Medicina e spiritulità: ecco perchè “chi non conosce il proprio inconscio sarà costretto a viverlo come destino”

Parlare di spirito all’interno del contesto medico attuale significa sollevare dubbi sulla serietà del medico o quanto meno riserve riguardo alla sua opportunità nel contesto della cura.

Da qui l’urgenza di chiarire cosa si intenda per vita o equilibrio spirituale e perché esso rappresenti il grande assente all’interno della concezione medica moderna. 

Medicina e spiritualità

La psicologia del profondo ci fornisce gli elementi e i termini per poter affrontare questo compito. È noto a tutti come la personalità dell’essere umano non si esaurisca in quello che esso riconosce come “io”, cioè nella organizzazione coerente dei processi psichici, ma essa si componga anche di un mondo di cui solo a tratti riusciamo carpirne le istanze.

In questo ambito interiore esiste un nucleo da cui emerge una forza innata, istintiva, capace di coordinare le varie funzioni vitali e riparare le strutture danneggiate.

Questa forza chiamata “Libido”, nella concezione Junghiana del termine, o Vis Medicatrix negli scritti ippocratici o ancora Forza Vitale da S. Heinhemann, prima di potersi esprimere, dovrà essere filtrata dalla parte razionale dell’uomo, la quale cercherà di riconciliare l’espressione di essa, da una parte con la propria biologia e dall’altra con le richieste del mondo esterno.

Questo stato di cose è all’origine del perenne attrito tra l’espressione delle pulsioni profonde dell’uomo, come l’amore o la rabbia, le quali dovranno armonizzarsi contemporaneamente sia con le esigenze biologiche innate come la sete o la stanchezza sia con il codice sociale.

Secondo questa concezione, la volontà è l’espressione ultima e cosciente di questo rimaneggiamento delle istanze profonde dell’uomo.

La volontà, la quinta essenza dell’uomo

La volontà quindi, essendo il doppio prodotto dell’esigenze biologiche, a partire da quelle della singola cellula, con la forza vitale e le esigenze razionali, quindi culturali, morali e sociali, rappresenta la quintessenza dell’uomo, la sua espressione più alta e complessa e quindi nel contempo il segno cardine per la valutazione della salute dell’uomo o in altre parole del suo equilibrio.

Mutuare un concetto di salute da una concezione che non tenga conto della volontà dell’uomo, significa fare una operazione di svalutazione dell’essere umano.

Per tale motivo, si può definire l’uomo tanto più sano quanto più la sua volontà sia indipendente dalle perturbazioni delle forze che intervengono nella sua genesi.

L’uomo sano

L’uomo sano, ha una volontà forte. La malattia sarà la conseguenza di un “io” non forte abbastanza da mantenere il proprio equilibrio all’interno di questo attrito di forze, i sintomi della malattia saranno il frutto del tentativo da parte di tutte le componenti della persona di recuperare il mancato equilibrio.

Da qui si evince perché non possono essere considerati sintomi di malattia solo quelli fisici. Sintomi parimenti, e spesso anche più importanti, saranno anche quelli apparentemente più sottili, come gli atteggiamenti emotivi, psicologici e le condotte sociali. Ma cosa ha a che fare tutto questo con lo spirito?

Quello che chiamiamo spirito, non è un qualche stato trascendentale di un essere umano particolarmente evoluto, ma la capacità di consapevolezza di noi stessi sia come soggetti sia come oggetti all’interno di un mondo di cui dobbiamo affrontare le sfide (cit. T.P. Paschero – Buenos Aires 1904 – 1986).

Lo spirito è la capacità di consapevolezza che nasce dal trascendere il proprio punto di vista o in altri termini dall’allontanare il centro di gravità del proprio mondo dal proprio ombelico.

Questa traslazione la si ottiene quando l’interlocutore dei nostri pensieri non sarà più l’io con cui ci identifichiamo, ne gli altri, nel senso psicologico di super-io, ma il principio trascendente che si cela dietro la complessità del creato. 

Tanto più questo dialogo sarà intenso, tanto più avremo gli strumenti per dominare maggiormente le spinte che provengono dal profondo di noi stessi.

Avere una ricca vita spirituale ovvero un equilibrio spirituale, significa in sostanza saper esercitare una maggiore auto-controllo sulla nostra volontà.

Chi non conosce il proprio inconscio sarà costretto a viverlo come destino

L’affermazione di C.G. Jung, secondo cui “chi non conosce il proprio inconscio sarà costretto a viverlo come destino”, riassume bene l’importanza della vita spirituale per la salute, l’importanza cioè di saper cogliere quello che non va al primo campanello di allarme, che più spesso è mentale prima ancora che fisico, come a titolo di esempio una sensazione di facile irascibilità o eccessivo sospetto, senza attendere che l’incendio divampi ad intaccare le funzioni di organi e tessuti.

In poche righe abbiamo rivoluzionato il concetto di salute e malattia rispetto a quello collettivamente ritenuto assodato, e quindi a cascata potranno essere ripensati quelli di prevenzione e terapia, tutto ciò per effetto delle naturali conseguenze nate dall’avere semplicemente aggiunto un tassello alla attuale concezione del mondo, la tessera precedentemente sfilata dall’accettazione della dicotomia cartesiana corpo-mente.

Qualcuno ancora ha dubbi sull’importanza dello spirito nella scienza medica?