Il governo francese contro le donne musulmane

Dopo aver a lungo considerato le donne che indossano il velo come il principale ostacolo alla “laicità”, la Francia continua la sua campagna aggressiva contro la minoranza musulmana del paese, attirando le critiche degli esperti e dando vita ad aspre divisioni all’interno del parlamento.

Il governo francese viene criticato per aver preso di mira le donne musulmane nel paese, dividendo i parlamentari sul tema del divieto del velo che fa parte di una controversa legge cosiddetta anti-separatista, considerata dalle organizzazioni per i diritti come una violazione dei diritti e delle libertà della minoranza del paese.

Prendendo parte ad un dibattito parlamentare, la deputata francese ha sollevato preoccupazioni su come, in Francia, le donne che indossano il velo siano prese di mira.

“Veramente io non capisco perché bersagliamo le donne col velo (in Francia) e non altre cose”, ha detto al parlamento la deputata Annie Chapelier. Le sue osservazioni sono arrivate dopo che il Movimento Democratico (MoDem), alleato del partito La Republique En Marche (LREM) del presidente Emmanuel Macron, ha proposto di aggiungere al disegno di legge un articolo che “vieta agli addetti alle urne di indossare simboli religiosi”.

La proposta ha provocato discussioni in parlamento, e Chapelier, membro del gruppo Agir Ensemble nell’Assemblea Nazionale, ha ricordato che solo il 25% dei votanti si recano alle urne e che alcuni seggi cercano disperatamente operatori elettorali. Ha sottolineato il fatto che il governo stia continuamente sviluppando strategie per vietare alle persone di compiere il proprio dovere civico di prestare servizio come funzionari elettorali.

“Prima che le donne velate fossero presenti alle urne, agli uomini che indossavano la kippah non è stato detto nulla”, ha affermato, aggiungendo che l’attività di scrutinatore dovrebbe essere aperta a tutti, in modo uguale, proprio come la cittadinanza. “Non inventate scuse false per prendere di mira ed accusare le donne col velo che non volete accettare”, ha aggiunto.

Dopo un dibattito durato due ore riguardante questo articolo di legge, la proposta è stata rigettata dal parlamento. La proposta di legge era stata introdotta per la prima volta l’anno scorso da Macron per combattere il cosiddetto “Separatismo islamico”. E’ stata adottata dal Senato il 13 febbraio con molti emendamenti che hanno inasprito le precedenti disposizioni approvate dall’Assemblea nazionale.

L’assemblea ha nuovamente iniziato a discutere il progetto di legge il 28 giugno. La legge vieta ai genitori di indossare simboli religiosi visibili quando accompagnano i loro figli alle gite scolastiche, di indossare il burkini – un costume da bagno che copre interamente il corpo ad eccezione di viso, mani e piedi, indossato da molte donne musulmane – nelle piscine pubbliche e “vietare alle giovani ragazze minorenni di coprire il loro volto o di indossare simboli religiosi negli spazi pubblici”.

All’inizio di maggio, il partito LREM di Macron ha impedito ad una candidata musulmana, Sara Zemmahi, di partecipare ad elezioni locali dopo esser stata vista indossare un hijab mentre distribuiva volantini. Il partito LREM ha asserito che ritiene che la Francia laica non dovrebbe lasciare spazio a simboli religiosi mostrati pubblicamente sui documenti della campagna elettorale.

“Questa donna non sarà un candidato di en Marche”, ha dichiarato il Segretario Generale del partito, Stanislas Guerini, alla radio RTL.

Il volantino raffigura Zemmahi in piedi che indossa un hijab bianco, indossato da molte donne musulmane che lo considerano parte della loro religione, accanto ad altre tre persone. “Diversi, ma uniti per voi”, recita il volantino in riferimento alla diversità.

Jordan Bardella, il numero due del partito di estrema destra di Marine Le Pen, Rassemblement National, ha condannato il LREM, postando su Twitter il messaggio “E’ questo il modo col quale combattete il separatismo?”. Guerini ha immediatamente risposto, dicendo che il volantino doveva essere ritirato o Zemmahi avrebbe perso il sostegno del partito.

“Senza dignità. Correre dietro ai voti (di estrema destra) permetterà solo alle loro idee di prevalere. Quando è troppo, è troppo”, ha twittato la deputata del LREM Caroline Janvier.

