Ramadan giorno 2: la mia lettura del Corano

Il mese Ramadan, è un mese di digiuno fisico e mentale, un percorso di riconciliazione spirituale e di espiazione che si compie in compagnia del Corano.  Proverò in questo mese a commentare quotidianamente un Juz ( una trentesima parte) del Corano. Oggi voglio condividere le mie riflessioni sul secondo Juz.

In questa parte del Corano si presenta in modo forte e inequivocabile ciò che determina la missione e al contempo l’equilibrio umano, la sua ragione d’essere e la sua medicina, il metodo e il risultato stesso; il jihad, il jihad è una prescrizione che modella la nostra vita, il jihad è quindi non una scelta o un’opzione per il musulmano ma un chiaro obbligo. 

 

Dio stabilisce lo status dei martiri con questo versetto: 154. “E non dite che sono morti coloro che sono stati uccisi sulla via di Dio, ché invece sono vivi e non ve ne accorgete.” . I martiri non muoiono.

Dal versetto 214 della Sura Al Baqara: “Credete forse che entrerete nel Paradiso, senza provare quello che provarono coloro che furono prima di voi? Furono toccati da disgrazie e calamità e furono talmente scossi, che il Messaggero e coloro che erano con lui gridarono: “Quando verrà il soccorso di Dio?”. Non è forse vicino il soccorso di Dio?

E poi nel versetto 216:  “Vi è stato ordinato di combattere, anche se non lo gradite. Ebbene, è possibile che abbiate avversione per qualcosa che invece è un bene per voi, e può darsi che amiate una cosa, che invece vi è nociva. Dio sa e voi non sapete.”

In questa società edonistica e materialistica risulta ai più incomprensibile il senso del sacrificio e ancor di più come il sacrificio possa essere una scelta cosciente anche quando estremamente duro e costoso ma

Dio ci avverte della prova nel versetto 155: “Sicuramente vi metteremo alla prova con terrore, fame e diminuzione dei beni, delle persone e dei raccolti. Ebbene, da’ la buona novella a coloro che perseverano,” 156: coloro che quando li coglie una disgrazia dicono: “Siamo di Dio e a Lui ritorniamo”.

Il musulmano è preparato alle prove, sa che sono parte della misericordia di Dio, le prove dimostrano innanzi tutto a noi stessi chi siamo e chi sono le persone che ci stanno affianco, attraverso le prove ci formiamo, apprendiamo, diveniamo umani e capaci di vivere nel giusto, tributiamo a Dio una prova di fede sincera, non l’ipocrisia di chi Lo invoca solo nelle difficoltà. Dio conosce i nostri cuori, noi spesso no, ma la prova è chiarificatrice, la prova ci purifica dal pericolo della superbia, ci mette al riparo dall’illusione della sicurezza che ci danno gli agi terreni, il credente che raggiunge un certo livello non teme le prove anzi le invoca perché sono una grande occasione di avvicinarsi a Dio e conservare l’umiltà.

E Dio ci parla della carità, io ci leggo nella parola carità qui, una sintesi della missione umana, il bene. Ed è chiarissimo, non lascia spazio a dubbi il messaggio: 177.

La carità non consiste nel volgere i volti verso l’Oriente e l’Occidente, ma nel credere in Dio e nell’Ultimo Giorno, negli Angeli, nel Libro e nei Profeti e nel dare, dei propri beni, per amore Suo, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti diseredati, ai mendicanti e per liberare gli schiavi; assolvere l’orazione e pagare la decima*. Coloro che mantengono fede agli impegni presi, coloro che sono pazienti nelle avversità e nelle ristrettezze, e nella guerra, ecco coloro che sono veritieri, ecco i timorati.”

