Abbiamo rimosso la morte e chiediamo alla medicina la vita eterna

Pulsossimentro. C’è bisogno di un pulsossimentro. Anzi c’è bisogno di migliaia, milioni di pulsossimetri. Solo questo piccolo gioiello tecnologico ci può rassicurare e salvare. Basta metterlo al dito e ci dirà se stiamo respirando bene a sufficienza.

Il governo dovrebbe fornire pulsossimentri a tutta la popolazione. Uno ciascuno. Perché nessuno ce lo dice che un affare cosi piccolo e per di più economico, potrebbe essere cosi utile in un momento come quello che stiamo vivendo?

Facile da usare per chiunque, lo si mette al dito e in pochi secondi ti dà il responso. Giusto? Siamo tutti d’accordo che sarebbe auspicabile averlo e che tutti abbiamo bisogno in questo momento di un pulsossimentro? Se la risposta è si, significa che anche voi fate parte delle persone che oramai sono in preda all’isteria collettiva. Quindi fate un bel respiro, sedetevi e cercate di recuperare il vostro buon senso.

La situazione di difficoltà sta amplificando nel bene e nel male i comportamenti delle persone rivelando sia le dinamiche psico-emotive ad essi sottesi, sia tutte quelle più o meno consapevoli errate concezioni delle cose di cui abbiamo necessità di liberarci. Tutti gli occhi sembrano essere puntati sulla scienza e le sue applicazioni mediche e le paure e i nervosismi molto dipendono da quanto le nostre aspettative incontrino degli effettivi riscontri. Credo sia quindi quanto mai adesso il momento opportuno per riflettere sulla medicina, del suo ruolo sociale, delle aspettative che la società nutre su di essa e di cosa invece sarebbe giusto ad essa chiedere.

Abbiamo rimosso la morte

In tempi “normali”, socialmente parlando, abbiamo rimosso la morte dal nostro vivere, l’aspetto di meditazione più umano, solenne ed importante che ci sia. Cosi non potendone parlare, della morte intendo, abbiamo chiesto alla medicina l’eterna giovinezza, che altro non è che una richiesta altrettanto sciocca di quella di allontanare la morte, cosa che appunto stiamo invocando adesso in tempo di epidemia, dove la mortalità sembra sia l’unico indice che susciti interesse.

Sono cambiati i termini ma la sostanza è la medesima, quando è la domanda ad essere sbagliata non c’è risposta possibile, non c’è possibilità alternativa alla frustrazione e, se reiterata, all’isteria a cui appunto stiamo assistendo.

Quello che dovremmo chiedere alla medicina, non è l’eterna giovinezza né la longevità, ma di farci vivere bene la vita che, per il medesimo meccanismo di traslazione dei termini tra tempi normali e tempi di crisi, in tempi di epidemia dovrebbe tradursi nel darci sollievo nella malattia e accompagnarci quando sia il caso con dignità e umanità alla dipartita.

Nessun commento

Lascia un commento sull'articolo