Anche il terremoto è colpa di Erdogan: come opposizione turca e stampa italiana speculano sulla tragedia

Il 6 febbraio scorso due dei più impetuosi terremoti dell’ultimo secolo si abbattevano sull’Anatolia Orientale e la Siria Nord Occidentale.

Un’energia potentissima – pari ognuno ad oltre 130 bombe atomiche – sprigionata ad appena 20 chilometri di profondità nei pressi della città di Kahramanmaraş, nel sud est della Turchia.

I numeri del “disastro del secolo” in Turchia sono 6.500 palazzi crollati, oltre 40.000 vittime, interi centri storici letteralmente sbriciolati,  strade, autostrade e ferrovie ribaltate e spezzate, milioni di sfollati e profondi danni strutturali su di un’area pari alla Germania attuale. Uno scenario apocalittico.

Già dalle prime ore successive al potente sisma notturno, in Turchia la macchina delle operazioni di soccorso era stata dispiegata secondo il nuovo modello centralizzato e coordinato dal AFAD – AFet ve Acil Durum Yönetim Başkanliği –  l’agenzia governativa turca per i disastri e le emergenze.

Nonostante le difficoltà logistiche dovute ai gravi danni alle infrastrutture e grazie alla collaborazione tra i dipartimenti statali, le forze speciali e le ONG, oltre 35.000 addetti alla ricerca e soccorso affiancati da altre circa 10.000 unità del personale di ricerca e soccorso giunti da paesi esteri – tra cui l’Italia –  si sono messi all’opera nelle provincie affette con una tempistica lampo.

Ad oggi operano nella regione un totale di 400.000 addetti, secondo un sistema volto non solo a fornire assistenza di prima necessità, ma a lenire e supportare psicologicamente gli sfollati in questa dura prova, una nota di merito va all’assistenza per i bambini, con attività ricreative e didattiche in spazi dedicati e personale specializzato.

Certi politici e giornalisti di sinistra tuttavia infuriano ad alta voce, chiedendo al governo di scacciare gli Imam e mandare gli psicologi.

In merito alla rassegna stampa, TV e web si è subito notato il sorgere di una sistematica disinformazione dai toni estremi e fortemente politicizzati. In beffa all’emergenza e al lutto nazionale, l’ingranaggio della spietata propaganda anti-Erdoğan e anti-islamica si è messo in moto in Turchia, rimbalzando in un batter d’occhio sul mainstream internazionale.

La polemica contro il governo e contro i musulmani, incentrata su narrazioni falsate e fake news rilanciate sui social media, ha creato non pochi ostacoli ai coordinatori degli aiuti e causato fatali rallentamenti nei soccorsi, a volte con perdita di vite umane.

La volontà di cavalcare la tragedia per ottenere un tornaconto elettorale ha contraddistinto tutta la leadership politica di sinistra che guarda alle elezioni presidenziali di maggio.  Un atteggiamento che tradisce la debolezza politica dell’opposizione e che sta generando un effetto boomerang dovuto all’indignazione popolare.

Le illazioni che hanno alimentato questa furiosa campagna anti Erdoğan e anti-Islamica  in Turchia le ritroviamo pari pari sul mainstream italiano, con l’aggravante che il lettore straniero fa ancora più fatica a districarsi tra demonizzazione e informazione.

Facciamo una carrellata degli esempi della disinformazione diffusa tra il 9 e 12 febbraio, estrapolati da articoli pubblicati su: Il Corriere della Sera, L’Avvenire, Il Domani, Il Foglio, Corsera, L’Internazionale

“Il presidente Erdoğan non si fa vedere nelle aree colpite perché impegnato a ringraziare per  i messaggi di solidarietà, il primo ringraziamento al presidente Zelensky.”

E’ evidente che non si perde occasione per incanalare consenso nei confronti dell’Ucraina. Non è poi così arduo pensare a quanti capi di Stato abbiano contattato Ankara e quanto complesse possano essere state le prime ore del coordinamento degli interventi su una direttrice che  virtualmente corre da Napoli a Milano.

