#Coronavirus: Al timone dell’Italia c’è Schettino

Dalla plancia i messaggi che arrivano, amplificati dai media, ai fuochisti non fanno che disorientare i passeggeri. La nave ha un’ immediata accelerazione e sbanda anche un po’, la gente si aggrappa ai parapetti o cade giù dalle cuccette nelle cabine, poi il mostro rallenta e senza neppure avere il tempo di fermarsi comincia ad indietreggiare.

Alcuni ufficiali in coperta e in macchina fanno di testa loro: avanti ancora, no indietro, meglio gettare l’ancora e vedere cosa succede. E’ un delirio. I cuochi calzano il loro chapeau fino al mento e non cucinano più, il medico di bordo è in preda ad una crisi di nervi, la farmacia di bordo è presa d’assalto e qualcuno ha riempito di amuchina la piscina del ponte più alto e si ci è tuffato.

Invero c’è poco da ridere, e mi scuso per un incipit burlesque, era per buttarla in caciara e sdrammatizzare un po’.

Il fatto è che questo corona ha fregato perfino il carnevale e sono tutti già in quaresima anzi peggio è proprio mortorio.

E non tanto per i morti (Iddio ne abbia misericordia e conforti i loro cari) ma è davvero un mortorio dell’intelligenza, della capacità di gestione, della lucidità nelle difficoltà, a partire appunto dalla plancia, da quel governo che dovrebbe gestire con autorevolezza e visione d’insieme. Che dovrebbe avere a disposizioni le migliori risorse scientifiche e tecniche e avere il coraggio civile usarle con intelligenza nell’interesse immediato e lontano del Paese.

Invece siamo sempre da capo, quelli che litigano a sangue per gestire la cosa pubblica si fanno sempre trovare con le braghe a mezz’asta appena succede qualcosa che non sia assolutamente nella norma delle loro piccole squallide beghe di potere. Un terremoto, un’inondazione, la caduta di un viadotto o un contenzioso duro con quelli che avrebbero dovuto evitare che cadesse.

Nessun piano B, nessuna risorsa umana o know how da mettere in campo se non divieti poi revocati, cordoni sanitari colabrodo, faccia feroce e mani di palta.

Il Paese non sta reagendo bene, i media che hanno sempre bisogno di carne fresca e sangue per attirare l’attenzione continuano a farci la conta dei contagiati e dei caduti, attizzano le ansie, sguazzano oscenamente nella psicosi che hanno, in gran parte, creato loro stessi, i loro esperti catastrofisti o i loro referenti politici che sperano che il virus sia letale anche per il Governo.

Poi si accorgono che stanno esagerando e cercano di rallentare, prepararsi a virare, ma come i cerchi concentrici la cosa si è allargata e siamo diventati gli appestati, anzi peggio, gli untori. Non fanno scendere a terra passeggeri di aerei e croceristi, rifiutano le nostre merci (perfino blocchi di bianco Carrara che stanno in un porto del Golfo Arabo). Pare che ormai le cancellazione delle prenotazioni turistiche dall’estero abbiano oltrepassato il 50%, questa estate saranno lacrime e sangue.

Abbiamo chiuso chiese e moschee (non solo le sinagoghe) anche in assenza di ordini dell’autorità competente in uno sforzo di spasmodico di tutelare la salute pubblica senza curarci del fatto che certe misure spropositate e inutili sono patogene e infettano le menti più di quanto il covid-19 infetti i polmoni o i bronchi.

Nella tradizione islamica troviamo un detto del profeta Muhammad (pbsl):”Per ogni malattia c’è una cura” e la comprensione che ne dobbiamo avere dev’essere complessiva. La cura ha tre livelli, in questa fattispecie: il primo è quello che tutti quanti ci auguriamo: la pronta e completa guarigione dalla malattia. Il secondo è la riduzione dei sintomi e delle sofferenza, nella speranza di un esito positivo nel tempo. Il terzo è quella dell’accettazione serena del male che ci è occorso.

Anche questa crisi passerà, è stato sempre così e sempre così sarà, qualcuno ne uscirà devastato, altri rafforzati, chiediamo misericordia per i primi e speriamo di essere tra gli altri

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