Le risposte dei candidati USA su Idlib sono deludenti

Solo a due di loro è stata data la possibilità di esprimersi sull’argomento durante l’ultimo dibattito ma le loro risposte non hanno fornito soluzioni praticabili.

Lo scorso venerdì mattina, il mondo si è svegliato con la notizia che un attacco aereo aveva ucciso decine di soldati turchi a Idlib in Siria. Solo pochi giorni prima, negli Stati Uniti, due dei sette più importanti candidati presidenziali avevano risposto ad una domanda durante un dibattito nello stato Americano del Sud Carolina, dove sabato si terranno le primarie.

Ognuno di loro è in lizza per ottenere la Nomination a candidato anti-Trump del Partito Democratico nelle elezioni generali che si terranno a novembre. Se Trump perdesse le elezioni generali, questo con tutta probabilità comporterebbe un rapido e repentino cambio della politica estera statunitense. Probabilmente il mondo avrà un’idea più precisa dopo le primarie che si sono tenute ieri, martedì 3 marzo, il tradizionale evento politico è anche noto come ‘Super martedì’; i candidati che hanno fallito ieri, come Micheal Bloomberg rischiano di terminare anticipatamente la corsa verso la nomination. 

Le elezioni 2020 e i rifugiati siriani a Idlib

Ma che significato potrà avere il risultato finale delle elezioni 2020 per i siriani sofferenti a Idlib per gli attacchi del regime e per i bombardamenti russi? Le risposte di due dei candidati, l’ex sindaco di South Bend dell’Indiana Pete Buttigieg, e la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, non hanno soddisfatto il venticinquenne Americano che ha chiesto via Twitter la loro opinione tramite i moderatori del dibattito.

“Sono stato molto deluso dalle loro risposte,”ha detto a TRT World, Ayoub Ouederni, uno studente della facoltà di giurisprudenza a Yale, nello stato statunitense del Nord Carolina . “Il sindaco Buttigieg ha parlato brevemente del fatto che gli Stati Uniti non hanno più un posto al tavolo siriano, e ha cambiato argomento per attaccare il senator Sanders sulla questione dell’assistenza medica per tutti. La senatrice Warren ha escluso il coinvolgimento militare e ha detto che vorrebbe lavorare con I nostri alleati per portare al popolo siriano aiuti umanitari – in poche parole, una specie di cerottino sulla piaga che non affronta la crisi alla base.

Solo due candidati su 7 hanno risposto

Solo due dei sette candidati sul palcoscenico del dibattito hanno colto l’opportunità per rispondere alla domanda, cosicché non sappiamo in che modo gli altri candidati avrebbero risposto. Buttigieg rappresenta il centro del partito Democratico, mentre le posizioni della Warren sono molto più a sinistra. Ma tutti e due rappresentano la realtà dei politici statunitensi sulla Siria: la loro incapacità di spiegare agli elettori cosa sta succedendo e che cosa intendono fare in proposito.

Buttigieg si è ritirato dalla corsa delle primarie e la Warren ha subito una sonora sconfitta ieri, ciononostante , le loro posizioni illustrano quale sia il grado di interesse dei democratici verso la tragedia siriana.

Buttigieg , che nel 2014 ha trascorso un periodo di sette mesi in Afghanistan come ufficiale di marina, domenica sera ha concluso il suo discorso per la Casa Bianca dopo un mediocre spettacolo alle primarie del Sud Carolina. Tuttavia, le sue vedute ci informano delle idee, o piuttosto della loro mancanza, che il centro democratico ha sulla Siria.

Warren rappresenta una parte più progressista del Partito Democratico, determinata a porre freno ad un capitalismo irresponsabile. Comunque, sulla politica siriana, la Warren e Buttigieg la scorsa settimana a Charleston, nel Sud Carolina, hanno cantato una canzone che a Ouderni, che li osservava da Cambridge in Massachusetts, è suonata piuttosto simile.