Erdoğan nel primo intervento ammette che ci sono stati errori nella prima fase del coordinamento.  A circa 48 ore dai terremoti, nel primo messaggio alla Nazione Erdoğan ha spiegato come il coordinamento centrale affidato ad AFAD e KIZILAY pone un obiettivo arduo che può lasciare spazio  a problematiche ed errori in quanto l’area del disastro è ampia e le criticità legate ai profondi danni infrastrutturali una sfida contro il tempo.

Contemporaneamente, Kemal Kiliçdaroğlu, il presidente del CHP, il partito della repubblica popolare e potenziale candidato oppositore alla corsa per la presidenza,  accusava il Presidente di ingigantire la portata del sisma per coprire l’incapacità di gestire l’emergenza. Peccato che a quell’ora, i più illustri esperti dei dipartimenti di sismologia e vulcanologia del mondo concordavano sul fatto che in Turchia si è assistito al fenomeno sismico più grave degli ultimi 100 anni.

“Palazzi sono crollati perché costruiti senza criterio , alcuni dei quali negli ultimi 20 anni e quelli che non sono crollati non sono comunque agibili.” Mi preme subito sottolineare come il giudizio negativo dell’autore cada anche sui palazzi che sono rimasti in piedi. Insomma, aver resistito a due scosse di magnitudo 7.8 e 7.6 e non aver causato la perdita di vite non basta: avrebbero dovuto restare agibili e intatti!

A seguito del crollo dei palazzi l’ufficio della procura ha immediatamente avviato le indagini e ad oggi sono state accertate le responsabilità di 309 indagati. 83 si trovano in custodia, su 62 è in vigore il controllo giudiziario. Ulteriori 8 ordini di arresto Altri 69 ordini di detenzione sono partiti ieri, 16 febbraio.

Tutta la polemica che ha incendiato la critica sull’edilizia, poggia ancora una volta su motivazioni di ordine ideologico. Dal 1999 in poi in Turchia è in vigore una legge che obbliga la costruzione e messa in sicurezza  degli edifici secondo norme antisismiche. Sulle pagine del ministero per l’ambiente è possibile seguire l’operato per la riqualificazione urbana, il monitoraggio, il numero e gli esiti degli interventi finora compiuti.

Non di rado ad opporsi alle campagne di riqualificazione e messa in sicurezza si sono sollevati dirigenti politici regionali e provinciali oppositori del governo, ma  su questo tema andrebbe scritto un articolo a parte. Di fatto, sulla homepage del sito ministeriale è possibile avere aggiornamenti in tempo reale sulle ispezioni nelle aree terremotate, dove già da marzo il governo prevede di avviare i cantieri della ricostruzione a cura esclusiva del TOKI dipartimento governativo delle case popolari.

Tutti i nuovi complessi residenziali TOKI realizzati in alcune città – colpite pure da terremoti nel 2019 e 2020  e di nuovo afflitte  – sono intatti a riprova che il dipartimento governativo ha lavorato seguendo la normativa.

“I soccorsi non arrivano, se arrivano non dispongono di personale esperto, si scava a mani nude sotto le macerie la popolazione di certe provincie è del tutto isolata, alcuni reporter sul posto hanno parlato di gente estratta e lasciata al freddo, senza medici.”

Gli interventi fatti da squadre preparate ed equipaggiate, assistite da medici e personale esperto hanno seguito questa prassi: raggiungere la persona in difficoltà, inserire una flebo  e poi procedere alla liberazione, barelle collari termocoperte e ossigeno a portata di mano, trasferimento in ambulanza e trasporto  verso i centri ospedalieri adeguati – nei casi che lo richiedevano in aeroambulanza.

