Da Sigonella a Bengasi, la caduta libera della dignità nazionale

Nella notte del 10 ottobre del 1985, alla base aerea di Sigonella, l’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, in un impeto di orgoglio e sovranità nazionale rispedì al mittente le pretese di Ronald Regan facendo circondare i militari americani che volevano arrestare i militanti palestinesi del sequestro Achille Lauro.

Craxi non avrebbe mai potuto immaginare che 35 anni dopo, la considerazione che l’Italia avrebbe avuto di se, e di conseguenza quella che dell’Italia hanno gli altri nel mondo, sarebbe caduta in basso come in questi giorni.

Il confronto è in effetti impietoso, quella era l’Italia ruggente degli anni 80, potenza industriale annoverata a pieno titolo tra le 7 nazioni più industrializzate del mondo, la cui classe politica nonostante tutto era fatta da uomini cresciuti negli echi della guerra e forgiati dalle appassionate battaglie ideologiche e sociali degli decenni successivi. In quegli anni l’Italia aveva ancora coscienza del suo essere nazione mediterranea e delle conseguenze di ciò.

Per questo non chiediamo tanto a Conte e Di Maio, ma nemmeno si può accettare la scena assolutamente irrituale e imbarazzante di un primo ministro italiano che vola a Bengasi cedendo al ricatto di un generale da operetta a capo di uno stato fantasma in guerra contro i nostri alleati. Ve lo immaginate Putin, oppure Erdogan, Macron o la Merkel? 

Non è accettabile sacrificare la dignità nazionale e le prospettive geopolitiche del nostro paese sull’altare di beghe interne, come lo sono la verifica di governo con Italia Viva o la necessità di compensare il disastro sui DPCM di Natale.

Il nostro governo dopo essere stato umiliato dal regime di Al Sisi sul caso Regeni ha pensato bene di continuare a vendere armi all’Egitto, cosicché prima di prendersela con Macron, che ha conferito al dittatore la Legion d’Onore, dovremmo chieder conto a Roma. L’arroganza di Haftar quindi è solo una logica conseguenza.

Noli me tangere civis romanus sum, tanto bastava affermare in altri tempi, per incutere timore, rispetto e vedersi riconosciuta appunto l’intangibilità. Oggi il passaporto italiano trasforma ogni cittadino all’estero in una potenziale preda indifesa e in arma di ricatto contro di noi.