A detta di tutti, il dibattito è stato caotico, con i candidati che si davano a vicenda sulla voce chiedendo vicendevolmente il diritto di replica. Quello che segue è la trascrizione delle risposte di Buttigieg e della Warren, fornite dal netwok televisivo americano CBS.

(La moderatrice del dibattito Margaret Brennan) BRENNAN: Grazie davvero, Norah. Questa è una domanda per il sindaco Buttigieg. Come Lei sa, spettatori e elettori ci stanno seguendo attraverso Twitter. La città di Idlib in Siria sta affrontando una crisi umanitaria senza precedenti. Il regime siriano e la Russia hanno preso di mira scuole, forni per il pane, e ospedali. In che modo, se sarete eletti presidenti, pensate di respingere le forze russe e quelle del regime e fermare l’uccisione di civili innocenti?

BUTTIGIEG: Bene, innanzitutto, sto con la gente di Idlib, che è presa di mira, come Lei ha detto, in modo brutale da una dittatura che per lunghi anni è sempre stata brutale.

E questa è una delle ragioni che abbiamo per cambiare l’equilibrio delle forze nella regione, perché il presidente è sostanzialmente scomparso dal palcoscenico quando invece laggiù bisognerebbe pensare ad un ruolo anche in futuro. La Turchia, la Russia, l’Iran fanno molto di più di quello che facciamo noi. Non dobbiamo invadere paesi per far la differenza, dobbiamo lavorare con i nostri partner internazionali, allo scopo di portare pace ed aiuto a coloro che stanno lottando per l’autodeterminazione.

Ora, voglio riprendere un discorso interrotto- e garantisco che si tratta di affari internazionali- perché il senatore Sanders mi ha fatto una domanda poco fa. Ha chiesto se l’assistenza medica per tutti sia un’idea estremista, e non lo è, motivo per cui io le sono favorevole, sebbene lo sia in modo un po’ diverso. Un’ idea estremista potrebbe essere l’eliminazione totale di qualsiasi forma di assicurazione privata. E sapete che lo sarebbe anche perché nessun paese industrializzato si è spinto fino a questo punto. Entrambi amiamo parlare per esempio della Danimarca. Ma anche in Danimarca non è stata tolta la possibilità di assicurarsi privatamente. Quindi, questa è un’idea che non sarebbe accettabile nella nazione Danese, e se non sarebbe accettabile in Danimarca, immaginate quanto lo possa essere nel Sud Carolina.

BRENNAN: Grazie, sindaco.

Nel tentativo di dare una risposta sulla Siria, Buttigieg ha tirato in ballo il piano di Sanders per l’eliminazione di assicurazioni private per gli americani. Sanders non ha potuto rispondere alla domanda sulla sanità e neppure a quella sulla Siria. Ma è stato penosamente evidente che Buttigieg non aveva una risposta concreta, e, da politico navigato, ha risposto svicolando ad una domanda diversa benché stesse ancora tecnicamente parlando di ‘affari internazionali’. E si è anche rifiutato di rispondere alle domande fondamentali che gli sono state poste dal New York Times.

La sua trovata finale si riferiva alla sanità americana e danese, non alla Siria. C’è in questo una particolare cupa ironia, visto che la domanda originale era riferita ai bombardamenti russi degli ospedali siriani.

Ecco cosa ha detto Warren: 

BRENNAN: Senatrice Warren, potrebbe rispondere? Cosa farebbe la senatrice Warren per mettere fine alle stragi?

WARREN: Scusi, non ho capito?

BRENNAN: Cosa farebbe- stessa domanda. Cosa farebbe per porre fine alle stragi a Idlib, Siria?