In mancanza di citazioni precise, presumiamo che i reporter in questione siano quelli delle TV vicine all’opposizione (in particolare FOX e HALKTV) che con i loro interventi provocatori hanno letteralmente rischiato il linciaggio da parte dei locali. In questi servizi che io ho avuto il privilegio di seguire in diretta, gli inviati intervistavano i superstiti lamentando l’isolamento e l’assenza di soccorsi, mentre sullo sfondo si vedevano chiaramente mezzi pesanti dell’AFAD e personale al lavoro sui cumuli delle macerie.

Con le loro infamanti accuse sull’operato delle squadre in azione, questi pseudo reporter sono stati minacciati e allontanati dai residenti, al punto che dopo le prime 48 ore hanno dovuto trasmettere posizionandosi sempre in zone isolate e molto distanti dalla folla.

“Le denunce arrivano da semplici cittadini di Hatay, secondo ciò che gira su twitter!” – Sulla provincia di Hatay si è subito creata una narrazione falsa e pericolosa, sulla quale tutta l’opposizione e in particolar modo il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoğlu, ha puntato per emergere come protagonista nella corsa agli aiuti, con lo scopo di monopolizzare il merito di certi interventi.

Hatay è la provincia più distante dal centro di coordinamento delle operazioni e, in effetti, la più devastata. E’ stata la regione più ardua da raggiungere a causa dei gravissimi danni alle infrastrutture, non ultimo lo stesso aeroporto, con l’asfalto della pista di atterraggio completamente ribaltato.

L’episodio più grave di questa falsa propaganda mediatica tuttavia è stato l’allarme lanciato per la rottura della diga di Yarseli, a pochi chilometri da Hatay dove il 9 febbraio all’improvviso un gruppo di persone si è riversata in strada urlando che c’era mezz’ora di tempo per mettersi in salvo e non essere travolti dall’acqua. Questa notizia ha avuto un enorme seguito su twitter e altri social media. Il panico che ne è scaturito ha gettato la città nel caos più assoluto, tutti si sono messi in fuga, i soccorsi si sono interrotti, gli aiuti immobilizzati.

Nelle ore che ci sono volute per far rientrare l’allarme e ripristinare le cose, almeno una donna di 50 anni e un bimbo di 5 hanno perso la vita sotto le macerie negli edifici abbandonati dalle squadre di soccorso in fuga.

L’identità degli autori di questo procurato allarme rimane incerta, si è solo fermato ed indagato uno speaker della TV indipendente babala tv, che ha ammesso di aver rilanciato la notizia sui social media e si è giustificato dicendo che “cose del genere possono accadere”.

Sempre ad Hatay si è assistito ad una violenta ondata di razzismo e odio contro i rifugiati, in particolare siriani e afghani, che non ha tardato ad incendiare le altre provincie, incrementati dalle provocazioni di certi ultras delle tifoserie di calcio.

“Le segnalazioni si amplificano nei villaggi a maggioranza Curda, Turca e Alevita dove mancano acqua cibo, i salvataggi sono mirati, le operazioni monopolizzate dal AFAD e  le strade sono bloccate”

Al di là delle imprecisioni sui turchi, curdi e aleviti – dove i primi due sono gruppi etnici e linguistici distinti, mentre gli aleviti sono una minoranza religiosa in seno all’Islam Sciita che può contare adepti delle due etnie – si continua a parlare di “segnalazioni”, si procede con questo racconto per sentito dire che è davvero noioso e offensivo per i lettori.

Comunque, queste famose segnalazioni su Twitter, perché è di questo che si parla, hanno provocato delle vere e proprie tragedie. Oltre appunto all’episodio della diga di Hatay, questo accanimento contro i siriani può esser costato la vita di qualcuno. Abbiamo testimonianze dirette, raccolte dal giornalista Emre Efser, impegnato in una campagna twitter di denuncia alle false notizie in circolo – secondo cui alcuni siriani rimasti sotto le macerie, non hanno risposto agli appelli delle squadre di soccorso perché temevano che, riconoscendo l’accento straniero, li avrebbero lasciati morire sotto le macerie.

