Ecco perché dopo tanti anni potrei tornare a non votare

Ad un mese dalle Elezioni Politiche 2022 avverto come un reflusso gastroesofageo che mi porta ad un riflusso nel privato. E’ 30 anni che seguo la politica e per la seconda volta potrei passare all’astensionismo. 

Piccola premessa, vengo irreversibilmente da sinistra e per me la proposta politica del centro-destra, con tutto il dovuto rispetto, non esiste. Però lo spettacolo indegno messo in scena quest’estate dal centro-sinistra è il peggiore che ricordi da quando seguo la politica.

Ho acquisito il diritto al voto quando stava per scendere in campo Berlusconi e da allora la mia parte politica paventa sempre un imminente pericolo all’orizzonte per scongiurare il quale, più o meno direttamente e da 30 anni, ti viene chiesto di votare il centro-sinistra anche se oggettivamente non se lo merita. Questa volta è una delle volte che non credo di farcela a votarli. 

La scomparsa della sinistra e del sindacato

Sotto i colpi della Caduta del Muro di Berlino (9/11/89) e della sottoscrizione del Trattato di Maastricht (7/02/92) venne giù la Prima Repubblica, con la Svolta della Bolognina (12/11/89) che mandò in pensione il Partito Comunista e con l’inchiesta Mani Pulite (17/02/92) che mandò in galera la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista. Però i tanti nani e ballerine di adesso non reggerebbero mai il confronto con un paio di politici a caso tra quelli anziani della prima repubblica. 

Io seguivo mio padre nei momenti costitutivi di Rifondazione Comunista, non ricordo un altro minorenne oltre a me, ma ricordo come fosse ieri chi portava in dote Democrazia Proletaria e chi per anni tenne un piede lì e l’altro nel PDS (poi DS, ora parte del PD). Ricordo poi il giudizio “sospeso” di mio padre in merito alla svolta “concertativa” del sindacato salutata con gioia anche nel corso di Economia ed Organizzazione Aziendale alla Facoltà di Ingegneria Informatica a Napoli.

Ivi si incitava alla guerra contro il posto fisso mentre in realtà si preparavano finti ingegneri che sarebbero diventati impiegati precari. Poi oggi tutti parlano del ruolo delle nuove tecnologie e della digitalizzazione. 

Per anni alla nostra destra sembravano andare tutti in galera e questo ci dava un senso di superiorità morale (almeno in parte giustificato) ed anche l’idea (totalmente infondata) che forse con la svolta liberale stava arrivando il nostro momento di andare al governo (non è mai stata una mia idea ma di chi mi circondava). Con la discesa in campo di Berlusconi la batosta fu colossale e quasi nessuno si accorse invece del danno arrecato al paese con l’autodistruzione della sinistra e del sindacato.

Dall’antiberlusconismo al neo-antifascismo gender fluid

Dalle mie parti politiche la seconda repubblica è stato quel periodo di vuoto (politico) trascorso a demonizzare Berlusconi, alternandosi al potere con lui senza però fare mai meglio del Cavaliere, anche avendo in comune con lui un membro della famiglia Letta come sottosegretario a Palazzo Chigi. Ricordo ancora il Congresso per i 100 anni della CGIL (2006) che in pratica era una campagna elettorale per Prodi (altro che “Il sindacato deve essere indipendente dalla politica”), demonizzando Berlusconi e la riforma delle pensioni di Maroni. A Palazzo Chigi ci andò Prodi, al Ministero del Lavoro Damiano (DS-CGIL) e la riforma rimase sostanzialmente invariata, fu anzi anticipata di un anno (con mezzo sindacato che occupò diverse poltrone, tra cui la seconda e la terza carica dello Stato).

All’epoca passai coi Cobas e a proporre la “nuova” riforma in assemblea, nel mio luogo di lavoro, venne niente poco di meno che Guglielmo Epifani, allora leader maximo della CGIL. Non mi parve vero di potergli rinfacciare di aver semplicemente sostituito gli “scaloni” di Maroni con gli “scalini” di Damiano, oltre ad essersi inchinato ai fondi pensione privati. Non servì a nulla ma ebbi il mio momento di gloria (come unico voto contrario al referendum sindacale, non certo per il mio intervento incomprensibile per i più).

Non ricordo da quando avevo smesso di votare, dopo un paio di schede bianche o annullate, ma a riportarmi alle urne fu l’antipolitica di Grillo anche se non proprio da subito. Per me è stata una cosa a metà tra il voto di protesta e il desiderio di “mandare tutti a casa”.  

Primo partito in Italia nel 2013 (esclusa la circoscrizione estera) con oltre il 25% dei voti alla Camera, primo partito assoluto e seconda coalizione nel 2018 (sempre correndo da soli) con oltre il 32% complessivo, il M5S ha avuto il merito di spezzare il finto bipolarismo italiano e di inaugurare la cosiddetta terza repubblica, per poi denudarsi una volta al governo. Passato da un esecutivo con la Lega ad uno col PD con la facilità con cui si cambiano le mutande, l’effervescenza del M5S è stata riassorbita dal sistema in soli 3 anni di potere.  

