La libertà e lo Stato: confronto tra Neutralismo e Perfezionismo

E’ il tema più sentito dall’opinione pubblica, il motivo principale di polemiche e dibattiti globali: il tema dei diritti sembra emergere in ogni singolo discorso di politici e giornalisti.

Non c’è ideologia che non li usi come bandiera da sventolare. Tutte le correnti (dalla destra più estrema alla sinistra radicale) si presentano al pubblico come “in difesa dei diritti”, ed in particolare come difensori della libertà.

Questo discorso non è nuovo d’altronde: la società liberale si fonda su questi valori ormai da secoli, sin da quando furono teorizzati da filosofi come John Locke e Jan-Jeaques Rousseau.

I diritti sono imprescindibili. Sarebbe impensabile – oltre che probabilmente illegittimo – pensare ad un politico che adoperi in campagna elettorale lo slogan “noi violeremo i diritti fondamentali!”.

Tutti d’accordo sul fatto che questa frase avrebbe una conseguenza negativa: lo Stato deve tutelare le libertà delle persone.

Non è raro però sentire dichiarazioni dell’estremo opposto, fatte da governanti che sfruttano il tema dei diritti e arrivano a proporre visioni del mondo molto pericolose.

Dopo aver assistito alla nascita del presunto diritto di blasfemia, è naturale chiedersi se forse non stiamo sbagliando qualcosa. Forse questo tema è stato esteso fin troppo oltre.

Ma facciamo un passo indietro: da un punto di vista serio e critico, che relazione c’è tra lo Stato e la nostra libertà? Il potere politico è “difensore” dei diritti, ma in che senso?

Le risposte sono state le più varie. Da alcuni decenni ormai, i migliori teorici della politica e del diritto propongono idee molto valide, ma tutte contrastanti…

Mi riferisco a figure come Herber L.A. Hart, filosofo e giurista del secolo scorso che rivoluzionò totalmente il modo di vedere la legge, la morale e lo Stato.

Intorno a lui, alla Kybald House di Oxford, si riunirono negli anni ‘60 le più grandi menti giuridiche del mondo. Tra i suoi allievi c’erano:

John Finnis, giusnaturalista (ha ripreso delle idee giuridiche di San Tommaso), è da anni al centro di polemiche con i movimenti LGBT in merito alle sue dichiarazioni.

Joseph Raz, di origini israeliane, ha rivalutato il rapporto tra la morale ed il diritto ed ha studiato una complessa teoria sull’autorità.

Ronald Dworkin, pupillo di Hart e suo successore ad Oxford, è stato anche il suo più grande avversario (ha criticato numerose idee del suo maestro).

Questi studiosi, in maniera più cauta degli odierni politici difensori della blasfemia, hanno discusso attentamente il tema dei diritti umani e della libertà.

Si sono sviluppate due teorie molto valide, ma incompatibili tra loro..

Il L NEUTRALISMO

È la posizione maggioritaria all’interno del liberalismo, ed è stata difesa da pensatori come Ronald Dworkin e John Rawls.

Secondo questa visione, lo Stato deve garantire a tutti gli individui la possibilità di essere autonomi nelle scelte, senza mai esprimere un indirizzo morale.

Tutti devono avere la possibilità di pensare “ciò che vogliono”, anche di sbagliare e fare azioni moralmente scorrette (fin quando non si compiano reati o si danneggi qualcuno); lo Stato è neutro e non deve influenzare le persone.

Questa autonomia rappresenta il vero diritto di libertà per eccellenza: più lo Stato permette ai cittadini di essere liberi, più sarà liberale. Tale visione è in contrasto con il cosiddetto paternalismo giuridico, ossia l’immagine di uno Stato etico che impone ai cittadini cosa fare e cosa no, entrando nella sfera privata delle persone e “rimproverandole” in continuazione.

Il neutralismo ha delle problematicità quando è portato all’estremo: non avere alcun peso morale potrebbe rendere giusto autorizzare il consumo di qualunque droga per uso personale, atti sessuali come l’incesto ecc… Tutto in maniera totalmente libera.

Se lo Stato non ha alcun diritto di intervenire e dare indirizzo alla società, permettere certe pratiche socialmente sensibili vorrebbe dire tutelare un diritto inalienabile di autonomia.

IL PERFEZIONISMO

Posizione meno seguita, sostenuta da Charles Larmore e Joseph Raz.

In questo caso, la definizione di autonomia è molto diversa. I perfezionisti sottolineano un concetto fondamentale: la libertà, di per sé, non è un valore positivo.

Alcuni hanno paragonato la libertà ad un’arca dei diritti: è una condizione necessaria che serve alle persone a priori per potersi esprimere. Se non si è liberi, i diritti non esistono.

Tuttavia la libertà, di per sé, non ha un’inclinazione e non va presa come un valore, una persona libera può agire bene, ma può anche fare cose tremende.

La libertà può essere anche strumento di scorrettezza: per questo motivo, secondo questa visione, lo Stato non deve solo limitarsi a garantire la libertà ma anche a dare un indirizzo morale. 

Il diritto che lo Stato dovrà garantire non sarà un’autonomia neutra. La regola sarà: più si offrono ai cittadini possibilità (ritenute) moralmente giuste, più si è liberali.

Questa visione forse è più coerente con la realtà dei fatti: sembra impossibile immaginare un potere politico o giuridico che non dia nessun indirizzo alle persone.

Certamente i problemi non mancano: il teorico Abdul Hakim Jackson, dell’università della Pennsylvania, riflette sugli estremi negativi del perfezionismo:

Il hijab (secondo questa teoria) dovrebbe essere combattuto, nonostante non faccia male a nessuno. Anche se non è dannoso, non segue l’indirizzo morale liberale e quindi è pericoloso”.

La sfida di questa visione dei diritti non sarebbe tanto quella di garantire o meno la libertà, quanto quella di stabilire un giusto indirizzo morale che non danneggi nessuno.

LA TEORIA MIGLIORE?

Entrambe le concezioni, se portate all’estremo, possono essere problematiche.

Negli anni successivi sono nate altre visioni; alcuni grandi filosofi si sono spinti fino a mettere in dubbio il concetto stesso di diritti umani.

Il professor Makau Mutua, ad esempio, crede che la concezione dei diritti non sia “assoluta”, ma figlia del mondo occidentale. Per questo motivo reputa ci sia il bisogno di uscire da questo tipo di discussioni e trovare nuove frontiere.

E se stessimo dando per scontato questo modo di vedere il mondo e dovessimo guardare diversamente il sistema trinitario di diritti-liberalismo-democrazia?

Conoscere in maniera critica questo tema sensibile potrebbe essere un buon modo di resistere alla disinformazione che ci colpisce giornalmente, oltre a valutare razionalmente il peso delle parole di alcuni spinti “difensori dei diritti”.