Nella serie Ramy un musulmano USA alla riscopertà della sua identità religiosa

Ramy è una serie-tv in 2 stagioni, made in USA, ambientata nella coesa comunità egiziana, attualmente in streaming su PrimeVideo. Creata, diretta e interpretata da Ramy Youssef, pluripremiato per questo lavoro.

Una bella e lucida comedy-drama sulla realtà della vita di un trentenne musulmano americano di prima generazione nel suo quartiere, politicamente diviso, del New Jersey

Ramy, il protagonista che da il nome alla serie, si trova nell’età in cui un uomo deve prendere posizione nella società. Deve decidere se vuole sposarsi, e poi con chi, una musulmana o un’occidentale? Deve decidere con quale lavoro mantenersi e mettere su famiglia  e, soprattutto, decidere se entrare consapevolmente nella tradizione da cui proviene. Nel suo caso, l’Islam.

Il suo habitat è composto da una famiglia media, genitori e una sorella, e da tre amici stretti. La sorella, completamente integrata nei costumi di vita occidentale, studia per diventare avvocato. Sua madre è una donna curiosa e molto annoiata, la routine quotidiana che dava un senso alle sue giornate si è svuotata ora che i figli stanno diventando adulti. Il padre si è trasformato nel tipico americano che torna a casa e vive sul divano, addict delle serie televisive egiziane, a cui non rinuncia nemmeno durante il Ramadan.

E’ il suo placebo per colmare la distanza dalla propria terra. E poi i suoi amici Mo’, proprietario della tavola calda in cui si incontrano e da cui osservano il mondo, è quello pratico del gruppo, una persona semplice con i piedi ben piantati per terra;  Steve, l’amico paraplegico, il collega americano al quale Ramy si lega quando si sente estraniato dall’Occidente dopo l’11 settembre, e per il quale Ramy fa cose sbalorditive e inconcepibili pur di alleviargli la disabilità; e  Ahmed, l’unico sposato del gruppo, osservante, serio, medico, che cerca di muoversi nel mondo attuale tentando con pervicacia di mettere in pratica gli strumenti della tradizione, come capire l’ora della preghiera guardando il cielo e, tuttavia, sufficientemente pragmatico da ammetterne l’anacronismo,  “Ragazzi,  impossibile!  Colpa dell’ inquinamento luminoso!” 

Nel momento in cui Ramy diventa consapevole di voler conoscere davvero l’Islam, e accetta di voler sapere chi è e da dove proviene, si trova a dover  imparare daccapo tutto quanto concerne la propria tradizione e le proprie pratiche. Ora non basta più fare le azioni meccanicamente, ora deve esserne consapevole, capirne il senso e il valore.

Come si fa correttamente l’abluzione prima della preghiera, come si mangia, come si studia, come si condivide l’insegnamento. Deve imparare a distinguere il vero Islam dai luoghi comuni sull’Islam (di cui molto spesso sono vittime non solo gli occidentali che ne ignorano la cultura, ma gli stessi musulmani delle comunità trapiantate), la differenza che passa tra le molteplici tradizioni etniche di fede musulmana e, invece, l’autentica tradizione Islamica, soprattutto rispetto a molte delle questioni più controverse, come, la posizione sociale della donna nell’Islam.

Comincia ad accorgersi che vivendo in un contesto che ignora i pilastri della sua cultura, rischia lui stesso di non fare più caso ai dettagli che la sostanziano. Si accorge che comincia a riportare l’attenzione su questi dettagli, apparentemente ininfluenti e invece rilevanti. La pronuncia, per es, della ‘S’ nella parola musulmano, come fa notare l’ amico Mo’, “Perché non riescono a pronunciarla correttamente?!  È una ‘S’ sorda, non sonora!”  E tanto meno sibilata! 

Ramy sta capendo cosa significa, nella sostanza, mettersi a disposizione delle regole divine. Sta accettando di sfidare se stesso cercando di ascoltarle nell’intimo profondo, cercare dentro di sé quella stanza segreta del Castello, di cui parla Santa Teresa d’Avila, in cui incontrare Dio durante la preghiera. E, al tempo stesso, restare un uomo che vive nel suo quartiere e nel tempo.

