Perchè l’App immuni è un fantasma che appare e scompare

Entra ed esce dalle porte girevoli del dibattito pubblico per poi far perdere le proprie tracce: l’App Immuni, l’applicazione progettata per tracciare gli spostamenti dei cittadini. Nata nell’ambiguità del dissidio tra obbligatorietà/volontarietà, di certo non aveva davanti a sé una lunga vita.

È chiaro a tutti che su base volontaria tale Applicazione non ha alcun senso, perché la maggior parte delle persone non la scaricherebbe, preoccupata da un’ulteriore invasione di campo dello Stato nelle proprie libertà individuali. D’altro canto un’eventuale obbligatorietà è fortunatamente impensabile, data la palese incostituzionalità di una tale misura non più suffragata dallo stato di emergenza. Allora si può tirare un bel sospiro di sollievo per affermare: non saremo tracciabili! Non è proprio così…

Si presenterà come scelta individuale

Se un’applicazione di questo tipo entrerà davvero nella nostra vita quotidiana, non lo farà in maniera così teatrale e repentina, calata dall’alto dalle mani del potere. L’Italia infatti non è la Cina. Piuttosto si insinuerà gradualmente e a fari spenti, presentandosi sotto forma di scelta individuale. Così come nella nostra vita quotidiana sono a poco a poco entrate diverse app, spesso già installate nei programmi degli smartphone, che hanno finito con lo scandire il ritmo delle nostre giornate e delle nostre scelte.

Le applicazioni costantemente presenti nella nostra giornata

Ci addormentiamo con l’ultima occhiata alle applicazioni, che consentono la comunicazione social, per poi svegliarci dando uno sguardo al meteo, grazie al quale decidiamo come vestirci e quando programmare escursioni all’aperto, durante la giornata ci arrivano notifiche sulle ultime informazioni, che impostano il lessico dell’attualità per poi a loro volta riversarsi e confluire nei social, facendosi definitivamente realtà.

Anche il nostro capitale controllato da un’app

Quando vogliamo sconnetterci da quel che ci sta intorno, sentiamo musica o vediamo film attraverso applicazioni, che a partire da una scelta pregressa, ti propongono selezioni affini (spesso ben congegnate e stabilite). Insomma grazie ad un intreccio di algoritmi mettiamo in banca le nostre abitudini oltre che il nostro capitale (rigorosamente controllato tramite un’apposita app).

Una città e una vita smart

Sembra inoltre che nuove applicazioni siano pronte a venire per segnalare la fila al supermercato, gli ingressi in palestra e alle spiagge, il traffico cittadino, la folla sui mezzi di trasporto e altro ancora, consegnandoci le chiavi di quella che viene definita come una città e una vita smart, termine che porta alla mente non tanto l’intelligenza auspicata, quanto la pratica bruttezza dell’omonima auto tedesca.

Le app, il navigatore della quotidianità

Le app in sintesi sono una scorciatoia, il navigatore della quotidianità, che tra due strade ci porta a scegliere quella più conveniente (virtù, a dire il vero, non sempre assecondata dai gps…). Sono strumenti in cui il fine e la fine di un’azione coincidono, azzerando tutto quello che sosta nella parentesi intermedia, ovvero la scelta.

Torniamo alla domanda iniziale: allora siamo già tracciabili?

In buona parte, sì! Perché abbiamo gradualmente trasformato la nostra identità di carne nel suo alter-ego numerico, l’identità digitale. Nell’universo digitale le nostre abitudini, il nostro capitale, i contatti, i gusti sono già tracciati e catalogati, come insignificante numero di un insieme statistico, che poi confluisce nei famosi Big Data. Tralasciamo l’articolato dibattito, di stampo orwelliano, sulla moralità di questi insiemi di dati, per porci una domanda differente: la tracciabilità lascia davvero traccia?

Già prima della quarantena lasciavamo la scia dei nostri passi

Mi riferisco non tanto alle nostre orme numeriche, ma a quelle tracce lasciate dai nostri passi prima e dopo questo periodo di quarantena. Vista dall’alto, diciamo dalla prospettiva di un drone (per star al passo coi tempi ed evitare la blasfemia), la scia lasciata da ognuno di noi è simile alla geometria di un formicaio, osservato dal nostro punto di vista. Il nostro agire quotidiano in fondo è così prevedibile che, se qualcuno sfrutta queste tracce per dislocare sul cammino le briciole di un nuovo oggetto da consumare o un’abitudine da acquisire, di certo la direzione del nostro cammino non muta.

Le app, un sistema chiuso, creato e gestito dall’uomo

Si potrebbe obiettare: la vita umana è sempre stata così prevedibile, in qualunque tempo e società. Giusto ma solo in parte. Perché da qualche anno tra noi e le nostre azioni quotidiane, ci sono le app e più in generale l’intero universo digitale, che per la prima volta ha creato un sistema chiuso, creato e gestito interamente dall’uomo. Qualsiasi altra scoperta tecnologica invece si era sempre ridotta al potenziamento degli strumenti mediante cui poter intervenire sulla terra e sulla vita materiale. Con tutte le altre tecnologie dunque il controllo non poteva mai esser totale, perché permaneva una distanza tra l’uomo e la terra, tra le mani e la materia da plasmare.

Cosa è controllabile e tracciabile

Con l’universo tecnologico, disegnato da Internet, ogni cosa è per definizione controllabile e tracciabile. Aspetto che sembra sfuggire ai molti critici dell’eventuale app Immuni, che spesso sono proprio tra gli utilizzatori più fedeli della tecnologia digitale. È come se non accettassero l’invasione di un vecchio strumento del potere materiale, lo Stato, nell’universo digitale. Oggi forse la vera manipolazione non viene più dall’alto verso il basso, ma giace su una linea orizzontale, dove la scelta e il suo peso vengono cancellati, perché ormai incapaci di scrutare l’orizzonte.

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