Fede e autismo: c’è bisogno di più inclusione nelle moschee

In questo articolo pubblicato sul sito USA  The Muslim Vibes, il collettivo di Black Muslims Sapelo Square, affronta la questione dell’inclusione delle persone affette da autismo nelle moschee attraverso la testimonianza di una madre musulmana.

Per anni questa donna ha lottato per trovare uno spazio spirituale sicuro, esplorando vari contesti islamici e comunitari per soddisfare le esigenze di suo figlio. Un imam di periferia le ha suggerito addirittura di “legare suo figlio” dopo aver assistito ad uno dei suoi episodi più violenti. Scioccata, “SubhanAllah!” è stata l’unica risposta che è riuscita a trovare.

“L’autismo, o disturbo dello spettro autistico (DSA), è riferito ad un’ampia gamma di condizioni caratterizzate da difficoltà nell’interazione sociale, comportamenti ripetitivi, nel linguaggio e comunicazione non verbale… Non vi è una sola forma di autismo ma ne esistono molti sottotipi, e ogni persona con autismo possiede punti di forza e sfide uniche”.

Mio figlio, Khari, non parlava quasi mai fino all’età di quattro anni. Poi ha manifestato ecolalia (ripetizione non richiesta di frasi che si ascoltano) fino all’età di sette anni e stemming (movimenti ripetitivi del corpo). Per lo più, roteava attorno a se stesso e, per calmarsi, aveva bisogno di essere tenuto vicino. Quando si trovava a scuola ogni tanto gli mettevano addosso un giubbotto zavorrato per farlo rilassare e confortarlo. Khari fuggiva dalla famiglia, dalla classe o dalla scuola senza alcun preavviso.

L’episodio peggiore è avvenuto quando aveva otto anni: Khari è saltato giù dal sedile posteriore della nostra auto, si è strappato la maglietta e le scarpe ed è scappato attraversando quattro corsie di traffico, in una delle arterie più frequentate del Distretto di Columbia. Tra gli 8 e i 10 anni ha avuto problemi ad andare in bagno, aggravati da problemi digestivi. Inoltre era incline a scoppi di violenza: graffiava, prendeva a pugni e mi colpiva alla testa, non lasciandomi altra scelta che bloccarlo.

Molte difficoltà derivano dalla generale mancanza di comprensione e conoscenza dell’DSA nella comunità musulmana. Per citarne solo una, la separazione dei sessi negli spazi sacri rappresenta una sfida per i genitori di bambini con bisogni speciali. Khari è sempre stato piuttosto alto per la sua età, il che suscitava sguardi strani ogni volta che mi accompagnava nella sezione femminile della musallah (spazio di preghiera). Né il mio ex-marito né i miei parenti maschi frequentavano il masjid con me, il che rendeva impegnativo frequentare e partecipare. Non c’era nessuno di cui mi potevo fidare che si potesse prendere cura di mio figlio nella sezione dei fratelli, data la possibilità di un suo comportamento iperattivo e imprevedibile.

Inoltre, la mancanza di servizi igienici familiari in molte masjid ha reso difficile la cura di mio figlio. Spesso dovevo occuparmi degli incidenti che poteva avere nel bagno delle donne. Le sorelle erano generalmente contrariate da questa situazione. Per evitare di creare disagi, a volte sceglievo di disturbare i fratelli prendendomi cura di mio figlio nel bagno degli uomini mentre un fratello maggiore stava di guardia fuori per garantirci la privacy. Sebbene non mi sia mai capitato che qualcuno mi negasse apertamente l’accesso ad una moschea o ad un’attività della comunità, spesso mi sentivo in imbarazzo e mi vergognavo per qualsiasi disturbo che avremmo potuto causare.

Crescere un figlio con autismo può essere una sfida per molti genitori e ho scoperto di non essere la sola a desiderare un cambiamento nella consapevolezza e nell’inclusione degli spazi della comunità islamica. Halimah Davenport, ingegnere nell’area di Washington DC, ha dovuto affrontare gravi difficoltà dopo che a suo figlio di 8 anni è stato diagnosticato un DSA.

