La fase 3 sarà la ricostruzione digitale della nostra vita?

E infine arrivò la tanto sospirata fase 2. La fase dell’accettazione e della normalizzazione, nel senso in cui lo stato eccezionale delle nostre vite quotidiane, diventa ormai norma ben accettata da chi spera di tornare a quel che resta del suo loro lavoro e delle sue libertà individuali. Il tutto per fortuna addolcito dall’unicità del grottesco italiano, con i nascenti “motivi familiari”, presi in prestito dal libretto di giustificazione scolastico e attaccati alla sempre solida autocertificazione.

Definizione che come ben si sa, significa tutto e niente, e verrà ovviamente usata come scusa valida per uscire di casa, per qualunque altro motivo. Mentre nel dibattito pubblico sorgono domande degne di Marzullo o della peggior letteratura: che cos’è un congiunto? L’amicizia è un affetto stabile? A giudicare dalla sua solidità rispetto al crescente tasso di veloci divorzi, verrebbe da rispondere: certo!

“Niente sarà come prima.”

Per provare ad afferrare questo tempo pandemico, bisogna passare attraverso il suo lessico. Iniziamo dalla fase 2… definizione che si colloca a metà tra la fantascienza e il militare, ma ormai è entrata sotto pelle nel nostro linguaggio quotidiano. Così come gli hashtag, “Io resto a casa “ e “andrà tutto bene”, ripetuti come mantra per rinforzare una sorta di inconscio collettivo, utile per accettare le restrittive condizioni della quarantena. Un altro mantra, più sussurrato, però costante sin dall’inizio della crisi, resta fondamentale e si appresta a durare anche nelle fasi a venire: “Niente sarà come prima.”

Prima osservazione: interiorizzare che niente sarà più come prima

Prima osservazione. Una frase geniale, una perfetta tautologia, ovvero non aggiunge niente alle sue premesse,è puramente retorica. Infatti è chiaro e scontato che ogni cosa col passar del tempo cambi, per questo è efficace, orecchiabile e interiorizzabile come un ritornello sanremese.

Seconda osservazione: il ruolo degli intellettuali

Seconda osservazione. Chi lo ha detto da dove viene fuori questa sorta di retorica profezia? Gli scienziati? Gli economisti? Oppure i politici che prendono a prestito le parole di questi, senza capirle a fondo? O addirittura quella classe ormai in via di estinzione, miniatura di sé stessa: gli intellettuali?

Terza osservazione: come vediamo la realtà

Terza osservazione. Le manifeste conseguenze di queste parole sul nostro inconscio collettivo e quindi sul nostro modo di vedere la realtà. Siamo spinti ad accettare l’eccezionalità del momento, a prepararci al peggio, ad abituarci all’idea di veder stravolte le proprie abitudini.

L’ultima e più importante osservazione

Ultima e più importante osservazione: c’è uno scarto logico, un passaggio mancante che dall’inizio di questa crisi, continua ad ossessionarmi. Ovvero la distanza tra l’incidenza statistica di questa pandemia e la sua narrazione, drammaticamente descritta come un’apocalisse. È chiaro che il virus è al momento sconosciuto, inclassificabile e quindi non circoscrivibile. Così come è evidente che se si lavorasse nell’ambiente ospedaliero, si avrebbe una percezione del tutto differente della sua gravità. Questa distanza si è tentati per un attimo a colmarla mediante le teorie del complotto che, nella loro rete narrativa, di sicuro qualche verità riusciranno anche a catturarla. Allo stesso tempo sono altamente inaffidabili e romanzate perché provano da sempre a costringere il caso nelle maglie del destino e, da quando “dio è morto”, attribuiscono all’uomo dei poteri divini, rappresentati da un manipolo di persone che si gioca a dadi le sorti dell’umanità, controllandone tutte le variabili.

La guerra: la parola che riassume tutto il lessico pandemico

In verità, questo scarto si può colmare attraverso un’altra via o meglio una parola, che condensa e riassume tutte le altre parole del lessico pandemico: guerra. Termine non a caso impiegato ripetute volte da diversi leader politici, in particolare Macron e Trump. Strano tipo di guerra, senza un’apparente azione, senza il dramma agito dell’aggressione e della difesa; un simulacro di guerra, piuttosto teso alla inazione, all’implodere piuttosto che all’esplodere. Forse un giorno non si dirà “esplose una guerra”, ma “implose una guerra”.

Per capire tale eventuale stato di guerra, bisogna passare alla futura fase 3. Cosa potrà accadere?

La maggior parte delle opinioni sembra convergere sul fatto che una reale normalità potrà esser ripristinata solo quando verrà scoperto, diffuso e reso obbligatorio, un vaccino. Quindi tutto lascia presagire che passeranno molti mesi ancora, e che la normalità, così come la conoscevamo, non verrà più ripristinata. Perché in questo lasso di tempo, verosimilmente accadrà, al doppio della velocità, tutto quel che appartiene alla sfera delle conseguenze belliche: depressione economica, percentuali ingestibili di disoccupazione, povertà e fame nei paesi e nelle fasce di popolazione già a rischio, cambi di governo repentini con una certa tendenza all’autoritarismo, riassetto degli equilibri geopolitici, con il conflitto sempre più esacerbato tra i due poli imperiali, gli Stati Uniti e la Cina, e l’Europa nel mezzo, non tanto grazie al suo decadente potere economico, quanto per il suo simbolico peso storico-culturale.

La ricostruzione e un nuovo boom economico.

Se continuiamo a ragionare in termini di guerra, ci sarà un’ulteriore, inevitabile fase: la ricostruzione e un nuovo boom economico. E qui potrebbe profilarsi un sostanziale cambio di paradigma. Non si tratterà più di una ricostruzione materiale, condensata nel binomio macchina e cemento, ormai impossibile da infliggere alla terra, sovrappopolata e inquinata. Sarà una ricostruzione digitale, svincolata dalla terra, riconvertita nel suo simulacro virtuale, attraverso un insieme di codici numerici e di immagini. In sostanza l’uomo potrà ricostruire in un ambito da lui totalmente creato, disincarnato, e quindi in teoria perfettamente controllabile e manipolabile.

La fase 3 sarà la ricostruzione digitale della nostra vita?

La ricostruzione digitale potrebbe portare con se la definitiva affermazione di una televita, quello che la televisione aveva soltanto timidamente iniziato a percorrere, la creazione di “una vita a distanza”, declinata in tutte le sue ramificazioni del telelavoro, tele-istruzione, tele-divertimento. Tutte caratteristiche già in essere, che conosceranno soltanto un’accelerazione e poi un consolidamento. E visto che è umanamente impossibile non trovare un nemico, un simbolico emblema con cui prendersela, seduto sul trono di questa ricostruzione mi piace vedere Bill Gates, senza aver i dadi in mano, ma col suo volto da buon filantropo, che non può mancare di lasciarmi addosso un’ulcera, non virtuale, ma reale.

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