Sono stati tratti in salvo grazie alle telecamere termiche. Ricordiamo che il rimpatrio dei rifugiati è il cavallo di battaglia dell’opposizione al governo di Erdoğan, che proprio a causa delle sue politiche di accoglienza, ha perso nelle ultime elezioni comunali alcune città tra cui Istanbul e Ankara. Questa campagna di vessazione e mortificazione ai danni dei rifugiati è stata avallata da alcuni personaggi famosi ed influencer, giornalisti indipendenti e membri di varie associazioni.

E’ stato necessario un intervento  pubblico del ministro degli interni Süleyman Soylu per smentire alcune accuse di mutilazione di cadaveri e furto rivolte ad un gruppo di afghani, l’artefice è una influencer che ha collaborato in diverse occasioni con il CHP.

L’AFAD non monopolizza ma coordina, questo credo che ormai l’abbiamo capito. Le strade che qui si dice bloccate sono in realtà devastate e le immagini sono di dominio pubblico!

In merito al cibo e acqua mancanti, parte della merce è stata ritrovata nel deposito del padre di Turgay Abacı un dirigente provinciale del CHP, che è stato ovviamente arrestato.

“Per tutta risposta però il governo fa arrestare certi provocatori con l’accusa di diffondere panico e fa rallentare twitter”

Mi pare una risposta più che ovvia considerata la gravità di certe provocazioni e le tragiche conseguenze a cui hanno portato. Non si è certo trattato di ragazzate. Twitter, invece, ha subito un problema gestionale che si è verificato nello stesso giorno in tantissimi paesi, un fenomeno globale. Ma poco importa, tanto Erdoğan il Dittatore fa chiudere twitter per silenziare i cittadini e rallentare gli aiuti! Pure questa narrazione di Erdoğan che si auto-boicotta in qualche modo le testate italiane ce l’hanno fatta digerire già dal 2015, dopo il fallito Colpo di Stato!

“La viabilità è ostacolata dai mezzi militari che presidiano le zone.”

Un’altra triste realtà con la quale bisogna fare i conti nelle aree colpite è appunto il problema dei furti: come se non bastasse l’emergenza del terremoto ci si è dovuti impegnare anche a contrastare le bande di briganti.

“Nella provincia di Malatya il 90% dei villaggi non è stato raggiunto dai soccorsi”

Indovinate un po’ perché? Perché le case sono rimaste in piedi e non ci sono stati danni gravi. Nel 2020 Malatya è stata colpita da un forte terremoto che ha causato il crollo di numerosi edifici. Nel 2022 il governo restituiva le proprietà distrutte nei complessi residenziali di case popolari realizzati dal TOKI , che hanno resistito alle fortissime scosse. Non solo il TOKI ma molti altri palazzi costruiti a norma hanno retto alle scosse in questa zona. Girano simpatici video di imprenditori locali che, pare, riceveranno delle medaglie per le quali non si sono mostrati tanto entusiasti!

“A Gaziantep, la comunità LGBT è stata discriminata in base all’identità sessuale perché non ammessa negli stalli di aiuto.” – Abbiamo iniziato l’analisi sottolineando come le tematiche dell’agenda sostenuta dal filone della stampa main stream non possano prescindere dall’UCRAINA: bene, non si può prescindere nemmeno dal tema LGBTQ.

“Erdogan e Assad combattono la guerra con gli aiuti umanitari e la macchina dei soccorsi è pilotata in modo selettivo e monopolizzata dal AFAD”

Paragonare Erdogan ad Assad, dà davvero l’idea dell’ignoranza e della malafede di chi scrive. Siria e Turchia non sono mai entrate in una guerra aperta, anzi è in agenda la riapertura dei colloqui. E’ forse anche questo uno dei motivi che in passato hanno contribuito al raffreddamento dei rapporti tra Turchia e Stati Uniti guidati da Obama.

“Il dito è puntato contro il Governo e le amministrazioni territoriali, quasi tutte a gestione AKP – Adalet ve Kalkınma Partisi” – Nello specifico: Diyarbakir HDP,  Hatay CHP, Adana CHP, le altre AKP.

