Negli USA i neri muoino di più di Covid, in UK i bengalesi, e in Italia?

Mentre montano le proteste del movimento Black Live Matter in seguito all’assassinio di George Floyd per mano della polizia di Minneapolis negli USA, anche la scienza medica non poteva non interrogarsi sulla propria posizione nei confronti del razzismo.  Inoltre la recente epidemia di COVID19 sembra fornire il contesto per uno spunto di riflessione quanto mai tempestivo al riguardo. Negli USA i neri muoino di più di Covid, in UK i bengalesi, e in Italia?

In un recente editoriale apparso sul British Medical Journal dal titolo “Ethnicity and covid19”, gli autori fanno notare come i dati sull’epidemia hanno mostrato una decisa maggiore mortalità tra i gruppi sociali di provenienza etnica straniera. Ad esempio tra la popolazione di provenienza Bengalese la mortalità per Covid 19 è risultata essere doppia rispetto a quella dei nativi britannici.

Quanto razzismo vi è sotteso dietro questi dati?

La questione era già nota da tempo, tra il  2014 e il 2018 ad esempio, sempre nel Regno Unito, la mortalità per tutte le cause è risultata essere maggiore di quattro volte tra gli uomini di colore e di tre volte negli uomini di provenienza asiatica. Come loro consolidato costume, le autorità politiche inglesi hanno sollecitato una inchiesta che analizzi il fenomeno, e ora il tema delle disparità sociali e soprattutto sul se e quanto razzismo vi sia sotteso, sta animando il dibattito politico parlamentare e pubblico. 

Negli USA i neri muoino di più di Covid

Anche negli Stati Uniti l’epidemia di COVID19 ha avuto un impatto molto più grave tra la popolazione di colore e di origine ispanica, ma la cosa è ritenuta cosi scontata che, a differenza dell’UK, la rivista statunitense NEMJ si cimenta nella discussione in modo più netto, richiamando le profonde radici storiche del razzismo negli USA e chiedendosi quale debba essere il ruolo dei medici e della medicina in un contesto dove il razzismo è di fatto sistemico.

Interessante notare i dati sulla mortalità e morbilità della popolazione di colore a seconda che essa sia seguita da un medico di colore, da uno con pregiudizi razziali o meno. Gli autori sembrano suggerire come in ogni caso, la strada per costruire una società e una medicina post-razziale, non potrà esimersi dall’affrontare un doloroso processo di confronto con tutta l’evoluzione storica del razzismo in quel paese.

..e in Italia?

Insomma mentre tutto il mondo si interroga sulla questione del razzismo, nel nostro paese non ci sono dati di mortalità e morbilità che analizzino la provenienza etnica delle vittime del COVID-19 o se ci sono nel bene e nel male non fanno notizia.

L’Italia fa finta di nulla, alcun dibattito sul tema

All’interno della comunità medica, non ci sono in corso dibattiti sul tema, nessun organo governativo o associazione medica, per quanto si sappia, ha sollecitato alcuna inchiesta in proposito. Certo, specie negli ultimi anni, non possiamo dire che da noi il problema del razzismo non esista. Di sicuro il nostro sistema sanitario universalista, nonostante una ancora vigente legge Bossi-Fini, attutisce il colpo in termini di salute pubblica e anche questo dovrebbe essere motivo di indagine e riflessione da parte di chi di dovere.

Addirittura durante l’epidemia di COVID19 ci sono state voci di popolo secondo cui i marocchini residenti in Italia erano misteriosamente immuni dalla malattia. Viene il dubbio però, che come nostra vecchia abitudine, mentre il mondo cerca di affrontare in modo critico i propri errori, noi gettiamo un colpo di spugna su tutto, facendo in sostanza finta di nulla, come dopo la seconda guerra, dove mentre ancora la Germania di tanto in tanto paga qualche risarcimento per i danni provocati dell’Olocausto, da noi sembra quasi che non siano mai state emanate le leggi razziali.