Gli attacchi alla Vergine Maria dimostrano il fallimento di certo femminismo

Tralasciando l’aspetto teologico, la festa dell’Immacolata Concezione dell’8 Dicembre ha visto gli attacchi del femminismo estremista contro la figura della Madonna come nemico.

Questo femminismo vede in qualsiasi etica e moralità legata alla donna come un tentativo di oppressione, con fare quasi maniacale. Dove la donna non è libera di denudarsi, di avere rapporti sessuali occasionali senza tutela e restrizioni, perché limiti “patriarcali”, questi individui sono pronti, con la spada sguainata del politicamente corretto a difesa non della libertà ma di un’altra sottomissione, quella alle passioni, degli istinti, dell’ego.

Come capire questo “odio femminista” dunque, che in questi giorni si è riversato sulla figura della Madonna? Una chiave di lettura interessante è quella del fallimento. Il femminismo nasce sì con intenzioni nobili, come la difesa dei diritti delle donne, troppo a lungo schiacciate da un patriarcato culturale violento e la cui alternativa oggi è divenuta per alcune femministe un matriarcato altrettanto violento.

Col tempo il femminismo diviene però altro, si evolve e cambia a ogni fallimento con quelle che sono chiamate “ondate” di femminismo e con ogni ondata la marea è più alta, più fallimentare e violenta e sotto questa violenza indiscriminata le stesse donne oggi annegano.

Le lotte per il diritto all’educazione diventarono un modo per il capitalismo di tenere sotto il proprio giogo le donne, oggi troppo occupate per crescere i figli che, se avuti, vengono abbandonati in istituti per gran parte dell’infanzia.

Le lotte per la “liberazione sessuale” istituzionalizzano sotto l’egida della libertà gli abusi sessuali delle donne che oggi “liberate” possono denudarsi in TV, su siti porno e sui tabelloni pubblicitari. Almeno sono pagate però. Beh, lo erano prima che i social media rendessero qualche anno fa le visualizzazioni una moneta di scambio portando milioni di donne a mostrare immagini pornografiche di sé stesse gratuitamente, ma “libere” almeno.

Le lotte per il diritto all’aborto sono risultate nel “free sex”, il sesso libero da “preoccupazioni” tipo quella di avere un figlio. Anche sulla vendita del sesso si sono fatti grandi passi avanti, è divenuta più efficiente e più produttiva. Sì, perché oggi una donna che vende il suo corpo per soldi non è vista come una prostituta ma una “sex worker”, tristemente con molti meno diritti di quanto ne avessero le concubine del khanato.

Vedendo questa lista (incompleta) di fallimenti continui è facile capire la rabbia feroce che caratterizza alcune frange estreme del movimento femminista. Se molte aderenti a questo movimenti si illudono di presentare come vittorie i vergognosi fallimenti elencati, altre donne lottano realmente per i diritti per le donne, contrastando il movimento LGBT ed il suo tentativo di rubare alla donna la sua identità come tale e che vuole permettere agli uomini (che si credono donne) di invadere il loro spazio.

Altre denunciano con forza l’industria del sesso e tutto ciò che ne deriva. Altre ancora denunciano la visione denigrante che alcune femministe estremiste hanno della famiglia e della madre. Simbolo, quest’ultimo, di cui la Maria è la rappresentante più forte storicamente e culturalmente e per questo bersaglio numero uno. Per tutti gli altri Maria resta l’esempio numero uno caratterizzato da onore, dignità, castità, passione anche, fede, e sottomissione a nessuno se non a Dio.