La sua famiglia e i suoi amici intimi non lo riconoscono, il percorso che sta intraprendendo Ramy, li fa entrare in crisi, come individui, come fedeli e come comunità. Si innescano, per questo motivo, dall’inizio alla fine, una serie di conflitti-comedy molto brillanti.

A metà della sua ricerca, Ramy incontra un maestro Sufi, lo Sheykh Alì Malik. L’esperienza è folgorante. Per la prima volta, può vedere distintamente la differenza fra la tradizione egiziana della sua famiglia, e la reale tradizione islamica. Per la prima volta ascolta cose che non aveva mai sentito prima, di fronte a cui crollano tutti i pregiudizi da cui si era sempre sentito accusato, fin da bambino a scuola: “La televisione ha detto che i musulmani sono terroristi, quindi anche tu e i tuoi lo siete, vero?” Un sillogismo che per un attimo era sembrato credibile anche a lui, quando, atterrito, vede al telegiornale che i seguaci di Ben Laden comunicano con gli stessi walkie-talkie che la madre ha adottato come soluzione  per comunicare con i figli a scuola, non potendo comprare loro i costosi cellulari.

Finalmente, ora ha in mano gli strumenti per  poter obiettare al prossimo che essere musulmano non significa essere un terrorista. Si sente bene. Finalmente, per la prima volta, si sente a casa, vuole conoscere, sapere sempre di più e, soprattutto,  il mondo incomincia a essere un posto accogliente per lui. 

Sta vivendo in una comunità in cui poter parlare, confrontarsi e crescere. Vede, per es, la differenza fra le donne musulmane che lui ha conosciuto in passato e, invece, Zainab la bellissima figlia dello Sheykh Alì, una donna fiera, indipendente, forte, decisa, “sottomessa soltanto a Dio”, che combatte ogni giorno per il suo obiettivo: trovare i fondi per  creare la casa-incontro della comunità. E’ la prima volta che conosce una donna musulmana che realmente riverbera l’ordine del Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) “Le donne devono essere istruite, perché sono loro che educano i figli”.

Il viaggio di Ramy è spirituale, intimo, in cui cerca l’incontro e la conoscenza di se stesso per portarla alla Presenza Divina, ma è anche un cammino, daccapo, nel mondo.

La serie è una commedia fresca e molto divertente che  rappresenta, con una cifra stilistica nobile e leggera, la realtà delle famiglie nate da uomini e donne musulmani, trasferitesi negli anni ’60 e ‘70, attratti dalle lusinghe di un Occidente lussureggiante di possibilità e di promesse, e da costumi moderni creati su misura per le necessità del singolo individuo.

La serie affronta la differenza generazionale, sostanziale, tra il patto di integrazione che hanno dovuto stipulare, una volta per tutte,  i genitori, arrivando in Occidente, e quello che si trovano a dover fare quotidianamente i loro figli nati in Occidente. Figli stirati da due polarità, quella in cui vivono e in cui sono nati, e quella da cui provengono. Una tensione tra due mondi che impone loro l’esigenza profonda di pacificazione, costruendo ponti, dentro di loro, a loro discrezione. 

Costruire ponti interiori spesso è un’impresa dilaniante senza una guida saggiamente orientata.

La fiction ricrea situazioni quotidiane spassose e anche di ingenuo entusiasmo che possono avere conseguenze pesanti, come quando Ramy vuole a tutti i costi salvare un giovane reduce di guerra affetto da gravissimi disturbi da stress post traumatico, offrendogli la possibilità di lavorare nella comunità. Il ragazzo si calma, si sente accettato, inizia a migliorare, ma la vicenda non si concluderà bene.

La singolarità di questa serie è che riesce a spalancare temi così potenti e delicati con dignitosa levità, e al tempo stesso creare  uno spettacolo davvero godibile per ogni genere di pubblico.

Per questo motivo, è stato riconosciuto a Ramy Youssef il merito di essersi distinto per aver composto un ritratto reale dei musulmani americani, invece che calcare lo stereotipo “di quelli cattivi”, perpetrato dalla maggior parte delle rappresentazioni a consumo della cultura pop occidentale.

Ramy Youssef, è il creatore, regista e protagonista principale della serie, premiato sia come miglior attore in una serie televisiva comedy dal Golden Globe Award, che nominato per due Primetime Emmy Awards per la miglior regia per serie comedy e per miglior attore protagonista in una serie comedy, oltre a ricevere il Peabody Award nel 2020.