Per decenni i musulmani europei sono stati ridotti al silenzio dal terrorismo 

C’era una volta il terrorismo. Quello rosso e quello nero dominarono le cronache italiane in particolare negli anni Settanta e fino alla fine di quelli Ottanta. Poi le ideologie che alimentavano (sul piano dottrinale) queste forme estreme e violente della politica si esaurirono, soffocate dal consumismo, dalle mode americane, dalle opportunità di una vita più comoda in grado di ammaliare tanto i leader quanto le masse. 

Le indagini giornalistiche – ai tempi se ne facevano ancora – e gli studi storico-sociologici nel corso degli anni hanno dimostrato connubi e collusioni con rappresentanti e apparati dello Stato, come pure con forze e organismi di nazioni estere, che ci fanno comprendere come alcune forme organizzate di terrorismo – dalle Brigate Rosse ai NAR – svolsero un ruolo efficace nel mantenere assetti di potere costituiti e nell’evitare scenari politici ritenuti inadeguati.

Che non si tratti di complottismo è provato non solo da evidenze documentate, ma anche dalle tante, troppe stragi e attentati in Italia rimasti irrisolti, insabbiati e dei quali ancora non sono stati identificati i mandanti.

Esaurito il terrorismo politico, dal finire degli anni Ottanta fece la sua comparsa il cosiddetto terrorismo islamico, con attentati tanto feroci quanto apparentemente illogici e sicuramente ingiustificabili dal punto di vista delle norme e della prassi dell’Islam. 

Evidentemente la funzione destabilizzatrice del terrorismo continuava ad essere necessaria per giustificare reazioni stabilizzatrici in Italia e nel mondo. Sarebbe stato difficile per l’opinione pubblica europea, ormai abituata a sdegnare il colonialismo e a celebrare i diritti umani universali, accettare il bombardamento e l’invasione dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Siria, della Libia da parte delle truppe occidentali. Però, come il celebrato intellettuale nostrano – Machiavelli – ci ha insegnato, in politica il fine giustifica sempre i mezzi. 

Ed ecco fare la sua comparsa il terrorismo islamico. I fanatici religiosi che uccidono in Nome di Dio, mettono bombe e massacrano i civili, terrorizzano gli innocenti.Dunque, in nome della sicurezza di tutti noi, la stessa sicurezza fu tolta a decine di milioni di donne e famiglie nel Medio Oriente, i quali, se pure non ci avevano fatto alcun male, certamente ci odiavano perché – studiosi e giornalisti lo assicuravano – loro odiano l’Occidente intero. Bisognava sventare questo immane pericolo a qualunque costo, e per questo diversi argomenti furono utilizzati – tutti buoni per gli inebetiti da TV e consumismo di massa – come l’esportazione della democrazia, la difesa dei diritti umani, la liberazione delle donne, la cessazione di modelli di autoritarismo medievale.

Se qualcosa trapelava, assai poco, dei massacri, degli abusi, delle torture, delle vittime civili da parte delle truppe occidentali, ecco che un attentato in Europa (e, al culmine l’11 settembre 2001) interveniva provvidenzialmente a ricordarci la grande lezione morale del Machiavelli e a quietare così le anime pie dei pacifisti di comodo.

Intanto, non solo alcuni liberi pensatori ma anche molti appartenenti alle comunità musulmane non potevano che restare indignati dinanzi a tanta ipocrisia occidentale.  Ma lo sdegno nasceva e moriva all’interno delle proprie coscienze o tutt’al più nel ristretto cerchio delle proprie amicizie. Perché quasi nessun musulmano (tranne pochi autoctoni) e meno ancora le organizzazioni dei musulmani si mobilitarono per denunciare questa ipocrisia delittuosa? 

Forse un sociologo tirerebbe fuori molte e contrastanti ragioni, ma due risultano fra le più evidenti. Da un lato il musulmano immigrato trovava (e trova) in Europa un ambiente assai più libero, accogliente e rispettoso dei diritti basilari che non quello di provenienza; questo vale per la stragrande maggioranza dei musulmani immigrati. Molto difficile, quindi, accusare un sistema che garantisce quella libertà e sicurezza negate nel proprio paese d’origine, dove non solo è compressa la libertà ma si rischiava il carcere e la tortura (se non addirittura l’impiccagione) per la sola manifestazione di alcuni principi e pratiche religiose.

Ma a zittire le coscienze di tanti musulmani più ancora ha giocato un ruolo fondamentale  la serie di attentati terroristici attribuiti all’estremismo islamico. Se la definizione di “terrorismo” non è mai stata univoca, quella di “estremismo” risulta ancora più fumosa. Fra l’oggettiva situazione di maggiore libertà e la soggettiva intimidazione di fronte alle accuse rivolte alla propria fede e cultura, molti dei nostri leader, imam, guide spirituali non hanno saputo mantenere una posizione di equilibrio né di saggezza. 

Ad ogni occasione in cui veniva richiesta la condanna di un evento criminale, la dissociazione da un movimento, la presa di distanza da dichiarazioni ritenute sgradite al governo di turno, ecco che quasi nessuno fra i presidenti, direttori, capi di moschee ed associazioni varie ha mai osato dissentire in pubblico.

A tutti era noto che si trattava spesso di una macchinazione, che l’uso di gruppi terroristici fosse in larga misura manovrato, che quei gesti criminali fossero strumentali per assecondare evidenti interessi politici. Ma conveniva tacere o dirlo senza troppa forza, per non alienarsi le simpatie e i favori (qui viviamo in pace e libertà) che il sistema concedeva.

Col massimo rispetto verso questo gruppo di fratelli e sorelle, va riconosciuta in loro la persistenza di una mentalità da colonizzati che richiederà (forse) un paio o più di generazioni prima di lasciare spazio a riflessioni più libere e coerenti. Infatti, esaurito (almeno così si spera) il filone del terrorismo islamico, le guide delle comunità islamiche in maggioranza hanno dato prova di scarsa autonomia intellettuale e inesistente coraggio nel denunciare le ingiustizie anche di fronte alle politiche liberticide subite nel corso della recente pandemia da Covid-19.

Nonostante le fortissime contraddizioni rispetto alle verità scientifiche da parte delle autorità, le informazioni false e manipolate dei mass media, le assurdità di regole in spregio ai principi costituzionali, le truffe di ditte farmaceutiche già pluricondannate, l’inutilità (se non la pericolosità) patente di cure e farmaci sperimentali, la coercizione e la privazione di libertà individuali e collettive…è parso che l’Islam, anzi i musulmani non avessero nulla da eccepire, nessuna interpretazione o soluzione alternativa da offrire alla società, se non la succube accettazione di politiche liberticide e compiacenti coi poteri forti.

Sarà per questa stessa mentalità che, mentre intellettuali, politici, giornalisti, attivisti levano la propria voce contro la follia americana ed europea che, col pretesto del conflitto russo-ucraino, spingono il mondo verso la terza guerra mondiale, la nostra comunità resta silente. Anzi, ancora una volta molti si sono allineati al coro dominante e ripetono gli slogan di condanna contro la Russia, evitando ogni analisi o riflessione più oggettiva ed equilibrata dell’intera situazione.

Eppure sono proprio questi leader a ricordarci, nei sermoni del venerdì e nelle lezioni in moschea, che Iddio ci invita a non giudicare sulla base delle nostre emozioni o dei nostri interessi, ma solamente secondo giustizia.