Leonardo da Vinci propose al Sultano di realizzare un ponte a Istanbul, ma la sua tecnica non fu utilizzata per altri 300 anni.

A cinquecento anni dalla sua morte, i rapporti di Leonardo da Vinci  con i sultani ottomani del tempo sono oggetto di studio e dibattito.

La proposta di Leonardo di realizzare un ponte sul Bosforo, come del resto molti dei progetti dello straordinario genio leonardesco, non fu mai realizzata ma la stessa ideazione testimoniano della sua apertura mentale che avrebbe potuto diventare uno straordinario ponte culturale tra l’Italia rinascimentale e l’Impero Ottomano.

Nel 1502 Leonardo aveva cercato l’appoggio dell’allora sultano Bayezid II proponendo al regnante turco un ponte che attraversasse il Corno d’Oro, in modo da collegare i distretti di Eminonu a Karakoy.

Nella sua Lettera del 1502 al sultano, custodita nell’Archivio Topkati a Istanbul, Leonardo scriveva: “…vostro fedele servitore, capisco che è stata vostra intenzione erigere un ponte da Galata a Stambul, ma questo non è stato fatto perché non c’erano esperti disponibili. Io, tuo fedele servitore, so come farlo”

Purtroppo il Sultano non accettò il progetto di Da Vinci perché era troppo avanzato per il suo tempo. Leonardo aveva previsto una curva parabolica, un arco trapezoidale e un arco pressato, un metodo che non sarebbe stato sviluppato fino a 300 anni dopo.

Il genio di Vinci, propose addirittura di costruire un ponte attraverso i continenti:

“Ho in programma di costruire un ponte sospeso sul Bosforo per permettere alle persone di viaggiare tra l’Europa e l’Asia. Per il potere di Dio, spero che crederai alle mie parole”. Quel progetto non fu realizzato fino al 1973, ed è il quarto più grande ponte sospeso del mondo.

Il progetto per il ponte più piccolo è servito come ispirazione all’artista norvegese Vebjorn Sand, che ha utilizzato il progetto di Da Vinci per la costruzione di un passaggio pedonale a As, in Norvegia, il primo progetto di ingegneria civile basato su uno schizzo di Leonardo.

L’apertura di Leonardo al Sultano mette in crisi la narrazione dell’imprescindibile scontro dell’Occidente e quella parte del mondo islamico e dimostra che nonostante le differenze religiose, la cultura scorreva, e l’estetica e la bellezza importate non erano soppresse in favore della religione o della geopolitica del tempo.

La corte ottomana corteggiava attivamente gli artisti del Rinascimento. Mehmet II, il conquistatore di Costantinopoli (e anche di Otranto), impiegò anche umanisti italiani che ogni giorno leggevano Livio al sultano e il pittore veneziano Gentile Bellini che giunse a Istanbul per dipingere il suo ritratto che oggi è conservato nella National Gallery di Londra.

Mentre il Rinascimento è visto come un fenomeno che funge da base per la “civiltà occidentale”, l’interazione tra la penisola italiana e l’Impero ottomano dimostra che si trattava di un processo mediterraneo più ampio, un prodotto di ibridità piuttosto che di dicotomie tra Oriente e Occidente.

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