La mannaia dell’omologazione si abbatte sulla cultura russa

L’Ukrainian Film Academy chiede a gran voce al settore internazionale di boicottare il cinema russo e il settore rispende ubbidiente. Così Disney, Sony, Warner e Universal, e il mercato blockbuster in genere, ritirano i propri film dal mercato russo

European Film Academy e  i Festival di Toronto e Cannes escludono film e delegazioni russe, comprese le coproduzioni di altre nazioni. 

Tutto quanto cui stiamo assistendo lascia impietriti. 

Per noi che usiamo la parola, dover ammettere “ho finito le parole”  è letteralmente disarmante. 

Anna Maria Ortese, in “Corpo Celeste“, pubblicato nel 1997, aveva scritto «Solo qualche volta mi sento di appartenere alla specie umana». Ecco, quello che sta accadendo intorno a noi, dalla pandemia globale a questa guerra, mi fa ritrovare in queste parole: dove sta la specie umana!

In questo stesso libro, in cui l’Autrice riflette sulle modificazioni del mondo e dell’uomo dopo la Seconda Guerra Mondiale, sovente usa il binomio “morte e omologazione“. 

Morte e omologazione. La globalizzazione non è un concetto in atto da quando abbiamo introdotto l’espressione nel commercio linguistico quotidiano, la globalizzazione è una vecchia agenda che ha sempre mirato a spazzare dal panorama la storia degli Stati che non intendono abdicare alla propria sovranità e che con fierezza, orgoglio e onore difendono, insieme alle proprie risorse naturali e minerarie e i propri interessi economici, anche la propria identità culturale e linguistica e i propri valori etnici.

Dallo scioglimento del Patto di Varsavia nel ‘91 la Nato, con la complicità silenziosa di Occidente e l’UE, non ha mantenuto nessuno degli impegni garantiti di non espansione militare verso la Russia.

«Vivere non significa consumare, e il corpo umano non è un luogo di privilegi. Tutto è corpo, e ogni corpo deve assolvere un dovere, se non vuole essere nullificato: deve avere una finalità, che si manifesta nell’obbedienza alle grandi leggi del respiro di tutti gli esseri viventi. E queste leggi, che sono la solidarietà con tutta la vita vivente, non possono essere trascurate. Noi, oggi, temiamo la guerra e l’atomica. Ma chi perde ogni giorno il suo respiro e la sua felicità, per consentire alle grandi maggioranze umane un estremo abuso di respiro e di felicità fondati sulla distruzione planetaria dei muti e dei deboli – che sono tutte le altre specie -, può forse temere la fine di tutto? Quando la pace e il diritto non saranno solo per una parte dei viventi, e non vorranno dire solo la felicità e il diritto di una parte, e il consumo spietato di tutto il resto, solo allora, quando anche la pace del fiume e dell’uccello sarà possibile, saranno possibili, facili come un sorriso, anche la pace e la vera sicurezza dell’uomo.» (idem)

Morte e omologazione non risparmiano nulla. E la mannaia dell’ostracismo si abbatte sull’espressione culturale russa tout court: dallo sport, all’intrattenimento, alla cultura alta.

L’Ukrainian Film Academy chiede a gran voce al settore internazionale di boicottare il cinema russo e il settore rispende ubbidiente. Così Disney, Sony, Warner e Universal, e il mercato blockbuster in genere, ritirano i propri film dal mercato russo

European Film Academy e  i Festival di Toronto e Cannes escludono film e delegazioni russe, comprese le coproduzioni di altre nazioni. 

Cannes specifica, inoltre, che il divieto si estende a chiunque sia affiliato in qualche modo col governo russo, e, mentre mette in atto questa bieca e insensata forma di discriminazione, subito, la giustifica con un comunicato in cui la direzione del festival ricorda che la loro storia si contraddistingue per essersi opposta fin dalla sua nascita alle selezioni ideologiche e alle censure dei governi fascisti allo scoppio della prima guerra mondiale.

Come chiamare questo comportamento schizofrenico! Il tratteggiamento di Hegel de Il nipote di Rameau di Diderot lo definisce disgregazione della coscienza infelice.

E così, niente film russi anche per il Stockholm Film Festival.

E il Glasgow Film Festival ha ritirato i due titoli russi in programma. Glasgow! Città che si era sempre distinta nella sua storia come polo culturale per la libera espressione delle arti di ricerca nelle varie sezioni, ospitando indimenticabili performance. Una per tutte, l’esibizione Dust della compagnia del danzatore e coreografo Akram Khan.

Di seguito, siamo venuti a sapere che anche l’omaggio al regista Karen Georgievich  in programma al Museo del Cinema di Torino è stato annullato.

