L’assessore sceriffo di Voghera e la difesa d’ufficio di Salvini

Lo ha ammazzato, si era sentito minacciato, anzi voleva evitare uno stupro, da quanto sostengono i suoi compagni di partito, Salvini in testa. 

Anzi, non gli ha sparato, sembra che ci sia stata una spintonata o una collutazione e la pistola che Massimo Adriatici impugnava ha disinserito la sicura, ha messo il colpo in canna e ha esploso un colpo contro l’addome del suo antagonista, Youns Boussetai, un cittadino d’origine marocchina di 39 anni che è morto in ospedale poche ore dopo.

Massimo Adriatici è l’assessore alla sicurezza leghista del Comune di Voghera, già in forza alla Polizia di Stato per ben sedici anni, si è laureato in giurisprudenza abbandonando la divisa e dedicandonsi all’avvocatura.

Il nostro, anzi il loro, sembra essere un esponente di quella genia politici sceriffi, con questo soprannome è noto nella città lombarda, che scambiano una carica amministrativa con una specie di licenza a doppio 0 come James Bond.

Eppure proprio lui, in un’intervista ad un giornale locale di un paio di anni orsono aveva detto: “L’uso di un’arma deve essere giustificato da un pericolo reale, per la persona che la usa, per le sue proprietà o quelle altrui. Ma questo non significa farsi giustizia da soli. Ovvero, la legittima difesa si configura se sparo per evitare che qualcuno spari a me, o non ci sono altro mezzi per metterlo in fuga ed evitare che rubi. Sparare deve essere l’extrema ratio, l’ultima possibilità da mettere in atto se non ne esistono altre”.

Eppure proprio lui, ex poliziotto, aveva certamente ricevuto un addestramento specifico sulle regole d’ingaggio e doveva sapere che quando si estrae un’arma non lo si deve fare per intimidire ma solo se si nella necessità di usarla.

C’è da dire inoltre che le pistole moderne hanno meccanismi di sicurezza tali da impedire che un colpo parta accidentalmente senza una adeguata pressione sul grilletto.

I fatti sono ancora tutti da accertare e la litania della “piena fiducia nell’operato della magistratura” si scontra con una comoda ipotesi di “eccesso di legittima difesa” tanto comoda da consentire allo sparatore ops, pardon è stata la pistola a sparare, si starsene agli arresti domiciliari.

Una tragedia, certamente, e c’è poco da scherzare quando si versa il sangue e chi o ha perso giace in una cella d’obitorio in attesa dell’autopsia che certamente acclarerà due particolari fondamentali: da che distanza è stato esploso il colpo e quale è stata la traiettoria del proiettile nel corpo della vittima.

Quello che invece è intollerabile è la difesa convinta della sua parte politica che sembra addirittura compiacersi del fatto che “giustizia è stata fatta” senza aspettare nessuna risultanza investigativa.

Un malcostume politico, quasi un falso ideologico, tanto più grave se ad esprimerlo con convinzione è un ex ministro dell’Interno.