Chi è il migliore di voi? Non illudetevi di accedere alla salvezza solo con il rispetto degli obblighi cultuali, l’Islam è comportamento, l’Islam è lotta, l’Islam è servire il prossimo, l’Islam è essere il migliore con gli altri, l’Islam è spendersi per le altre creature di Dio, la giustizia e la misericordia divina si manifestano nelle nostre vite attraverso il buon comportamento degli altri. Il versetto sulla carità è di grandissima potenza, in poche righe ci indica la via, credere, aiutare, mantenere fede agli impegni, essere pazienti nelle avversità, ecco cosa distingue il musulmano. Se ne deduce quindi che ogni proposta di Islam lontano dall’impegno sociale e politico è da respingere, l’Islam non è semplice ritualità ma è fede che produce azioni, che produce bene, che produce cambiamento, l’Islam è per noi stessi fonte di equilibrio e giustizia in questa vita e via di salvezza per la prossima. 

Mi soffermo poi su questo passaggio che riguarda la pena di morte in caso di omicidio, mi sembra molti interessante: 179. Nel contrappasso c’è una possibilità di vita*, per voi che avete intelletto. Forse diventerete timorati [di Allah].

Nella pena, c’è una possibilità di vita, ecco che Dio ci spiga il maqasid, ovvero lo scopo di una prescrizione legale e in questo caso l’obiettivo della pena è la deterrenza e quindi la salvaguardia della vita, questo apre moltissime riflessioni possibili. 

Incontriamo poi un evidente ammonimento nei confronti di chi corrompe la giustizia, il sistema della giustizia è imprescindibile per il corretto funzionamento di una società, corromperlo è un peccato molto grave perché porta a conseguenze nefaste, il decadimento di un’intera società e purtroppo abbiamo moltissimi esempi anche odierni di questo fenomeno. 

188: Non divoratevi l’un l’altro i vostri beni, e non datene ai giudici affinché vi permettano di appropriarvi di una parte dei beni altrui, iniquamente e consapevolmente. 

Negli ultimi versetti di questo juz, si narra la storia di Davide, e ci fornisce un esempio di come gli uomini possano essere codardi e ingrati, ma soprattutto quanto la mancanza di fede sia dei perdenti in questa vita e nella prossima, chi crede in Dio e opera per il bene non può essere sconfitto perché il martire non muore, perché la cella di un tiranno è per un credente l’anticamera del paradiso, perché a chi lotta per la giustizia Dio concede la vittoria in questa vita e nella prossima, questa vittoria a volte si manifesta con la sconfitta immediata del male, altre con la serenità del cuore dell’uomo e della donna giusta, qualcosa che non ha prezzo calcolabile.  

Dal versetto 249: “…Tutti bevvero, eccetto un piccolo gruppo. Poi, dopo che lui e coloro che erano credenti ebbero attraversato il fiume, gli altri dissero: “Oggi non abbiamo forza contro Golia e le sue truppe!”. Quelli che pensavano che avrebbero incontrato Dio dissero: “Quante volte, con il permesso di Dio, un piccolo gruppo ha battuto un grande esercito!”.Dio è con coloro che perseverano.

250. E quando affrontarono Golia e le sue truppe dissero: “Signore, infondi in noi la perseveranza, fai saldi i nostri passi e dacci la vittoria sul popolo dei miscredenti”.

251. E li misero in fuga con il permesso di Dio. Davide uccise Golia e Dio gli diede la sovranità e la saggezza e gli insegnò quello che volle. Se Dio non respingesse alcuni per mezzo di altri, la terra sarebbe certamente corrotta, ma Dio è pieno di grazia per le creature.

Dio ci spiega il senso della nostra diversità che si manifesta sin dalla nostra nascita, nel temperamento e nell’inclinazione, ci spiega il senso della nostra differenza e ci insegna il valore positivo del conflitto. Il mantenimento dell’equilibrio è garantito da coloro che respingono il male, coloro preservano l’umanità dallo sprofondare totalmente nella corruzione, Dio ci chiama ancora una volta a fare il nostro dovere e a salvarci perché come afferma il Corano stesso “E chi lotta, è per se stesso che lotta. Ché in verità Allah basta a Se stesso, non ha bisogno del creato.” Corano 29, 6 

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