Ha lottato per anni per trovare uno spazio spirituale sicuro, esplorando vari ambienti islamici e comunitari per soddisfare le esigenze di suo figlio. Un imam di periferia le ha suggerito di “legare suo figlio” dopo aver assistito ad uno dei suoi episodi più violenti. Scioccata, “SubhanAllah!” è stata l’unica risposta che è riuscita a trovare. Anche se in seguito è riuscita a trovare una moschea più solidale, continua comunque a limitare il coinvolgimento di suo figlio per evitare di mettere a disagio gli altri.

Anche Kaaronia Evans-Ware, autrice e ricercatrice, ha un bambino di 8 anni autistico. Ha spiegato: “Nella maggior parte dei casi i nostri bambini sono benvenuti nel masjid, quindi ad un primo impatto ho sperimentato ciò che desideravo: un travolgente senso di appartenenza”. Tuttavia, suo figlio è verbale e piuttosto vocale, quindi immancabilmente durante il sermone del venerdì mostra ecolalia.

“Anche se i bambini intorno fanno rumore, il rumore che produce mio figlio di solito allarma chi è vicino… Molto spesso mio marito lo prende con sé in modo che io possa pregare in pace, ma questo significa che il suo tempo viene speso per assicurarsi che nostro figlio non sbatta contro i fedeli vicini, tra le altre cose”.

Nel Sacro Corano, Allah ordina ai credenti di non guardare dall’alto in basso, etichettare o ridicolizzare gli altri perché “forse questi sono migliori di loro” (49:11). Credo che la creazione di spazi comunitari inclusivi sia in linea con l’essenza dell’Islam e inizi con la sincera convinzione che tutti i membri della comunità meritino accesso e sostegno. Sebbene le comunità religiose in genere non siano obbligate a rendere i propri spazi accessibili ai sensi del Americans with Disabilities Act, le comunità islamiche dovrebbero adoperarsi per garantire che tutti i servizi e i programmi riflettano la diversità dei loro membri.

La sorella Kaaronia aggiunge: “La maggior parte degli eventi del masjid sono pensati per bambini non affetti da DSA, quindi raramente questi partecipano assieme ad altri bambini. Non ci sono maltrattamenti palesi, ma solo una mancanza di considerazione o di interesse”.

Queste esperienze non sono rare poiché il numero di famiglie che soffrono di DSA è in continuo aumento. Nel 2018, si stima che a 1 bambino su 59 negli Stati Uniti sia stato diagnosticato l’autismo.

Ecco alcuni modi coi quali gli spazi spirituali possono essere più accoglienti e inclusivi per i bambini con DSA e per le loro famiglie:

  • Creare consapevolezza attraverso sermoni, workshop, materiali, ecc.
  • Consultare qualcuno alle famiglie con bambini autistici per capire meglio quali sono gli adattamenti necessari affinché le attività possano accogliere tutti i giovani.
  • Considerare un programma di adozione di una famiglia, col quale gli anziani di fiducia possano essere un secondo paio di occhi per il bambino DSAdurante la preghiera e le attività della congregazione.
  • Fornire un bagno per famiglie che consenta ad un genitore di occuparsi del proprio figlio di sesso opposto. Creare un’area lounge tranquilla che offra una pausa sensoriale ad un bambino con DSA e possa anche supportare le madri che allattano, quando necessario.
  • Esaminare l’eccellente lavoro già svolto da organizzazioni come Muhsen e MACE.

Dio ci ha promesso che “per ogni difficoltà c’è una facilità” (94:5). Grazie alla Sua misericordia, mi sono risposata e mio marito è stato eccezionale con Khari. Il nostro gruppo spirituale è diventato come una seconda famiglia per noi e ci aiuta a superare le transizioni più agevoli quando preghiamo in congregazione. Mio figlio è stato accettato e accolto in quasi tutte le masjid di quest’area. Anche se non ci sono programmi specifici o sistemazioni per i bambini con bisogni speciali, l’atmosfera è familiare e accogliente.

Di recente, è aumentata la consapevolezza in merito alla salute e al benessere mentale, ma i genitori che si occupano di bambini con bisogni speciali raramente sono inclusi in queste discussioni. E’ giunto il momento non solo di creare consapevolezza sull’autismo, ma anche di rimodellare la nostra cultura sociale in modo da offrire sicurezza, sostegno e comprensione.