Arrestato Mahmud Ezzat, il leader dei Fratelli egiziani che garantiva la nonviolenza

Le forze di Sicurezza egiziane hanno arrestato venerdì 28 Agosto Mahmoud Ezzat,  uno dei massimi leader dei Fratelli Musulmani, che rivestiva il ruolo di leader ad interim del gruppo. La Guida Generale, Muhammad Badi’e è in carcere dal 2013 e Ezzat ne aveva preso il posto ai vertici della Confraternita. 

Ezzat, ha già ricevuto due condanne a morte in contumacia e un ergastolo con svariate e spesso fantasiose accuse, tra cui “partecipazione alla gestione di un’organizzazione terroristica”, “collaborazione con gruppi terroristici armati” e “pericolo per le fondamenta dello Stato”.

L’unico leader storico ad essere rimasto in libertà

Membro della Confraternita dagli anni ’60, ha già trascorso numerosi anni in prigione sotto le presidenze di Gamal Abdel Nasser e Hosni Mubarak, ed è stato più volte leader ad interim dell’organizzazione. Dopo l’ondata di arresti che ha falcidiato la Fratellanza, Ezzat era l’unico leader storico ad essere rimasto in libertà all’interno dell’Egitto, giocando un ruolo di primo piano come anello di congiunzione tra la leadership in esilio e i militanti in Egitto. 

Il suo arresto, dopo 7 anni di latitanza, è stato ripreso con grande clamore dai mass-media arabi, in particolare da quelli egiziani, che hanno celebrato l’arresto come un colpo mortale alla Confraternita, dipingendo Ezzat come il leader dell’ala militare” dei Fratelli.

In realtà è esattamente l’opposto, infatti la durissima repressione a cui è sottoposta la Fratellanza egiziana, con arresti di massa, durissime condizioni di detenzione e torture, hanno spinto una parte della gioventù a dichiarare il jihad contro il regime di Al Sissi, in nome del “”qisas”, la legge della ritorsione,  il principio  dell’ “occhio per occhio, dente per dente” a cui si è richiamata una parte dei Fratelli Musulmani egiziani, e a ricorrere quindi ad azioni di violenza mirata contro i simboli del regime, poliziotti, magistrati.

La nostra nonviolenza è più forte dei proiettili

Il conflitto si è palesato sin dal 2015, quando gli appartenenti ai vertici fuggiti all’estero hanno fatto valere l’autorità proprio di Mahmud Ezzat ed hanno contestato l’approccio violento del gruppo scissionista egiziano. Infatti la leadership storica guidata da Ezzat, fedele allo slogan “salmiyyatna aqwa men al rusas”, “la nostra nonviolenza è più forte dei proiettili”, dopo alcuni tentativi di riconciliazione falliti, non ha lasciato alcuno spazio a posizioni che, oltre a confliggere con l’immagine dei Fratelli Musulmani, mettevano in pericolo la sopravvivenza dell’organizzazione ed ha espulso membri e uffici locali che sostenevano le posizioni violente.

La leadership storica, prevalentemente in esilio in Turchia e Qatar ha trattato con il pugno di ferro l’ala contestatrice che chiedeva cambiamenti radicali all’interno dell’organizzazione ed è riuscita ad avere la meglio in un conflitto interno che avrebbe potuto avere esiti pericolosissimi per l’organizzazione tutta.

Sebbene la contestazione non sia ancora completamente rientrata, dopo che tra il 2014 e il 2016 si era temuto per la tenuta della Confraternita stessa, grazie proprio al lavoro  e all’autorità di una figura chiave come Mahmud Ezzat, gran parte delle polemiche sono lentamente diminuite e l’organizzazione ha potuto ritrovare quell’unità che è condizione essenziale per la sua esistenza.

Le conseguenze dell’arresto di Ezzat

L’arresto di Ezzat potrebbe quindi rappresentare un duro colpo per la linea nonviolenta della Fratellanza, che ha sempre rifiutato ogni sorta di pratica violenta e andare ad approfondire quelle linee di spaccatura tra una gioventù sempre più esasperata per una repressione cieca e generalizzata e una leadership che ha perso l’elemento di raccordo tra esiliati e militanti di base. 

L’arresto di Ezzat potrebbe mirare proprio a questo: indebolire la dirigenza storica dei Fratelli Musulmani egiziani e favorire quei settori della base che – di fronte a torture sistematiche, omicidi mirati, sparizioni forzate, incarcerazioni di massa, spesso con accuse ridicole e altrettanto spesso senza accuse formali, condizioni di detenzione disumane e che mirano all’eliminazione fisica dei detenuti, in particolare i più anziani e deboli di salute – potrebbero avere la tentazione di ricorrere all’uso della violenza, mettendo così in pericolo l’immagine e l’esistenza stessa dei Fratelli Musulmani in Egitto. D’altra parte però, come veniva rilevato da diversi analisti, la Fratellanza ha provato una resilienza fuori dal comune. 

L’apparato della Confraternita

Come ha scritto il ricercatore AbdelRahmman Eyyash in un suo studio recentissimo: “L’apparato della Confraternita è stato molto più potente di quanto immaginato dai suoi nemici, e si è dimostrato in grado di portare le idee del movimento e di prendersi cura dei suoi membri e seguaci.

In una certa misura, l’apparato è stato in grado di riprendersi molto rapidamente dopo la repressione egiziana e la dispersione dei sit-in il 14 agosto 2013. In molti luoghi dell’Egitto, gli incontri settimanali (noti come “usra”) non si sono mai interrotti, ad eccezione di poche settimane dopo le dispersioni dei sit-in. E l’organizzazione è tornata a funzionare in modalità di sopravvivenza, come ha fatto meravigliosamente per decenni.

Questo apparato è rimasto anche molto efficiente nel servire i bisogni dei prigionieri della Fratellanza. Ha servito da incubatore sociale per i detenuti che sono entrati e usciti dalle carceri dal 2013. In tutte le carceri egiziane, la Confraternita, che ha esperienza con le prigioni risalenti agli anni ’40, ha sostenuto i prigionieri fornendo istruzione e autonomia corsi di sviluppo e consulenza spirituale.

L’organizzazione ha condotto le elezioni per scegliere i propri leader nelle carceri e i loro rappresentanti per negoziare a loro nome e trasmettere messaggi alle autorità carcerarie. Inoltre, ha fornito sostegno sociale, finanziario ed emotivo alle famiglie dei detenuti, un mezzo efficace di controllo. Ad esempio, quando la Fratellanza ha iniziato a subire divisioni interne a causa di differenze ideologiche nel 2014 e nel 2015, uno o due anni dopo il colpo di Stato, l’apparato è stato in grado di controllare la presa di posizione dei membri fornendo solo sostegno finanziario ai membri che sostenevano i tradizionalisti nella leadership ”.

Quindi per quanto l’arresto di Ezzat possa rappresentare un colpo significativo all’organizzazione dei Fratelli Musulmani, sul medio e lungo termine non avrà gli effetti esiziali che la grancassa mediatica egiziana sta cercando di descrivere.