Niente sanzioni Europee alla Turchia, vince la Merkel e perde Macron, anche l’Italia contraria

Niente sanzioni. Alla fine, al Consiglio Europeo del 10 e 11 dicembre, ha prevalso la linea di Angela Merkel: i 27, nel comunicato conclusivo del vertice, hanno rinviato ogni possibile decisione contro le attività esplorative della Turchia nel Mediterraneo orientale al prossimo vertice di marzo 2021.

Secondo la ricostruzione del quotidiano online Euractiv, la posizione del “no” esplicito ha unito alla Germania solo la Bulgaria; apparentemente contrarie anche Italia, Spagna, Malta e Ungheria: che però hanno evitato contrasti frontali coi proponenti.

La Grecia, che aveva invocato ripetutamente e con enfasi crescente delle sanzioni settoriali contro l’economia turca (soprattutto in materia di energia), è stata seccamente sconfitta; persino la Francia di Macron, anch’egli schierato apertamente contro Erdoğan, avrebbe ammorbidito il suo atteggiamento durante i lavori del summit.

Nel comunicato finale resta però la condanna verbale della Turchia, accusata di “azioni unilaterali e  provocazioni”, più specificamente di “attività unilaterali e provocatorie nel Mediterraneo orientale […], inclusa la Zona economica esclusiva di Cipro”.

Un’ulteriore censura c’è stata poi per la riapertura – contraria alle risoluzioni dell’Onu – della città di Varosha sempre sull’isola di Cipro, disabitata dal 1974 dopo il golpe greco-cipriota e l’intervento armato delle truppe turche.

Le uniche misure concrete adottate sono invece: la decisione di nominare un rappresentante dell’Ue presso la missione dell’Onu incaricata di facilitare i negoziati di riunificazione tra greco-ciprioti e turco-ciprioti; la volontà espressa di un coordinamento con gli Usa – cioè, con la nuova amministrazione Biden – “per quanto riguarda la Turchia e la situazione nel Mediterraneo orientale”.

In più, è stata rilanciata l’opzione – la proposta originaria è proprio di Ankara – di una “conferenza multilaterale sul Mediterraneo orientale”.

Sono quindi evidenti i due approcci diametralmente opposti. Da una parte, ci sono la Grecia e la Repubblica di Cipro – spalleggiate dall’Austria, come dalla Francia – che cercano di trasformare il contenzioso bilaterale con Ankara in un problema europeo; cioè, di ottenere la solidarietà europea per le proprie posizioni. Dall’altra, c’è la Turchia che invece punta alla risoluzione definitiva e mutualmente accettabile di questo contenzioso – demarcazione delle sfere di sovranità marittima, riunificazione di Cipro (o creazione di due Stati distinti) – con una duplice modalità: sia dialogo bilaterale, sia conferenza multilaterale.

Una posizione ribadita nel comunicato del ministero degli Esteri di Ankara pubblicato dopo il vertice di Bruxelles, in cui le autorità turche hanno “espresso la propria disponibilità a iniziare, senza precondizioni, conversazioni esplorative con la Grecia” e invitato greco-ciprioti e turco-ciprioti “a discutere il problema delle riserve di idrocarburi […] e come dividere i proventi”. Come ha poi ha affermato il presidente Erdoğan: “le sanzioni non portano benefici a nessuno”.

Chi prevarrà? La linea oltranzista greca o quella lungimirante turca? E cosa faranno le istituzioni europee da qui a marzo? Spingeranno i contendenti a formule di compromesso, comunque a dei negoziati, oppure in nome della solidarietà tra membri continueranno a mostrare ostilità – ancorché solo retorica – nei confronti di Ankara?

In questo contesto, per l’Italia si apre un ruolo importante di mediazione: invece di rimanere nell’anonimato dell’indolenza politica, un’iniziativa diplomatica concreta potrebbe restituire al nostro Paese quella rilevanza mediterranea da tempo smarrita.