Sono passato dal deserto di Codogno

Sono passato dal deserto di Codogno e se il virus non mi spaventa, lo scenario da fine del mondo di questi luoghi mi ha inquietato.

Da giorni viviamo nel pandemonio del Coronavirus, dopo che per giorni o forse settimane ne abbiamo riso e scherzato sui social network. Io addirittura citai questo virus in una khutba (sermone) del venerdì come uno dei tanti eventi di quel gennaio di fuoco che sembra lontano secoli oramai.

 

Domenica scorsa dovevo essere a Milano per un evento, ma mi sono dedicato a un sabato di riposo in una Verona che offriva una giornata stupenda per cambiare aria.

Nel viaggio di ritorno, proiettato già verso il giorno dopo, leggo le notizie sul social e inizio a seguire meglio i media.

Sembra che tutti siano diventati virologi, specializzati in metamorfosi e trasferimento dei virus (spero si dica così perché non sono un esperto in merito). Tutti mi sconsigliano di partire per Milano, non sarà pericoloso, ma è meglio evitare mi dicono.

Non temendo nulla l’indomani mi avvio, prendo il treno da Piadena nel cremonese. Il treno è abbastanza vuoto, ma è anche l’ora di pranzo e invero la gente comune è impaurita e se ne sta a casa.

Guardando il paesaggio durante il viaggio, le auto sono poche, pochissime direi, a ogni stazione salgono passeggeri, sempre meno ma man mano che prosegue il viaggio e ci si avvicina alla zona rossa. Il treno della linea Mantova Milano passa proprio da quel posto: Codogno.

Arriva l’annuncio “gentili signori il treno non farà la fermata di Codogno come prescritto dalle autorità sanitarie”, questo il messaggio che si ripete ogni quindici minuti, in maniera martellante.

Superata la stazione di Ponte d’Adda, la situazione inizia a farsi tesa perché man mano che ci si avvicina alla zona rossa il treno si svuota lentamente e  inizia a rallentare senza motivo apparente. Infine s’intravede una cittadina vuota, fantasma, quasi da film.

Stazione di Codogno, il treno passa lentamente senza fermarsi, dei quindici mila abitanti non ne vedo uno solo in giro, la stazione è vuota mentre solitamente tra le cinquanta e settanta persone salgono in vettura diretti alla City per una giornata alternativa… domenica non c’era nessuno.

Il treno prosegue e riprende velocità mentre sul telefono leggo le notizie più disparate: chi oramai parla di catastrofe e di chi invece invita alla calma.

Arrivo a Milano Centrale che è affollata come sempre, prendo la metro direzione Loreto ed è altrettanto affollata, i segni della crisi ancora non ci sono. Verso le 16 arrivano i comunicati che le scuole e le università chiuderanno, si aggiungono però luoghi di culto e luoghi di aggregazione vari.

Mi dirigo alla moschea di Segrate per la mia lezione con i ragazzi, tutti al telefono con le famiglie che insistono sul ritorno immediato, così diventa un breve incontro con i ragazzi e subito ripartenza verso Centrale che è ancora più affollata del mattino: è iniziata la fuga.

Al ritorno la tratta è la stessa, la Milano-Mantova di Trenord; superata Lodi riparte il messaggio: “gentili signori il treno non farà la fermata di Codogno come prescritto dalle autorità sanitarie” e il treno rallenta, prosegue piano piano finché non passa da una cittadina buia, nessuna auto in giro, nemmeno una persona, il silenzio assordante che fa paura.

Si può non aver paura di un virus influenzale chiamato Coronavirus, ma un po’ di timore lo suscita una città vuota e le notizie che rendono l’Italia in uno Stato sull’orlo dell’Apocalisse.

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