WARREN: Ascolta, penso che quello che dobbiamo fare è fornire aiuti umanitari. Dobbiamo farlo insieme ai nostri alleati. Questo non è il momento per un intervento militare. Dobbiamo usare la forza militare quando siamo di fronte ad un problema di natura militare, che può essere risolto militarmente. Non possiamo impegnarci militarmente se non abbiamo un piano per riportare a casa i nostri militari. Quindi, per quanto mi riguarda, penso che si debba lavorare insieme ai nostri alleati. Si tratta di stare a fianco a persone che stanno in questo momento subendo una pressione enorme. Questo vuol dire riconoscere che Donald Trump ci ha messo in tutto il mondo in una situazione senza uscita. Ma la soluzione non è far ricorso ai nostri soldati. La soluzione qui è ricorrere ad altri strumenti.

La Warren è stata lodata per I suoi dettagliati piani per rinnovare il sistema finanziario statunitense e per porre fine agli abusi delle grandi banche, ma la sua risposta sulla Siria è stata tanto ignorante quanto quella di Buttigieg è stata evasiva. Attualmente gli Stati Uniti hanno una presenza militare nella Siria orientale. L’esercito statunitense è già intervenuto contro Daesh in Siria, ma la sofferenza dei civili ad Idlib non sembra costituire una priorità per l’amministrazione Trump.

La posizione della Warren suona sorpassata, in linea con i punti in discussione circolanti a Washington nel 2012, che sfuggivano dall’azione decisiva contro il regime di Assad o da un serio impegno a fianco delle forze ribelli. Un deciso intervento militare statunitense, con l’obbiettivo di rovesciare Bashar al Assad, è diventata un’ ipotesi negletta nella politica USA, proposta ma mai realizzata dal presidente Obama e poi abbandonata completamente dal presidente Trump. Ho chiesto a Oudermia cosa farebbe se fosse il segretario di stato di un eventuale presidente Sanders, che è attualmente il favorito nella corsa alla nomination democratica.

Ha scritto Ouederni: Se fossi il segretario di stato di Sanders, gli consiglierei di posizionare i Patriots sulla linea del fronte e stabilirei una no-fly zone su tutta la Siria. “Lo spingerei anche ad aiutare la Turchia a riprendere Idlib e il territorio circostante dal regime, in modo da creare una zona di sicurezza per i profughi.

A quelli che credono che un intervento militare americano aggraverebbe la violenza, direi loro di guardare a quanto sta succedendo in assenza di un intervento statunitense: una crisi dei profughi, attacchi intenzionali a infrastrutture civili da parte dei russi e del regime, e centinaia di migliaia di morti. Solo la potenza militare statunitense può fermare la Russia e il regime dal continuare l’aggressione.”

La posizione di Ouederni è poco praticabile per il prossimo presidente degli Stati Uniti, e in particolare per Sanders. Come Obama prima di lui, Sanders ha acquisito consensi fra coloro che pensano che ridurrà gli impegni militari statunitensi all’estero, impegnati in guerre che gli Stati Uniti non sembrano in grado di vincere, perdere o finire. Esiste un profondo disincanto riguardo a ragioni di tipo umanitario per la rimozione di un regime brutale, perché quelle stesse ragioni risuonavano nell’etere in America prima dell’invasione dell’Iraq. La situazione siriana è piuttosto diversa, ma le ragioni sembrano le stesse a milioni di elettori americani.

Al centro del paradosso c’è il conflitto tra un potere imperiale e un governo rappresentativo. Gli Stati Uniti hanno cercato dalla fine della seconda guerra mondiale di bilanciare le richieste del pubblico, temendo di morire invano lontano da casa, seguendo gli interessi di politici stranieri, e temendo di vedere l’egemonia degli Stati Uniti indebolirsi. Queste priorità paiono incomprensibili agli elettori, in parte perché tanti politici, come Buttigieg e Warren, non vogliono o non sono in grado di spiegarle.

Possono mandare gli astronauti sulla luna, ma gli americani non hanno ancora capito come gestire un impero e allo stesso tempo essere una democrazia.

Articolo di Wilson Dizard pubblicato su TRT World 

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