“Le centinaia di migliaia di sfollati sono abbandonati dallo Stato, dispersi, affamati e al gelo. Da sollievo alle loro sofferenze la visita di Pervin Buldan, co-presidente del HDP  (Halkların Demokratik Partisi)  il Partito Democratico dei Popoli che insieme al presidente del CHP (Cumhuriyet Halk Partisi) – il Partito Popolare Repubblicano visitano i cittadini di Diyarbakir e inveiscono insieme sul governo di Erdoğan.”

L’apologia del HDP puntualmente definito filo-curdo è davvero fastidiosa ma di fatto i commenti a questa affermazione se li fa l’autore dell’articolo stesso in un passaggio successivo dove afferma Kilicdaroğlu e Demirtaş – quest’ultimo co-presidente del partito HDP e attualmente in carcere per provati legami col PKK – coordinano una coalizione che sembra intenzionata a sfruttare la tragedia per ostacolare il presidente.

“Ekrem Imamoğlu, è stato accolto da un bagno di folla a dimostrazione del fatto che il capo di Stato non sia più percepito come tale ma come il responsabile del disastro!”

Questo è un bell’esempio di strumentalizzazione e forzatura della notizia. Di fatto Ekrem Imamoğlu è un sindaco e non può certo essere paragonato allo spessore politico del Presidente della Repubblica. Il bagno di folla a cui si allude è pure una forzatura. Imamoğlu, accanto a Kemal Kilicdaroğlu e Pervin Buldan è stato accolto dai seguaci del partito del HDP in un contesto chiuso nella città di Diyarbakir. E’ ovvio che l’autore dell’articolo si sia limitato a farsi un giro sul profilo twitter del sindaco e non si sia preoccupato di andare a cercare fonti più serie e imparziali.

“Ci si interroga su che fine abbiano fatto i fondi raccolti per la tassa sul terremoto dal 1999, si insinua che Erdogan li abbia fatti sparire per perseguire le sue politiche corrotte incentrate sullo sviluppo edilizio.”

Non mi dilungherò in fastidiosi resoconti su come siano stati spesi i ricavati delle tasse sul terremoto. Ci basti sapere che dal 1999 ad oggi la somma totale delle tasse riscosse è di 88 miliardi di Lire Turche – investiti dal 2002 al 2020 anche per altri terremoti – e che le spese sostenute dallo Stato solo in questa prima fase dei soccorsi ammontano a 100 miliardi!

Italiani a Gaziantep:

Sono angeli delle ONG e dell ONU e amano definirsi tra loro ”expat”. Si riuniscono in uno starbucks a fare considerazioni geopolitiche. Dopo una vita passata ad inseguire le emergenze stavolta se la sono trovata sotto i piedi e sono tutti al lavoro per cercare di trasformare 10 anni di esperienza in gestione della crisi umanitaria, in una risposta concreta alla reale emergenza” 

Sorge spontanea la domanda… ma che avete fatto in questi ultimi anni? Non è che in Siria l’emergenza si è creata adesso con il terremoto o che fino a prima di esso non sia stata reale.

Di fatto una delle più grandi crisi umanitarie del secolo si consuma in Siria e coinvolge tutti i territori al confine. Di fronte a queste dichiarazioni, non mi pare casuale che il governo turco accusi certe ONG di essere presenti sul territorio con scopi diversi da quelli umanitari. Gli stessi dubbi vengono manifestati dal Capo della Difesa Civile Siriana ad Afrin – il capo degli elmetti bianchi, impegnati nei soccorsi alle vittime del terremoto e letteralmente lasciati da soli a fronteggiare l’emergenza. Raed al Saleh si scaglia contro i ritardi e le assenze delle Nazioni Unite, chiedendo trasparenza e modifiche urgenti al sistema della gestione delle politiche umanitarie in Siria Nord occidentale.

