Perchè il suprematismo repubblicano francese si scaglia contro l’Islam

Aziz B. è un quadro associativo musulmano che vive nella regione parigina.

Attento osservatore delle dinamiche sociali e politiche francesi ci ha inviato questa nota nella quale fa il punto su quello che potremmo definire “suprematismo reppublicaine ” che a suo avviso caratterizza da sempre l’atteggiamento dello Stato francese nei confronti delle sue minoranze.

Dall’assassinio del professore di storia Samuel Paty, il 16 ottobre 2020 a Conflans (sobborgo di Parigi), la Francia è in subbuglio. I musulmani e l’islam si trovano al centro di dibattiti e controversie. I politici di ogni genere, a parte una frangia di sinistra, ne amplificano l’ampiezza.

I musulmani sono diventati non solo l’obiettivo dell’incitamento all’odio, ma anche di vere azioni d’odio anche gravi.

La Francia si trova in una delle sue consuete situazioni storiche di violenza fisica (omicidi o atti razzisti) oltre che verbale.

È necessario guardare indietro per capire la situazione. L’assassinio di un professore per motivi politici ( da parte di un diciottenne di origine musulmana cecena che non aveva sopportato che egli mostrasse immagini degradanti del profeta Muhammad). Come la maggior parte dei francesi questo giovane ha avuto questa informazione attraverso i media in seguito allo scandalo suscitato da uno dei genitori di uno studente che ha frequentato il corso di storia dell’insegnante in questione. Così il delitto, catalogato dagli inquirenti come terrorismo islamista, ha assunto in se diversi simboli e toccato elementi “sacri” alla società francese: l’insegnante che è simbolo della scuola che è essa stessa simbolo e fondamento della Republique.

Non dimentichiamo che la società francese si è costruita attorno a uno zoccolo duro: uno Stato, una lingua, una nazione. Un concetto che si è forgiato nella violenza per fondare un’autorità centrale che è lo Stato, consolidato dal concetto di nazione, una e indivisibile, attorno ad una lingua trasmessa dalla scuola. Anche se questa unicità non è così vera (il dipartimento della Meurthe et Moselle ha uno status speciale. La laicità non si applica ad esso come nel resto della Francia. Altri territori hanno status particolari: Monaco, Andorra , Corsica, territori d’oltremare …, ecc.).

La scuola è uno spazio non solo educativo ma è anche il veicolo del concetto di Republique française. Una lingua, il rifiuto della religione e quindi la laicità, pertanto la violenza simbolica e fisica è consustanziale alla costruzione della società francese.

Questa violenza si riflette anche nei dibattiti su questioni fondamentali o secondarie. La politica è diventata un’estensione della guerra per le sue motivazioni, ma con le parole. Quindi nei dibattiti tutti i mezzi sono ammessi. L’unico limite è preservare la vita dell’altro ma non necessariamente la sua dignità, né suo onore, ecc. L’unico limite è la vita.

Con la tentazione di costruire attorno a un’unica lingua, abbiamo storicamente il ricorrente slittamento nella stigmatizzazione  di tutte le lingue o culture minoritarie che minaccerebbero questa unione tra lingua-stato e nazione. Un altro fatto storico importante è la persecuzione delle minoranze: i protestanti espulsi dalla Francia, poi il coinvolgimento della polizia francese nella deportazione e lo sterminio degli ebrei. Anche le immigrazioni polacche, italiane e spagnole subirono le peggiori esazioni e il razzismo. Il confine tra la conservazione dell’unità nazionale e della sua base (stato-nazione-lingua) e il rifiuto dell’altro è stato spesso drammaticamente attraversato molte volte nella storia di Francia.

Lo abbiamo visto con la questione algerina e lo viviamo da decenni con quella islamica. Quindi tutte le pratiche politiche e le costruzioni di identità altre, causano regolarmente tensioni al punto che la violenza non ha limiti. Quando questa attitudine violenta si confronta con atti ancora più violenti come attacchi terroristici, può raggiungere proporzioni irragionevoli. Vale a dire il superamento di ogni logica. È questa l’atmosfera che viviamo oggi, segnata da pregiudizi, razzismo e discriminazione.

Questo è ciò che fa temere ad alcuni specialisti, che studiano queste dinamiche, un possibile ritorno ad atteggiamenti razzisti o addirittura fascisti nei confronti dei musulmani.

Abbiamo a che fare con attori politici che strumentalizzano la situazione senza alcun limite, nella destra e l’estrema destra, e ciò nel vuoto di ogni progetto di mobilitazione che caratterizza il Partito socialista (almeno quello che ne resta) che si posiziona sul terreno della laicità per chiedere un maggiore irrigidimento.

Siamo in un crescendo che inevitabilmente causa vittime collaterali. Il terrorismo strumentalizzato da gruppi come lo Stato islamico e altri, rafforza, tra alcuni attori francesi (politici e media) la sensazione, presunta o provata,  che la Francia sia minacciata nelle sue fondamenta dai portatori di un islam radicale. Questa minaccia offre nuovamente l’opportunità di mobilitare le truppe più facilmente mentre altri fondamenti della Republique e della Francia sono state minacciate “pacificamente” per decenni, e non ci si è mobilitati più di tanto: la questione sociale, i mezzi sempre più carenti per la scuola, per la sanità, ecc … Insomma, ecco cos’è la Francia e cos’è la Republique.

L’attuale pandemia ha chiaramente dimostrato i fallimenti del welfare state e i limiti dei partiti politici che non possono più proporre progetti unificanti che soddisfino i bisogni più elementari: la scuola, l’abitazione, il lavoro, la sicurezza ecc …

La minaccia diventa ancora una volta l’unico strumento unificante, come in tempi di crisi belliche. Ovviamente il danno lo subisce la coesione nazionale e quindi all’unità del Paese. Ma anche si scarica sulle minoranze che bisogna rendere colpevoli per criminalizzarle meglio, in tutto stile “republicaine”.