Aboubakar Soumahoro s’incatena di fronte agli Stati Generali dell’Economia contro lo sfruttamento dei braccianti

Il dirigente nazionale dei braccianti del sindacato di base USB, Abubaker Soumahoro, si è incatenato per protesta davanti agli Stati Generali del Governo a Villa Pamphili a Roma denunciando l’inerzia delle forze politiche nel combattere la mafia del caporalato.

In queste settimane la pandemia ha ingrossato le fila del bracciantato, includendo decine di migliaia di lavoratori italiani.

La questione è riesplosa dopo l’omicidio in un rogo di Mohammed Ben Ali un giovane bracciante senegalese in un ghetto di lamiere vicino Foggia, arrivando finalmente sulla grande stampa italiana ed internazionale come dimostra questo articolo di Le Monde.

Da quando negli anni ‘80 marocchini e senegalesi faticavano nella raccolta dei pomodori a Villa Literno per mille lire a cassetta, nulla è cambiato: le condizioni di sicurezza di vita e di lavoro dei braccianti italiani e stranieri sono pessime, costretti a lavorare per un tozzo di pane, ricattati dai caporali.

 

Mohammed Ben Ali, il bracciante ucciso a Foggia

Stamane il dirigente nazionale dei braccianti del sindacato di base USB, Abubaker Soumahoro, si è incatenato per protesta davanti agli Stati Generali del Governo a Villa Pamphili a Roma denunciando l’inerzia delle forze politiche nel combattere la mafia del caporalato, accusando il Governo di essere sordo di fronte alle richieste di bloccare le distorsioni sul mercato causate dalla pressione della GDO (Supermercati e Discount) e per sostenere la richiesta di una sanatoria per tutti i lavoratori stranieri e non solo per alcune categorie.

Su Twitter il sindacalista Abubaker ha annunciato l’iniziativa con queste parole:

Una delegazione di braccianti è arrivata a #VillaPamphili per far sentire a una politica sorda il grido di dolore dei lavoratori della terra. Il Governo ascolti le sofferenze, i sogni e le speranze di tante donne e uomini. #nonsonoinvisibile

In precedenza l’USB aveva promosso una raccolta fondi per dotare i braccianti di mascherine e altri dispositivi di sicurezza raccogliendo circa 130 mila euro ed aveva promosso molteplici iniziative in difesa dei lavoratori della terra, lasciati addirittura senza acqua potabile da alcuni datori di lavoro durante il lockdown.

ll sindacalista di origine ivoriana, ex bracciante, chiarisce un aspetto di rado messo in luce nelle inchieste sul tema, affermando: 

Bisogna dare dignità alle persone che lavorano nella filier e l’82% della filiera è fatto da italianissimi

Infatti i braccianti di origine straniera sono uno su cinque, nonostante a livello mediatico sia passata l’idea della razzializzazione del lavoro bracciantile.

In realtà oggi il lavoro del cuoco, ormai appannaggio di bravissimi professionisti di origine bengalese che cucinano l’amatriciana nei ristoranti del centro della Capitale, è molto più etnico di quello del raccoglitore d’ortaggi.

La colpa di questa situazione non è certo del pensionato al minimo che va al mercato rionale e acquista le arance a 0.99 al chilo, ma del sistema neoliberista basato sul profitto ad ogni costo.

L’USB chiede da anni la riforma della filiera della GDO di cui fanno parte le multinazionali dell’alimentare per poter tutelare i piccoli contadini, i trasportatori, i dettaglianti, i consumatori e infine i braccianti su cui si scaricano la maggior parte delle distorsioni del mercato.

Se non s’interverrà in profondità riformando l’intero sistema della GDO, rendendolo trasparente, combattendo le infiltrazioni della malavita e difendendo i soggetti più deboli da mafiosi e speculatori, il problema rimarrà immutato. La legge contro il caporalato varata nel 2016 è infatti scarsamente applicata e fenomeni di ipersfruttamento ormai vengono denunciati su tutto il territorio nazionale.

Durante gli Stati Generali dell’Economia i lavoratori saranno ascoltati tramite l’USB e gli altri sindacati, e oltre a chiedere la difesa dei propri diritti, proporranno misure per la tutela dell’ambiente e riforme strutturali dell’economia.

È giunto il momento della ricomposizione dei lavoratori intorno a diritti comuni ed elementari che prescinde da genere, etnia, qualifica e settore. Parliamo di diritti inalienabili come il diritto alla legalità, all’istruzione, alla trasmissione dei valori culturali e religiosi di appartenenza uniti a condizioni di lavoro e di vita decenti per ogni essere umano.