In moschea a Parma abbiamo fatto il massimo in un clima difficile: la replica dell’ex presidente

A seguito dell’articolo pubblicato su questo giornale da Mohamed Amin Attarki sulla situazione della comunità islamica di Parma, riceviamo e pubblichiamo la replica di Farid Mansouri, fondatore ed ex presidente dell’Associazione Comunità Islamica di Parma e Provincia. 

La sede dell’associazione Comunità Islamica di Parma e Provincia, una tra le prime sedi aperte sul territorio italiano, è stata chiusa il giorno 05/03/2021, per la prima volta nella storia della Comunità a causa di una quantità di problemi interni ed esterni e di alcuni disaccordi provocati da poche persone. Diversamente da come raccontato da Attarki, non ci sono state lotte tribali, che hanno portato alla catastrofe che la comunità vive oggi. Vorrei sottolineare che la maggior parte dei musulmani non ha voluto assumersi le sue responsabilità, ed il menefreghismo di molti ha dato spazio e favorito le azioni malefiche di chi ha interesse personale o ideologico o è stato influenzato da agenti esterne. 

Ho personalmente sofferto per queste fazioni e conflitti dal primo giorno in cui fondai l’associazione nel 2001 poichè in passato la sede di Parma era sede dell’UCOII; contratto d’affitto e fatture erano intestate all’UCOII. Dico questo per correttezza e per farlo sapere a chi nega la verità e la storia del nostro Centro Islamico. Vorrei ricordare che in passato non abbiamo passato bei tempi come direttivo e comunità attraversando le due guerre del Golfo, l’11 settembre, l’invasione dell’Afghanistan e l’Iraq e la lotta contro il terrorismo; tempi in cui nessuno aveva il coraggio di candidarsi alla guida di un Centro Islamico ma, solo chi aveva fede e coraggioci metteva la faccia.

Noi come fondatori abbiamo iniziato da zero con enormi disagi, elencati in precedenza, e soprattutto siamo partiti da una realtà interna disorganizzata, non omogenea, divisa con tutto il mondo esterno contro a causa degli attentati terroristici che avvenivano in varie parti del mondo. Uno stato di cose che ci hanno reso la vita difficile e ci ha discriminati. Nonostante tutto abbiamo affrontato la realtà con coraggio e determinazione e siamo riusciti a stabilire relazioni molto forti con le istituzioni religiose: il Consiglio delle chiese di Parma, la Comunità di Sant’Egidio) e civili: le amministrazioni locali, le scuole, l’università, i sindacati e le associazioni  come l’AVIS, Il Borgo, gli Scout e tanti altri. Sono orgoglioso di essere membro fondatore del Forum interreligioso di Parma.

La sincerità, la nostra serietà e la voglia di fare per la via di Allah ha dato vita ad un grande progetto e alla conquista della nuova sede di Via Campanini dopo circa 35 anni vissuti in locali piccoli e non dignitosi e decorosi; è stato un risultato che ha dato una grande soddisfazione a tutta la Comunità e reso molto felice tutti i musulmani della zona e di tutto il territorio. Questo progetto era accompagnato da attività di tipo sociale, culturale, educativo e religioso e rafforzato per la prima volta in Italia con un patto di cittadinanza siglato con il Comune di Parma e il Protocollo di attività tra Associazione Comunità Islamica di Parma e Provincia e Amministrazione Comunale di Parma.  

Protocollo che prevede numerose attività a favore della comunità e della cittadinanza come servizi di consulenza e traduzione, corsi di lingua italiana, attività di carattere culturale, l’istituzione di una Biblioteca multiculturale nella nuova sede e la promozione dell’affido omoculturale dei minori provenienti da Paesi a maggioranza musulmana. 

Dopo l’acquisizione della nuova sede non abbiamo mai avuto pace. E’ stata una lotta ininterrotta contro i dissidi interni e, a livello giudiziario contro i vicini appoggiati dalla Lega. Vi dico sinceramente non invidio mai un direttivo messo in quella situazione tra l’incudine e il martello.

Chi ha scritto l’articolo intitolato “I musulmani di Parma ostaggi ecc…” è stato membro del direttivo successivo, con uno stipendio mensile, e ha fallito la sua missione, visto che dopo due anni non è stato confermato, nel direttivo successivo durato 3 mesi; è stato chiamato a farne parte ma, dopo una riunione si è ritirato. E’ stato membro ufficiale nel direttivo che ha causato la chiusura della sede e ha favorito, fino alla fine, il presidente e non si è unito alla maggioranza della comunità che voleva la dimissione del direttivo fallito.

Noi siamo intervenuti perché è nostro dovere ripristinare l’ordine all’interno della nostra Comunità e difendere la nostra sede; siamo i padroni di casa consapevoli e impegnati a conservare il bene comune valutando chi può portare avanti il nostro progetto e chi ci garantisce il nostro futuro e il futuro dei nostri figli.

Il prossimo direttivo avrà un compito molto difficile con sede chiusa, cassa vuota, comunità senza sala preghiera, tutte le attività sono sospese, l’impegno per individuare la nuova sede, la raccolta dei fondi, avere Ramadan alle porte, insomma conflitti interni da risolvere riunire la comunità ecc…..

Anziché augurare il bene a chi accetta un incarico pesante come questo, gratuitamente si semplifica tutto in uno scritto animato da una volontà di rivalsa personale.