Francia: il film Soumaya censurato nelle sale cinematografiche perché parla dell’islamofobia.

Soumaya sarebbe dovuto essere proiettato in anteprima al Grand Rex, ma dopo una campagna denigratoria condotta dall’estrema destra la sala cinematografica ha rinunciato. Riporta Street Press che per il film è diventato impossibile trovare sale dove potesse essere proiettato.

« Io chiamo ciò censura silenziosa», contattato telefonicamente, il cineasta Ubaydah Abu-Usayd ritorna sulla genesi dei problemi del suo primo film, S0umaya, realizzato insieme a Waheed Khan. La storia: Soumaya è dirigente da 14 anni di un’azienda di trasporti; improvvisamente, nei giorni seguenti agli attentati di Parigi, subisce una perquisizione e perde il lavoro. Conseguenze dello stato eccezionale, ambientazione post-attentato, islamofobia, Soumaya – tratto da una storia vera- tocca un molti argomenti scottanti con lo scopo di demistificarli. «Ci dicono sempre che sono temi importanti ma certe persone, senza dare ragioni plausibili, non vogliono diffondere il film ».

Il Grand Rex lo toglie dalla programmazione

Nel marzo scorso, il cinema Grand Rex annulla l’anteprima benché fosse in programma dal dicembre del 2018. «Avevamo dato l’anticipo, aspettavamo un’ultima conferma.» Ma sui social l’estrema destra conduce una guerra sporca, «una terribile pressione» dicono i realizzatori che ricevono quindi una chiamata dalla sala cinematografica parigina che annuncia loro che il film sarà tolto dalla programmazione. «Non proiettiamo questo genere di film», spiega loro il Grand Rex. Per «genere», intendono «film indipendenti». Ma dopo qualche ricerca, gli autori trovano dei precedenti di diffusione di produzioni indipendenti.

“C’erano altre ragioni ed ero molto scioccata, pensavo che questa vicenda avrebbe fatto più scalpore” dice amareggiata la protagonista del film Sorata Hachoumi.

Gli autori decidono di ricorrere ai tribunali. Gli avvocati della sala finiscono per sputare il rospo:

Il Grand Rex è un cinema commerciale e famigliare. Non ha per vocazione la diffusione di film politici o confessionali.

«Il problema è sempre lo stesso: la religione. Stessa cosa per i media mainstream, che mai si sono interessati al nostro film», dice Ubaydah Abu-Usayd che poi ci tiene a precisare: “certo il nostro film ha qualche mancanza dovuta alla mancanza di mezzi ma non è questo il problema: «non l’hanno mai voluto nemmeno vedere.”

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