Il 30 ottobre di 45 anni fa Muhammad Ali metteva KO Foreman nel leggendario incontro di Kinshasa

Il 30 ottobre di 45 anni fa a Kinshasa, in Zaire, Muhammad Ali batteva George Foreman nel più celebre incontro di boxe della storia, uno degli eventi sportivi e mediatici più importanti di sempre.

Muhammad Ali riconquistò il titolo di Campione del Mondo dei Pesi Massimi ai danni di George Foreman, riprendendosi sul ring ciò che gli era stato tolto per via giudiziaria 7 anni prima. Chiuse la carriera professionistica dopo aver combattuto 61 incontri, con 56 vittorie di cui 37 per KO .

Ad oggi è l’unico pugile della sua categoria ad aver conquistato tre volte il titolo di campione del mondo. Quella mitica seconda volta è passata alla storia come The Rumble in the Jungle (il rombo nella giungla), ed è raccontata nel docufilm When We Where Kings (’96). La carriera di Muhammad Ali dalla prima conquista del titolo di campione del mondo (’64) fino a The Rumble in the Jungle (’74) è invece l’argomento del film con Will Smith dal titolo Ali (2001).

La prima conquista del titolo mondiale

Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Roma nel 1960 all’età di 18 anni Muhammad Ali fece il suo primo incontro da professionista il 29 Ottobre dello stesso anno. Nella prima parte della carriera tra le sue caratteristiche principali vi era la rapidità nel colpire l’avversario e nello spostarsi sul ring. Il 25 febbraio del 1964, quando ancora di chiamava Cassius Clay, Ali divenne per la prima volta campione del mondo battendo il detentore del titolo Sonny Liston.

All’indomani del match vi fu la sua conversione all’Islam e la sua adesione al controverso movimento politico-religioso Nation of Islam. Cambiò il suo nome dapprima in Cassius X e poi in Muhammad Ali. Quella di “mettere una X” sul cognome “di battesimo” era una cosa che Ali aveva mutuato da Malcom X, allora suo mentore, che però proprio a marzo del ‘64 lasciò la Nation of Islam. Gli afroamericani avevano i cognomi che erano stati dei loro padroni ai tempi della schiavitù abolita tra il 1863 ed il 1865 e Malcom X era stato indubbiamente un musulmano nero “radicale”.

Dopo il suo Pellegrinaggio a Mecca, a cui seguì un suo secondo viaggio in Africa tra l’aprile ed il maggio del 1964, era profondamente cambiato. Morì assassinato da tre membri della Nation of Islam a febbraio del 1965. Chi invece sembrava indistruttibile era Muhammad Ali che nella seconda metà degli anni ’60 pareva non avere rivali sul ring.

Ancor più irruenti erano le sue provocatorie apparizioni in pubblico ed il suo burrascoso rapporto con la stampa. Secondo la scrittrice Joyge Carol Oates fin dagli esordi Alì “aveva deciso di non essere spettatore passivo della sua immagine pubblica, come accade per la maggior parte degli atleti, ma determinò i termini della sua reputazione”.

Appariva volutamente come arrogante, presuntuoso, senza freni inibitori, e le sue vittorie rendevano ancora più insopportabili questi comportamenti. Celebre fu l’incontro con Ernie Terrell nel febbraio del ’67 passato alla storia come il The What’s My Name Fight (l’incontro del Come mi chiamo io). Terrell ebbe la pessima idea di riferirsi a lui chiamandolo ancora Cassius Clay per schernirlo. Ali, che allora vinceva quasi ogni incontro per KO, lo tenne in piedi per 15 riprese, senza dargli mai il colpo di grazia, e per tutto il match gli chiedeva in continuazione “come mi chiamo io?”, nel mentre lo gonfiava di cazzotti.

Con quell’incontro Ali riconquistò anche la cintura che la WBA gli aveva tolto per la sua adesione alla Nation f Islam. Musulmano, nero, indomabile sul ring così come davanti ad una telecamera: era decisamente troppo!

La squalifica e le prime sconfitte

A partire dal 1966 Ali era diventato arruolabile per la Guerra in Vietnam a seguito di un abbassamento dello standard necessario deciso dal dipartimento della difesa statunitense. Precedentemente era classificato come arruolabile in caso di emergenza nazionale. Prontamente dichiarò che non avrebbe risposto ad un’eventuale chiamata alle armi “perché i Vietcong non lo avevano mai chiamato negro”.

