esportare il suo modello e valori economici e, forse soprattutto, far sì che i paesi africani prestino attenzione alla Cina perché vogliono, e non solo perché vogliono ottenere fondi per il loro prossimo grande progetto infrastrutturale.

L’aumento dell’utilizzo in modo strategico dell’uso di strumenti culturali, educativi e diplomatici per aumentare l’appeal cinese in tutto il mondo prosegue all’interno di progetti a lungo termine implementando nuovi metodi di “conquista” e “ colonialismo”.

Il noto progresso economico cinese è stato accompagnato da una costante espansione della sua influenza culturale e diplomatica a livello globale, specialmente nei paesi in via di sviluppo.

Alcuni esperti vedono l’espansione della Cina realizzarsi a spese degli Stati Uniti, che utilizzavano efficacemente il soft power durante la guerra fredda, altri invece sottolineano che le considerevoli sfide interne della Cina potrebbero presto minare il suo appeal internazionale.

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