Bocelli come Barilla, bastonato dal pensiero e costretto all’autodafè

Il 26 settembre del 2013, Guido Barilla, presidente e amministratore delegato dell’omonima e arcinota azienda alimentare, rilascia un’intervista all’ altrettanto arcinota trasmissione radiofonica, La Zanzara. Il conduttore, Giuseppe Cruciani, ama la provocazione e trascina il malcapitato Barilla con le sue domande su un terreno scivoloso, infido, pericoloso.

Si parla degli spot dell’azienda in cui, cosa sommamente riprovevole, come dichiarerà il presidente della camera Laura Boldrini, è sempre la donna a servire a tavola e così, nello stile rilassato e spesso decisamente svaccato della trasmissione si passa ai discorsi sulla famiglia tradizionale e sulle unioni gay.

Cruciani, insinuante e sornione, chiede: perché non fate un bello spot con una famiglia gay?- L’incauto Guido abbocca: “noi abbiamo una cultura vagamente differentein che senso scusi?per noi il concetto di famiglia sacrale rimane uno dei valori fondamentali dell’azienda, la salute, la famiglia, il concetto di famiglia- cioè non fareste mai…- no, non lo faremo perché la nostra è una famiglia tradizionale”, Cruciani interrompe: “ma la pasta la mangiano anche i gay”- e Barilla risponde: “e va bene, se gli piace la nostra pasta e la nostra comunicazione, mangino, se non gli piace la nostra pasta e la nostra comunicazione faranno a meno di mangiare, ne mangeranno un’altra, ma uno non può piacere sempre a tutti- a quel punto Cruciani incalza: “lei non farebbe mai uno spot con una famiglia omosessuale?”. “No, non lo farei” risponde Guido Barilla; “ma non per mancanza di rispetto nei confronti degli omosessuali che hanno diritto di fare quello che vogliono senza disturbare gli altri, ma perché non la penso come loro e penso che la famiglia a cui ci rivolgiamo noi è comunque una famiglia classica.”

Questa la parte centrale e cruciale dell’intervento di Barilla in radio alla Zanzara. A trasmissione appena conclusa, cupi nuvoloni neri cominciano ad addensarsi sul capo di Guido e sulla sua bella azienda, l’azienda fiore all’occhiello dell’industria alimentare italiana, che ha sempre promosso l’immagine di prodotti che piacciono alla famiglia con mamma, papà e figlioli al seguito. I nuvoloni neri, non ci mettono molto a trasformarsi in tempesta.

Tutto il mondo gay che trasversale occupa posizioni importanti nella politica e nei media italiani e non solo, minaccia vendetta, tremenda vendetta. Oltre alla condanna senza appello per le frasi “omofobe”, si afferma decisamente che i gay e tutti coloro che si riconoscono nella nuova Weltanshauung arcobaleno, che ahimè per la Barilla non si può dire siano quattro gatti, boicotteranno i suoi spaghetti, le sue tagliatelle, le sue penne e, ohibò, persino i biscotti del Mulino Bianco. Eh no, anche il signor Guido, come si dice in Italia, tiene famiglia. Ed ecco con gran tempismo, solo il giorno dopo, il reprobo presentandosi umile e pentito, sommessamente dichiara all’universo mondo: 

 Con riferimento alle dichiarazioni rese ieri alla Zanzara, mi scuso se le mie parole hanno generato fraintendimenti o polemiche, o se hanno urtato la sensibilità di alcune persone. Nell’intervista volevo semplicemente sottolineare la centralità del ruolo della donna all’interno della famiglia”. Barilla precisa di avere “il massimo rispetto per qualunque persona, senza distinzione alcuna”, “il massimo rispetto per i gay e per la libertà di espressione di chiunque. Ho anche detto – e ribadisco – che rispetto i matrimoni tra gay“. Infine, conclude la nota, “Barilla nelle sue pubblicità rappresenta la famiglia perché questa accoglie chiunque, e da sempre si identifica con la nostra marca“.

Il mondo gay, e tutto il vasto universo politicamente corretto che quel mondo affianca e sostiene accoglie quelle parole con freddezza: la dichiarazione è già qualcosa, ma non abbastanza, si vorrebbe un autodafé più radicale, comunque rimane questo riferimento alla famiglia tradizionale che un po’ disturba. 