In aprile, il Senato francese aveva approvato anche una clausola che proibiva di pregare nei corridoi universitari e vietava le attività religiose che potessero intralciare le attività educative. Secondo la legge “le preghiere nei locali universitari e l’esposizione di bandiere straniere durante i matrimoni” sono proibiti. La legge consente di intervenire nelle moschee e nelle associazioni responsabili della loro amministrazione e di  controllare i finanziamenti delle associazioni e delle organizzazioni non governative (ONG) che appartengono ai musulmani. Riduce anche le scelte educative della comunità islamica impedendo alle famiglie di praticare l’istruzione al proprio domicilio. La legge proibisce inoltre che i pazienti possano scegliere i medici in base al loro sesso, per motivi religiosi o di altro tipo, e rende “l’educazione laica” obbligatoria per tutti i funzionari pubblici.

La legge è stata criticata dalla comunità internazionale, dalle ONG e dalle Nazioni Unite in quanto colpisce ed aliena la comunità islamica ed impone restrizioni su quasi tutti gli aspetti delle loro vite.

L’associazione per i diritti umani Amnesty International aveva già dichiarato che le nuove regole “sono un grave attacco ai diritti e alla libertà in Francia”.

“Abbiamo visto più volte le autorità francesi utilizzare il concetto vago e non ben definito di ‘radicalizzazione’ o ‘Islam radicale’ per giustificare l’imposizione di misure senza validi motivi, che rischia di portare a discriminazioni nella sua applicazione contro i musulmani e contro altre minoranze”, ha affermato il ricercatore di Amnesty International Europe Marco Perolini, aggiungendo che “questa stigmatizzazione deve finire”.

La Francia aveva annunciato la legge anti-islamica dopo l’efferata uccisione di un insegnante francese avvenuta nell’ottobre dello scorso anno da parte di un sospetto diciottenne di origine cecena. Il teenager ha aggredito Samuel Pati in pieno giorno, uccidendolo davanti ad una scuola a Conflans-Saint-Honorine, un sobborgo a circa 15 miglia (24 chilometri) dal centro di Parigi. Alcuni giorni dopo l’omicidio, il governo ha dato inizio ad un giro di vite contro le organizzazioni islamiche, mentre gruppi di vigilanti hanno attaccato le moschee.

La proposta di legge, chiamata “Sostegno ai Principi Repubblicani”, non fa riferimento diretto né all’Islam né all’islamismo, per evitare la stigmatizzazione dei musulmani. Presentando il disegno di legge sulla lotta al separatismo, il premier Jean Castex ha precisato che “non si tratta di un testo contro le religioni o contro la religione islamica in particolare”. Ha asserito che è “un atto di libertà, un atto di protezione, un atto di emancipazione dal fondamentalismo islamista” o da altre ideologie che perseguono gli stessi obiettivi.

Macron è diventato una figura molto odiata in alcuni paesi islamici dove numerosi prodotti francesi sono stati boicottati dopo che il presidente francese ha difeso le provocatorie caricature di Charlie Hebdo che attaccano il profeta Mohammed. E’ stato anche costretto a difendersi da alcuni titoli critici apparsi su influenti media in lingua inglese come il Financial Times e il New York Times. I musulmani di Francia – le cui ex-colonie comprendono paesi prevalentemente islamici dell’Africa settentrionale e occidentale e del Medio Oriente – costituiscono circa il 6% della popolazione.

Da quando è stata annunciata la proposta di legge, si è assistito ad un incremento nelle aggressioni contro le moschee nel paese. Mentre alcune moschee hanno subito attacchi incendiari, altre hanno avuto i muri imbrattati con slogan islamofobici.

Rachida Kabbouri, una delle più importanti responsabili dei sondaggi durante le elezioni regionali francesi del 20 giugno, è stata retrocessa dal suo incarico per aver indossato il velo. Kabburi, un consigliere municipale musulmano di Ecologia Europa – il partito dei Verdi (EELV) a Vitry-sur-Seine, nella grande regione parigina dell’Ile-de-France – era stata nominata capo di un seggio elettorale nel dipartimento di Val-de-Marne durante il primo turno delle elezioni. Parlando ai media francesi dopo l’accaduto, ha detto di aver “provato un senso di ingiustizia ed esclusione fino alle lacrime”.