“Il governo turco non lascia passare veicoli con le insegne delle forze curdo-siriane”

Quelle che con tanta benevolenza vengono definite le insegne delle forze curdo – siriane sono i simboli del terrore. Questa empatia nei confronti del PKK e dello YPG, questa continua forzatura nell’assimilare una frangia estremista di terroristi al popolo curdo è disgustosa, spregevole e soprattutto irrispettosa nei confronti del popolo curdo e turco.

Solo per citare gli episodi più recenti: il secondo giorno del terremoto forze dello YPG – ala siriana del PKK – attaccavano una postazione militare turca al confine di Kilis, costringendo Erdoğan a cancellare la sua visita nella provincia. Questi italiani, evidentemente ignari dell’accaduto, commentano che Erdoğan non si mostra per non inimicarsi l’elettorato.  La donna che lo scorso 13 novembre ha piazzato l’ordigno esplosivo nel cuore di Istanbul, nella Istiklal Caddesi causando 6 morti e quasi cento feriti, era una militante dello YPG –  addestrata in un campo americano nel nord-est della Siria.

“Dobbiamo trovare il modo di far passare gli aiuti dall’altra parte del confine a Assad non importa ma non ha fatto i conti con gli italiani riuniti allo Starbucks di Gaziantep”

Mi riallaccio al ragionamento di prima  e mi chiedo chi e come dovrebbe trovare il modo se non le missioni delle Nazioni Unite e altri partner autorizzati. Comunque,  l’assenza di una copertura mediatica che documenti lo stato delle cose nel  Nord della Siria al riguardo non facilita la comprensione della situazione.

Di fatto oltre al valico di Bab el Hava i valichi di Bab el Selam e El Rayi sono stati aperti per lasciar passare i convogli degli aiuti, gestiti per lo più dalle forze militari turche dal AFAD e dalle varie associazioni autorizzate e operanti in loco, in primis IHH. Il Ministero degli Esteri Cavuşoğlu in una dichiarazione del 8 febbraio sosteneva che la Turchia seppur impegnata nella gestione del proprio suolo non trascura di inviare supporto e sostegno alla Siria, ma che per un accordo più ampio e un consolidamento efficace si rimaneva in attesa di un nulla osta da parte della Russia.

Una speculazione eticamente inaccettabile

La stampa italiana continua inarrestabile nella demonizzazione di Erdoğan, deformando la realtà, con modalità che ignorano le fonti e ne trascurano sistematicamente la verifica. La retorica predominante nella quale bisogna sguazzare per poter avere un po’ di visibilità è disgustosa e inaccettabile.

C’è bisogno di valori ed etica, di promuovere l’analisi critica e lo sforzo intellettuale, di risvegliare spiriti e fede dormienti. E il mio pensiero non può non andare alla memoria del mio caro amico Giuseppe Mancini, che con il suo brillante esempio di integrità professionale e morale ha costituito un esempio per il giornalismo che non mi stancherò mai di promuovere e valorizzare.

Sono ore di sgomento e sconforto, di dolore e lutto. Ma è nostro dovere di credenti non abbandonarci alla disperazione. I terremoti sono parte integrante della Creazione di Dio, sia lode a Lui che incessantemente la reitera e Solo ne conosce i segreti e gli scopi.

Lode a Lui per la grandiosità con cui Egli ci richiama al Suo cospetto, da vivi o da morti. Il terremoto passa e se ne va. E’ un fenomeno ristretto e conciso che non può essere evitato.

Le vere sfide delle nostre società sono i conflitti e le guerre, le oppressioni e le schiavitù dei popoli, la violenza perpetua e inarrestabile. Vedere nazioni nemiche lavorare fianco a fianco e  impegnarsi per fronteggiare l’emergenza transitoria di un terremoto, per poi tornare a voltarsi le spalle e disinteressarsi degli innocenti che quel dramma, quella sofferenza, la perdita il lutto li sopportano quotidianamente, è una grande ipocrisia.