Referendum: voto No contro l’establishment

Un silenzio elettorale, questo sembrava il mutismo del mese che ha preceduto il voto sul taglio dei parlamentari. Un mese nel quale, nessuno dei partiti più importanti del paese ha nominato il referendum costituzionale che prevede modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari.

Un silenzio strano, compreso quello della stampa, visto che in nessuno dei voti precedenti si è riuscito a far rispettare effettivamente il silenzio elettorale, durante le ultime campagne si son visti post sponsorizzati su social vari sia molti mesi prima che il giorno stesso del voto.

Il motivo principale di tutto ciò è il fatto che nessuno dei partiti vuole davvero metterci la faccia, né vuole dire la verità di questa riforma ai cittadini. Hanno procrastinato fino alla penultima settimana e poi Di Maio ha svelato la sua arma segreta. La gemma di fuoco come nei videogame, e con questa distruggerà i dragoni secondo la narrazione pentastellata. Ma di quali dragoni starà mai parlando il leader 5 stelle, quelli di destra o di sinistra? Tanto si è alleato con entrambi.
Ora possiamo pensiamo alle sue parole per capire profondamente le cose “L’establishment vuole il No”. Quindi i dragoni sono l’establishment e da quel che sappiamo l’establishment sono le istituzioni che lui stesso incarna. Di Maio ce l’avrà con se stesso forse e non ce ne siamo accorti?
No, ce l’ha con la politica, infatti la sua è antipolitica. Alimentare rabbia del popolo e cavalcare la tensione sociale con un populismo becero contro le istituzioni per aumentare le distanze senza proporre soluzioni efficienti per il funzionamento dell’apparato statale.

La riforma costituzionale del taglio dei parlamentari, è proprio il colpo di grazia alla democrazia perché dopo aver promosso campagne per screditare il centro del dibattito politico per eccellenza cioè il parlamento, adesso lo vuole dimezzare. Vuole rendere meno rappresentati gli italiani, vuole rendere il popolo più debole nei confronti dell’economia ed ai grandi stakeholder.
Di Maio, che sia cosciente di ciò che sta facendo o meno è il vero servitore di quei poteri forti che spesso cita con maldicenza insistente. Ha illuso tutti ed ha fatto uno scacco-matto alle istituzioni.

Ora pensate solo ad una grande lobby che vuole cambiare le regole del gioco, con questa modifica all’assetto istituzionale il suo impegno sarà semplice, avrà meno politici da influenzare e per i criminali meno gente da corrompere. Il distacco fra popolo e politici aumenterà ed andremo verso una realtà locale che si dovrà muovere sempre più autonomamente e quindi avremo forti disallineamenti e meno coordinamento. L’emergenza COVID-19 ha dimostrato quanto il disallineamento ed il distacco di alcuni territori possa causare stragi e non è un’esagerazione.

Tutti i leader dei grandi partiti politici sono per il Sì, Di Maio, Zingaretti, Salvini e pure la Meloni ma se questi non sono l’establishment che stanno governando il paese da inizio legislatura allora chi lo sarebbe? Qualche fantomatico essere che vive nelle tenebre come dice Conte?
La risposta forse non esiste, la nostra politica ha perso molto di qualità in questi decenni ed ora si vuole farle perdere anche di quantità invece che risolvere le sue falle di sistema. Sì, proprio come i sistemi informatici se non si risolvono le falle, il sistema finisce per collassare. E nessun informatico penserebbe mai che la vulnerabilità risieda nella quantità dei server disposizione ma penserà sempre alle impostazioni ed alla qualità dei programmi.

E quindi No, l’Italia non ha bisogno veramente di meno computer (parlamentari) operativi in questo momento ma di un vero e proprio reset delle impostazioni partecipative della società civile ed un innalzamento del livello politico generale.