Ora di religione e maiale al bambino musulmano, una sentenza islamofoba?

Sta facendo discutere in queste ore la sentenza della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Pavia che dispone che il piccolo Haroun, nato dal padre musulmano e tunisino Khaled Bahri e da madre romena e di fede ortodossa, mangi carne di maiale e frequenti le lezioni di religione cattolica a scuola. La sentenza presenta le caratteristiche di un caso di islamofobia?

Nella sentenza, il Collegio si rifà alla richiesta della madre di far frequentare le ore di religione a scuola perché costituirebbe “un arricchimento culturale”. Lo stesso Collegio riduce la sensibilità religiosa del padre a mera “prevaricazione” nei confronti della madre a causa di una non osservanza della pratica religiosa del padre che avrebbe “assunto alcolici”.

Questo giudizio di carattere morale del Collegio nei confronti della pratica religiosa del padre risulta molto controverso e stupefacente, il peggio è che viene ritenuto motivo sufficiente ad inficiare qualsiasi diritto derivante dalla sensibilità religiosa dello stesso e che invece è riconosciuta in modo non equo per la madre. La madre, infatti, nonostante non sia di fede cattolica, ha insistito per far frequentare al figlio l’ora di religione cattolica ma questo per il Collegio non costituisce prevaricazione nei confronti del padre, è evidente come manchi un diretto interesse religioso della madre ortodossa che, secondo il ricorso esposto dal legale di Bahri, la donna avrebbe anche impedito al padre di vedere il figlio nelle poche ore concesse dal Tribunale.

La sentenza del Tribunale va oltre e giustifica la disposizione di far mangiare a Haroun il maiale e di seguire le lezioni di religione affermando che il non conformarsi ad una fantomatica cultura dominante a scuola possa costituire motivo di non integrazione, esclusione, e di una crescita malsana nonostante questa sia una situazione normale per chiunque non mangi maiale e non segua l’ora di religione per qualsivoglia motivo. La differenza culturale in ambiente scolastico appare dunque come elemento da eliminare per consentire al piccolo di crescere in modo sano.

Dovremmo forse trarne che l’unica “ricchezza” per il Tribunale è quella che prevede che tutti frequentino il catechismo a scuola e che si mangi maiale, che si tratti di musulmani, ebrei, atei, o vegetariani?

La totale noncuranza nei confronti del sentimento religioso del padre e la visione ristretta e becera di cosa costituisca un arricchimento culturale ed una crescita sana e cosa no sono elementi che hanno ancora una volta posto sotto i riflettori l’islamofobia strutturale e sistematica che i musulmani hanno subito in questi anni in Italia.

La sentenza parla di creare quelle condizioni che possano assicurare al bambino di scegliere liberamente la propria religione in futuro in quanto “troppo piccolo” per fare questa scelta adesso.

La stessa sentenza sembra però ignorare (volutamente o meno) il contesto non equo e non neutrale in cui il piccolo Haroun dovrà fare questa scelta se crescerà passando la maggior parte del tempo con una madre che spinge il figlio a non rispettare la cultura e la religione del padre e che, a detta del ricorso esposto da Bahri, limita il rapporto fra il padre ed il figlio.

La stessa madre sembra abbia avuto un cambio di direzione dopo la separazione col marito rispetto all’educazione religiosa del figlio. I genitori, infatti, non hanno battezzato il piccolo, che invece è stato circonciso secondo la religione islamica ed ha ricevuto un nome islamico.