Il 28 aprile del 1967 fu il giorno dell’arruolamento a cui oppose obiezione di coscienza per motivi religiosi. Fu arrestato e due giorni dopo fu condannato a 5 anni di reclusione ma fu rimesso in libertà perché ricorse in appello. Gli furono però ritirati: il titolo di campione del mondo, la licenza da pugile per 3 anni e mezzo, ed anche il passaporto. La sua lontananza forzata dal pugilato ne fece un’icona della controcultura giovanile, ed un simbolo del movimento che si opponeva alla Guerra in Vietnam. La sua immagine quindi fuoriuscì dall’ambito sportivo e dell’attivismo afroamericano per consegnarsi alla storia.

Tornò sul ring il 26 ottobre del 1970 e l’8 marzo del 1971 andò incontro alla sua prima sconfitta contro Joe Frezier. In sua assenza Frezier, di due anni più giovane di lui e già medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo nel ’64, era diventato campione del mondo. Ad Ali non riuscì la riconquista del titolo ma quello fu solo il primo episodio della trilogia Ali vs Freizer. Sarebbero passati altri 3 anni e mezzo fino a The Rumble in the Jungle, cioè fino ad un altro incontro valevole per il titolo mondiale. Nel frattempo successero altre cose.

Il 28 giugno del 1971 la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America annullò la condanna di 5 anni, anche se con una formula che non riconosceva esplicitamente l’obiezione di coscienza per motivi religiosi. Ma il traguardo massimo sul ring era ancora lontano, ed il 31 marzo del 1973 Muhammad Ali fu battuto per la seconda volta da Ken Norton, un altro pugile che come Freizer si sarebbe battuto 3 volte con Ali.

Dare i resti a tutti, in una generazione di super pugili

Il 22 gennaio del 1973 George Foreman, più giovane di Ali di 7 anni e già medaglia d’oro alle Olimpiadi del ’68 a Citta del Messico, strappò il titolo di campione del mondo a Freizer. Muhammad Ali dal canto suo si prese la rivincita su Norton (ottobre ‘73) e su Freizer (gennaio ‘74). A Norton l’essere stato comunque uno dei due pugili in grado di battere Muhammad Ali fruttò la credibilità come pretendente al titolo detenuto da Foreman, che però rimase campione battendo Norton nel marzo del 1974. Ad ottobre del 1974 Ali sconfisse Foreman in Zaire riconquistando il titolo che poi mantenne negli “spareggi” con Freizer (ottobre ’75) e Norton (settembre ’76). Il terzo ed ultimo incontro della “serie Ali vs Freizer”, soprannominato The Thrilla in Manila, si disputò nelle Filippine e fu un scontro brutale senza precedenti. Foreman invece, dalla delusione per la sconfitta contro Ali, per un po’ si ritirò dalle scene e non fu mai più il pugile di prima.

The Rumble in the Jungle

La seconda conquista del titolo di campione del mondo da parte di Muhammad Ali fu il momento topico dell’evento mediatico più generale. Muhammad Ali e George Foreman si trasferirono in Zaire alcuni mesi prima per allenarsi con le condizioni climatiche del luogo. La fama di Ali come “orgoglio nero” fece pensare agli abitanti del posto che Foreman fosse bianco, fino a quando non lo videro in conferenza stampa.

Per l’occasione fu organizzato anche un festival musicale che si sarebbe dovuto svolgere alla vigilia dell’incontro e dove suonarono anche BB King e James Brown. A causa di un problema fisico di Foreman il match fu posticipato di un mese ma era troppo tardi per spostare il festival, che si tenne nel settembre del 1974.

Quando i due salirono sul ring era l’alba del 30 ottobre ma per la diretta TV negli USA era la sera del giorno prima. Foreman era il favorito, era più forte fisicamente, ed era più giovane. Ali aveva escogitato una tattica molto pericolosa ma che risultò vincente e che, soprattutto, era stata pensata da lui e non dal suo allenatore. Nel primo round fece un tentativo di attaccare Foreman come in passato gli riusciva molto bene con tutti gli avversari, colpendolo con rapidità per poi spostarsi rapidamente sul ring. Ma vide subito che Foreman non accusava i colpi, e valutò che si sarebbe stancato prima che l’avversario avesse ceduto. Allora tenne a battesimo la tecnica che sarebbe stata poi chiamata del rope-a-dope. Si tratta di un modo di incassare i colpi dell’avversario, per farlo stancare, standosene alle corde.