Negli anni seguenti il gruppo Barilla lavorerà compatto per rimediare all’inopportuna sortita del suo presidente e già nel 2015, Luca Barilla, vicepresidente del colosso alimentare ad un convegno di studenti dichiarerà: “Non diventate prede dei social network. Fate parlare il cuore, invece. Corteggiatevi: uomini con donne, uomini con uomini, donne con donne, perché oggi bisogna dire anche questo. Fate parlare il cuore e guardatevi negli occhi: perché questa è vita”. 

Bontà sua, uomini e donne possono ancora corteggiarsi, ma l’omosessualità viene convenientemente promossa e omaggiata. La colpa è espiata e ora Barilla è diventata nel mondo un’azienda Gay Friendly; il fatturato non deve temere ostilità pericolose e la pace del cuore è finalmente ristabilita. 

Ma arriviamo ai giorni nostri. Qualche giorno fa, ad un convegno in senato organizzato da Vittorio Sgarbi e da Armando Siri, subito definito dalla stampa e dai media più importanti come il convegno dei negazionisti della pandemia Covid19, il noto tenore Andrea Bocelli intervenendo affermava:Ho accettato questo invito ma sono lontano dalla politica e devo dire che durante il lockdown ho anche cercato di immedesimarmi con chi doveva prendere decisioni difficili. Ma poi, man mano che il tempo passava, non ho mai conosciuto nessuno che fosse andato in terapia intensiva, quindi perché questa gravità? Poi mi sono sentito umiliato e offeso per il divieto di uscire da casa. Ammetto che ho violato il divieto”

Parole discutibili finché si vuole, soprattutto quando ha detto di non aver mai conosciuto nessuno che fosse andato in terapia intensiva, ma in fondo nulla che si possa configurare come reato e, errata o giusta che sia, solo un’opinione, la sua. Anche su di lui, come per il signor Barilla, che ormai sette anni fa, si espresse sfidando più o meno inconsapevolmente il pensiero unico su un argomento assolutamente diverso dal Coronavirus che oggi è tanto sensibile e importante, la tempesta del mondo politicamente corretto e del sistema mediatico dominante ad esso collegato si è scatenata e tutti si sono stracciati le vesti, proprio come Kaifa di fronte al Sinedrio. E anche Andrea Bocelli, come Guido Barilla, tiene famiglia.

Leo Longanesi disse che sulla bandiera italiana, dovrebbero essere scritte queste parole: tengo famiglia.

Il giorno dopo puntuali le umilianti scuse e l’autodafé sulla pagina Facebook del cantante:

“Buongiorno a tutti, da sempre mi sono speso per combattere la sofferenza e l’ho fatto anche recentemente per combattere questa sciagurata pandemia, perciò se il mio intervento ha generato e causato sofferenza, di ciò chiedo sinceramente scusa perché proprio non era nelle mie intenzioni così come nelle mie intenzioni non era di offendere chi da Covid è stato colpito. Del resto come sapete la mia famiglia non è stata risparmiata dal virus (evidente titolo di merito ndr) , siamo stati tutti contagiati, peggio che nessuno può conoscere l’andamento di una malattia come questa che è ancora oggi sconosciuta.

Lo scopo del mio intervento al senato era quello di sperare in un prossimo futuro in cui i bambini soprattutto possono ritrovare la normalità, possono sperare di vivere da bambini giocando fra loro abbracciandosi come devono fare i bambini per poter crescere sani e sereni. Questo solo era il senso del mio intervento e tutti quelli che a causa del modo in cui mi sono espresso, probabilmente, anzi sicuramente non il più felice, tutti coloro che nelle mie parole hanno trovato ragioni per sentirsi offesi o hanno sofferto per quello che ho detto loro, chiedo sinceramente scusa perché le mie intenzioni erano tutt’altre, erano esattamente il contrario, buona giornata.”

Questi che abbiamo appena raccontato sono solo due episodi fra i molti possibili che ci raccontano come in Italia, nonostante l’articolo 21 della Costituzione stabilisca che: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.. 

Tale diritto è oggi di fatto assicurato a meno di non uscire da quello che il pensiero dominante ritiene il percorso corretto che le idee, siano esse espresse in un’intervista o in un articolo o in un qualsiasi altro mezzo di comunicazione, debbano seguire.