Cosa ha fatto il centro-sinistra in questo frangente di antipolitica? Si è inventato il pericolo del neofascismo, ha finto di perseguire lo ius soli ed ha abbracciato la nuova tendenza della fluidità di genere. Complimenti!

E cosa ho fatto io non appena Di Maio nel 2018 ha siglato il contratto di governo con Salvini? Sono uscito all’istante dalla piattaforma Rousseau, mi sono guardato intorno e dopo un po’ ho iniziato a seguire la proposta politica di Stefano Fassina, orfano del PD renziano e causa del mio “ritorno” alla politica. Sono stato con lui fino alle primarie 2021 del centro-sinistra a Roma, che possono essere considerate un po’ il suo funerale politico (auguro a Stefano un futuro da intellettuale).

Nel mio caso invece, nel municipio Roma V, la mia candidatura destò un certo interesse perché avevo dato voce agli immigrati, agli ultimi, mentre nella carta degli intenti delle primarie si dava risalto ai diritti degli animali e delle persone lgbt

Cosa sono ora?

Ad un certo punto della mia vita sono diventato musulmano e questo non ha fatto altro che aumentare il mio essere politicamente un po’ una pecora nera. Mi ha sempre dato fastidio chi mostra simpatia per la mia conversione guardandola da un’ottica anticattolica (pur non essendo il dialogo interreligioso una mia prerogativa). Non minore antipatia provo nei confronti di chi finge invece indifferenza alla cosa per dissimulare il suo fanatismo laicista (che è la religione dominante nel centrosinistra). La mia compassione va a chi mi vede come il male. 

Dopo l’esperienza delle primarie a Roma, avendoci provato gusto nella competizione elettorale, mi sono candidato alle amministrative 2021 col partito DemoS (nato dall’attività sociale della Comunità di Sant’Egidio), a cui sono iscritto anche per il 2022. Il pessimo risultato che ho ottenuto mi ha però fatto capire che non sono proprio una potenza elettorale. Mio padre mi chiamò e mi chiese “Se ho capito bene tu hai rivolto la tua campagna elettorale ai non aventi diritto al voto. Ma io ti ho fatto studiare ingegneria, giusto?” (sono stato piacevolmente preso per i fondelli anche a Propaganda Live).

Il mio 2022 è stato caratterizzato dal ricovero in terapia intensiva per covid-19, dai successivi mesi di riabilitazione e dalla nausea nel vedere il centro-sinistra in lutto per la caduta del governo “di tutti” e fare a gara a chi è il legittimo erede della venerata Agenda Draghi. 

Siamo solo noi

In questi giorni guidando per Roma sono rimasto sconvolto da alcuni cartelli elettorali del PD (in vero della lista del PD che ospita anche candidati di partiti piccoli come il mio attuale). Quello che mi è rimasto più impresso reca la promessa di 500 mila nuove abitazioni a canone concordato. Roma non è la mia città natale ma ci vivo da abbastanza tempo per sapere cosa è stata l’epopea dei palazzinari dell’era Veltroni. Da sempre rifuggo la sudditanza al pensiero neoliberale che ha infettato il centro-sinistra negli ultimi 30 anni e leggendo certi manifesti elettorali (su temi come la casa e il lavoro) ho avvertito come un reflusso gastroesofageo. 

Ad un certo punto dall’autoradio parte un giro basso che può essere considerato epico nel panorama della musica italiana. Era il memorabile attacco di Siamo solo noi di Vasco Rossi ed i miei pensieri sul deprimente scenario politico si sono fusi con la mia maniacale conoscenza della produzione musicale che ascolto. Si tratta di una canzone del 1981 che io ho ascoltato tantissimo una decina di anni dopo nella versione live del disco Fronte del Palco.

Nel 1981 avevo 6 anni e non ho vissuto direttamente né la stagione politica del riflusso né questo vero e proprio inno generazionale. A riascoltarlo ora sembra la colonna sonora di chi a tutto potrebbe credere tranne che alla politica, la canzone di noi che “non abbiamo più niente da dire, non vi stiamo neanche più ad ascoltare” di quella “generazione di sconvolti che non ha più santi né eroi”. Molte frasi di tutto il disco, che prende il titolo da questa canzone, potrebbero essere rilette in chiave antipolitica a testimonianza che le ispirazioni artistiche possono riuscire a leggere i tempi e, contemporaneamente, a cogliere qualcosa di atemporale.

E fu così che, tra un manifesto elettorale e una canzone, il reflusso mi si convertì in riflusso e l’idea di tornare a non votare ha iniziato a farsi largo in me…