E che il direttore d’orchestra Valery Gergiev, che avrebbe dovuto dirigere La Scala, è persona non grata. In quanto russo.

E che l’Università Bicocca di Milano, dopo il ridevolissimo annuncio di cancellare il corso di Paolo Nori su Fedor Dostoevskij, ha dovuto reinserirlo per le polemiche divampate.

E che il Teatro Govi di Bolzaneto – Genova – rinuncia ad ospitare il III Festival Internazionale di musica e letteratura russa.

Buona parte del mondo intellettuale internazionale a questo punto ha dovuto prendere atto che le sanzioni, più che economiche, a tutta evidenza sono culturali.

E poi lo sport. L’Unione Ciclistica Internazionale revoca le licenze a Russia e Bielorussia, cancella gli eventi previsti nelle due nazioni e ne esclude la partecipazione al resto degli eventi. 

Tutte le nazionali sportive russe saranno escluse dai mondiali e dalle competizioni internazionali. Spartak Mosca dalla Champions, le squadre russe di basket sospese dall’Eurolega e dall’Eurocup. 

Gli atleti provenienti da Russia e Bielorussia non potranno partecipare alle Paraolimpiadi invernali del 2022 di Pechino. Perfino!

La FIDE, l’organo di scala mondiale degli scacchi, ha bandito Russia e Bielorussia dalle Olimpiadi degli Scacchi e dallo svolgimento di tutte le competizioni ed eventi scacchistici ufficiali. In aggiunta, ha imposto la rimozione delle loro bandiere dagli eventi classificati, l’inibizione dell’inno nazionale e la cancellazione di tutti gli accordi di sponsorizzazione con società russe o bielorusse.

E per quanto riguarda concerti e cantanti, il tour russo dei Maneskin è stato cancellato e escluso anche il cantante russo previsto al Eurovision Song Contest. 

Inoltre, i toni dei premier degli Stati che si dichiarano contro la Guerra, ma soprattutto contro Putin e contro la sua (di lui) guerra, non si sono distinti per l’uso di toni da pacieri! A parte, sembrerebbe, la Turchia.  Non lo è stato, certo, l’atteggiamento dei funzionari che rappresentavano l’Unione europea, che hanno lasciato l’aula, tutti compostamente in fila da bravi scolaretti, quando il Ministro Lavrov ha cominciato a parlare.

E in generale, nessuno si è differenziato per vere azioni di mediazione e parole di buon senso. Compresi i toni dei giornalisti, stampa e video, del mainstream, come se l’indicazione ricevuta non fosse soltanto di occultare la realtà e sceneggiare i fatti, ma anche esplicitamente di fomentare sentimenti divisivi e fanatici.

Ma ciò che ha superato anche le immaginazioni più deviate, è stato il rivoltante comportamento di Facebook e Instagram che, come divulgato dall’agenzia Reuters, hanno modificato le regole sull’incitamento all’odio, permettendo a chiunque di pubblicare sui social post violenti contro la Russia, di scrivere messaggi d’odio, insulti e minacce contro i russi  e, perfino, consentendo post in cui si inneggia alla morte del presidente russo Vladimir Putin e del presidente bielorusso Alexander Lukashenko.

Dove sta la specie umana!

Unica eccezione al provvedimento di ostracismo, che evidentemente non si estende ai prodotti i cui diritti sono già stati acquistati, rimane il cartone animato Masha e Orso in programmazione sulle reti occidentali.

Il Fare Cultura di un popolo, di qualsiasi Popolo senza alcuna distinzione, con qualsiasi mezzo lo produca,  si tratti del poema più raffinato, della sinfonia più cristallina, o della tela di fibra cruda tessuta sulla parete di fango di un villaggio aborigeno, è Cultura. 

E, pertanto, Patrimonio comune e inalienabile dell’Umanità. 

Nessuno, può decidere di sopprimere dalla storia della cultura alcun lascito all’Umanità.

«Per quelli che videro il cielo e mai lo dimenticarono,

che parlano al di sopra dell’emozione, dove l’anima è calma,

che non credono ai partiti, alle classi, ai confini, alle barriere, alle armi, alle guerre,

che nel denaro non hanno riposto alcuna parte dell’anima e quindi sono incomprabili

per quelli che vedono il dolore, l’abuso, vedono la bontà o l’iniquità, dovunque siano 

e sentono come dovere il parlarne.

Per i cercatori di silenzio, di spazio, di notte che è intorno al mondo, di luce che è intorno al cuore,

per quelli che attraversano questa vita lieti come fanciulli e vigili come madri

(…)

La Libertà è un respiro.»

(Anna Maria Ortese,Corpo Celeste”)