Mettersi sulla difensiva espone alla probabilità di essere mandati al tappeto per sfinimento, così stare in piedi ad incassare colpi è molto dispendioso. Stando appoggiati alle corde si può incassare scaricando su di esse parte della forza necessaria per stare in piedi. Ali sorprese tutti con la sua resistenza fisica all’età di 32 anni, ma a volte sembrava sul punto di non farcela. Continuava però a provocare Foreman e ad un certo punto il pubblico iniziò ad incitarlo in coro urlando

“Ali bomaye, Ali bomaye, …” (Ali, ammazzalo!).

All’ottava ripresa Foreman era sfinito ed Ali, a sua volta stremato, lo mandò a tappeto. Il colpo del KO fu immortalato in uno storico scatto dove si vede il sudore sprizzare dalla testa di Foreman. Le immagini a rallentatore dei secondi successivi a questo pugno mostrano l’estremo autocontrollo di Ali che si accorse all’istante di aver colpito per bene l’avversario e si trattenne dallo sferrare ulteriori colpi limitandosi a seguirlo mentre barcollava prima di finire atterra. Per Foreman fu una sconfitta troppo dura, ma in quel momento nessuno forse avrebbe potuto reggere a quello che Muhammad Ali aveva portato sul ring.

Terza riconquista del titolo ed ulteriori sconfitte

Dopo “il rombo nella giungla” Muhammad Ali difese altre volte il titolo fino a quando il 15 febbraio del 1978 perse contro Leon Spinks, di 9 anni più giovane di lui e medaglia d’oro alle Olimpiadi del ’76 a Montreal. Ali apparve fuori forma ma esattamente 7 mesi dopo si prese la rivincita diventando l’unico pugile della sua categoria a conquistare per tre volte il titolo di campione del mondo. Dopodiché Muhammad Ali annunciò il suo ritiro dal pugilato.

Non avesse poi cambiato idea la sua carriera sarebbe stata come quella di un super eroe dei cartoni animati. Il primo film della serie Rocky con Sylvester Stallone è del 1976 e la storia di Rocky andava incontro al sogno americano di un pugile bianco campione del mondo dei pesi massimi. Uscì nelle sale quindi quando Alì era ancora il campione del mondo in carica. Sul tema della Guerra in Vietnam invece, sempre con Sylvester Stallone, il primo film della serie Rambo è del 1982.

Muhammad Ali torno a combattere il 2 ottobre del 1980 contro Lerry Holmes, in quello che formalmente era il tentativo di conquistare per la quarta volta il titolo di campione del mondo. La Commissione Atletica del Nevada gli prescrisse un periodo di riabilitazione fisica prima di ritenerlo idoneo al combattimento, ma lui ottenne l’idoneità in una clinica del Minnesota. Lerry Holmes non avrebbe voluto combattere contro Muhamad Ali e mentre lo surclassava sul ring apparve non a suo agio nel colpire l’avversario. Fu la quarta sconfitta per Ali, la prima per KO (tecnico). Nella conferenza stampa post combattimento Holmes era in lacrime ma chi aveva sbagliato non era lui bensì Ali, che un anno dopo tornò di nuovo sul ring per un incontro senza storia contro il pugile giamaicano Trevor Berbick. Fu la quinta sconfitta della sua carriera e, fortunatamente, fu il suo ultimo incontro.

Nel 1984 Muhammad Ali annunciò pubblicamente di essere affetto dalla Sindrome di Parkinson che, a detta di molti, fu diretta conseguenza degli ultimi due incontri.

Dopo il pugilato

A seguito del definitivo ritiro dalla boxe Ali si dedicò alla religione ed alle opere di carità. Negli ultimi anni della sua vita si avvicinò al Sufismo e nel 1990, durante la Guerra nel Golfo, negoziò con Saddam Hussein il rilascio di soldati statunitensi tenuti in ostaggio in cambio della promessa di un racconto onesto dell’Iraq.

La sua immagine di uomo malato che continuava a perseguire degli obbiettivi nobili è forse il suo secondo lascito, dopo quello di una carriera stratosferica senza eguali nella storia dello sport e che parallelamente smuoveva gli animi di mezzo mondo.

 

 

 

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