Cosa pensano gli arabi della politica estera della Turchia in Medio Oriente 

Un recente sondaggio mostra che la posizione di Ankara sulla Palestina e il suo appoggio alla democrazia, sono bene accolti dall’opinione pubblica araba. 

Secondo un recente sondaggio di opinione, anche se alcuni paesi del Golfo, e l’Egitto, sono ostili alla Turchia e fanno pressione sulla Lega Araba perché emetta condanne verso la politica estera turca, l’opinione pubblica araba sembra abbracciare le posizioni politiche di Ankara.

Quasi il 60 percento degli arabi che hanno risposto al sondaggio hanno detto di approvare il modo in cui la Turchia porta avanti la sua politica estera in Medio Oriente dalla Libia alla Siria alla Palestina.  

Il sondaggio rivela che la politica estera turca riceve maggiore consenso di quanto capiti ad altre potenti nazioni come gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, la Germania, la Francia e l’Iran.

Nonostante la perpetua critica della politica estera turca da parte di alcuni paesi arabi, che sono stati a lungo governati da autocrati, come nel caso di Egitto, Siria, Arabia Saudita e EAU, i partecipanti al sondaggio sono in disaccordo con i loro governanti.

Anche nei territori maggiormente contesi come la Siria e la Libia, la politica estera turca ha ricevuto più consenso di tutti gli altri paesi arabi inclusi nel sondaggio.

La politica turca in Siria ha ricevuto il consenso del 38 percento, mentre, secondo il sondaggio, tutti gli altri paesi non raggiungevano il 25 percento. 

La politica turca in Libia ha fatto meglio degli altri paesi, ricevendo un 31 percento, mentre tutti gli altri, incluso Stati Uniti, Russia, Iran e Francia, erano ancora al disotto del 25 percento. 

 Il sondaggio evidenzia che anche la posizione di Ankara sulla Palestina ha ricevuto un forte consenso da parte del pubblico arabo, visto che i numeri relativi sono quasi il doppio rispetto a quelli degli altri paesi in relazione all’occupazione israeliana. 

Alcuni analisti arabi pensano che il partito conservatore AK, ed il suo leader, il presidente Recep Tayyip Erdogan, siano il principale motivo di consenso dell’opinione pubblica araba alla politica estera del paese. 

 Gli arabi fanno la differenza fra la Turchia pre-Erdogan e la Turchia sotto Erdogan. È importante affermare che l’opinione pubblica araba riconosce in Erdogan il centro e il catalizzatore della politica estera turca, non il tradizionale Stato turco”, dice Sami Hamdi, un analista politico arabo e capo di International Interest, un centro per lo studio del rischio politico.

Hamdi dichiara a TRT World che,“La Turchia pre-Erdogan è considerata un’entità straniera e repressiva, senza legami con gli arabi. Sotto l’AKP, la Turchia viene percepita invece come una potenza potenza musulmana rinascente e portatrice di una sfida a lungo attesa allo status quo regionale sostenuto dalla potenza militare statunitense e da regimi che sopravvivono grazie a una politica di accondiscendenza con Washington.” 

Secondo Sami Al Arian, un eminente professore palestinese-americano, a differenza di molti autocrati arabi sostenuti dagli Stati Uniti, Erdogan è stato eletto con libere elezioni ed ha anche svolto un ruolo cruciale nell’ orientare positivamente l’opinione pubblica araba verso la Turchia.

Al Arian dice a TRT World che,“una grande percentuale di arabi guarda alla Turchia come ad un esempio di come vorrebbero il loro governo. In altre parole, guardano alla democrazia turca, al fatto che la gente vada alle urne, al fatto che abbia un sistema multi-partitico e al fatto che la gente abbia la possibilità di esprimere la propria opinione…,”e aggiunge che, “la Turchia è considerata una delle nazioni al mondo dove maggiore è la partecipazione popolare.”

La rabbia araba rivolta agli Stati Uniti 

Il sondaggio di opinione mette in evidenza che esiste un forte disagio nei confronti della politica estera statunitense in tutto il Medio Oriente. Quasi il 90 percento di coloro che hanno risposto hanno opinioni negative riguardo alle politiche di Washington per la Libia, la Palestina, lo Yemen e la Siria. 

La Palestina è stata a lungo occupata da Israele, un forte alleato di Washington, mentre gli altri tre paesi arabi devono fare i conti con brutali guerre civili che gli Stati Uniti hanno esacerbato o prolungato per la contraddittorietà della loro politica.

Gli inopportuni interventi di Washington, dalla Libia alla Siria, dallo Yemen all’Iraq, hanno anche contribuito ad inferocire le guerre civili in quei paesi. 

L’occupazione USA in Iraq del 2003 ha di fatto diviso il paese tra sciiti e sunniti e fra arabi e curdi, alimentando ovunque scontri settari. 

Nello Yemen, l’intervento della coalizione Saudita-EAU, sostenuta dagli Stati Uniti, ha acuito la guerra civile, creando la peggiore crisi umanitaria al mondo. Washington ha a lungo appoggiato sia Riyadh che Abu Dhabi, che sono governati da autocrati. 

Gli Stati Uniti, guidati da Barack Obama, e l’alleata Francia intervennero per rovesciare Muammar Gaddafi, a lungo leader del paese, ma in seguito abbandonarono la Libia nella tempesta quando il conflitto entrò nella fase successiva, quella più dura. 

La politica statunitense in Siria è stata simile, ma se possibile anche peggiore, di quella adottata in Libia. All’inizio l’amministrazione Obama sembrava voler eliminare il regime di Assad. Ma col peggiorare della guerra civile e con l’entrata in scena di iraniani e russi nel ruolo di sostenitori di Assad, sembrò che Washington scegliesse al Assad come il male minore. Il sostegno russo e iraniano ha decimato l’opposizione moderata in Siria e ha dato forza alla stretta di Assad sul paese. 

Cosa rende la Turchia diversa? 

Se paragonata a Stati Uniti e Russia, la politica estera turca appare più coerente in Libia, Siria e Iraq, dove in quei paesi sostiene i movimenti democratici, e i cittadini comuni.

Hamdi sostiene che,“Gli Stati Uniti appaiono come i garanti dell’autoritarismo mentre la Russia è stata un alleato inaffidabile negli anni 50 e 60 di paesi come l’Egitto e di quello che una volta era lo Yemen del Sud.”

Gli interventi russi in Siria e in Libia hanno evocato vecchi ricordi di Mosca vecchio stato imperialista.

Per contro, dice Hamdi, le politiche turche sotto Erdogan hanno portato speranza e forza politica contro l’influenza sia di americani che di russi in Medio Oriente. 

E dice ancora, “comunque, la Turchia è percepita come una potenza ‘in grado di dare forza’, che sfida le potenze tradizionali nella regione, che rappresenta un’alternativa credibile all’attuale sistema di governo e che dimostra di avere la capacità di confermare queste tendenze ed imporle nel flusso delle principali politiche nella regione.”

Hamdi ritiene che i risultati del recente sondaggio di opinione nel mondo arabo riflettano in modo genuino il sentire delle masse arabe di tutto il Medio Oriente. 

L’analista conclude,“L’affermazione di Erdogan dell’identità musulmana, e il rigetto dello spirito anti-musulmano ha riecheggiato tra gli arabi diseredati che credono di essere presi di mira a causa della loro identità ed è un monito al desiderio imperialista di impedire un ‘risveglio’ musulmano.”

 

Articolo originale pubblicato su TRT WORLD