I social dall’utopia alla distopia, la soluzione è pagare il servizio

Sono molti gli ex-dipendenti di giganti come Facebook che hanno denunciato quel modello di business  improntato a mantenere le persone di fronte allo schermo il più a lungo possibile per aumentare il profitto.

Da un lato ci siamo noi e la nostra mente con le nostre debolezze, il nostro ego, e la continua ricerca della prossima dose di dopamina, dall’altro vi sono equipe di esperti, psicologi, e intelligenze artificiali dalle capacità spaventose e che ogni giorno diventano sempre più capaci di conoscerci, comprenderci, influenzarci, prevederci e persino controllarci.

Uno degli elementi che ha portato alla fortuna di questi social è l’accessibilità. I social media sono gratuiti per gli utenti ma il motivo è che il prodotto sono gli utenti ed i loro dati. Casi come quello di Cambridge Analytica ed i falsi video di terroristi prodotti dai governi USA, Russia ed agenzie in UK e altrove hanno mostrato come i social vengano usati per influenzare governi, destabilizzarli, e de facto invaderli trascendendo i limiti fisici “legalmente”.

La legge nel frattempo è troppo lenta e troppo pigra e solo ora si sta iniziando a discutere di come gestire il fenomeno social in un futuro in cui fra un decennio con la realtà virtuale già fruibile a molti potremmo ritrovarci a passare il grosso della nostra vita in un mondo come Matrix di cui i falsi “dèi” saranno le industrie tech.

Una seria discussione a livello di società è oggi di vitale importanza per evitare una distopia che sembra ormai imminente. Forse un primo passo potrebbe essere quello non di lasciare che i governi controllino i social ma di creare leggi che limitino l’uso dei dati da parte dei giganti tech, o prevedere che i social diventino a pagamento eliminando in cambio la componente di pubblicità e targhetizzazione.