Il virus dell’influenza sembra essere sparito ma non è una buona notizia

Il virus dell’influenza è praticamente sparito. Probabilmente a causa delle misure di distanziamento sociale. Alcuni ne gioiscono, ma potrebbe non essere una buona notizia.

I virus fanno parte del nostro ecosistema, ce li abbiamo addosso, ce li scambiamo, gli esseri umani sono da sempre in equilibrio con loro. I virus responsabili delle epidemie che abbiamo avuto negli anni passati, come a titolo di esempio, quello responsabile della SARS o quello influenzale H1N1, non sono scomparsi, in qualche modo l’umanità entra in una forma di equilibrio con loro.

Il primo contatto di una popolazione con un virus sconosciuto tende ad essere inizialmente più grave, per poi arrivare ad una convivenza.

Il raffreddore ha sterminato le popolazioni del Sud America in epoca colombiana in seguito all’arrivo degli spagnoli.

I virus più aggressivi come Ebola invece, arrestano la propria diffusione perché uccidono quasi tutti i contagiati in breve tempo: anche questa è una forma equilibrio.

L’ipotesi maggiormente accreditata vuole che il COVID19 provenga dai pipistrelli, ma c’è nell’aria come un comune sentimento che esso rappresenti una sorta di nemesi in risposta allo stravolgimento dello stato naturale delle cose da parte dell’uomo. Viviamo una sorta di intuizione collettiva che non possa che essere cosi. Controbilanciare uno squilibrio con un altro rischia di aprire scenari ancora peggiori. Nessuno può però dimostrare questa intuizione, quindi essa, nel nostro mondo, non è vera. Qualcuno però si è mai domandato quali possibili scenari si potrebbero aprire all’interruzione delle misure di quarantena prolungate, senza escluderli a priori?

Quando verranno rimosse le misure di lockdown a livello globale e la circolazione di persone e virus saranno di nuovo libere, potrebbe accadere che l’immunità temporanea per altri virus si perda, non essendo più sollecitata, facendo trovare cosi una popolazione di nuovo immunologicamente vergine, con il rischio di insorgenza di una nuova pandemia.

Lo stesso effetto lo si potrebbe avere per un virus, la cui mutazione circoscritta dalla quarantena, si troverà improvvisamente ad investire il globo con i propri miasmi. In ambo i casi l’effetto sarebbe lo stesso, ed essendo i potenziali candidati moltissimi, anche le probabilità che questo possa accadere non sono poche. Allora cosa faremo? Un lockdown dietro l’altro fino al lockdown perpetuo? Oppure mangeremo pane e vaccini?

L’idea del vaccino come soluzione dei nostri problemi sanitari rischia di essere irrealizzabile e comunque a lungo termine folle, quella della quarantena totale di tutta la popolazione un fatale errore. La strategia globale di lotta alla epidemia di COVID19 potrebbe instaurare l’inizio di un circolo vizioso perverso di cui è difficile prevederne gli effetti.

La conoscenza è la capacità di mettere in correlazione in modo coerente eventi che altrimenti risulterebbero estranei. D’altra parte, l’osservazione della natura, anche da parte dell’occhio materialista, non lascia dubbio riguardo al sottile equilibrio delle cose da tutti i punti di vista: fisico, chimico, biologico, fisiologico, storico, psicologico. La scomparsa del virus influenzale è un elemento che dovrebbe far riflettere in quanto epifenomeno dello squilibrio che potrebbero creare politiche globali sbagliate.

Bisognerebbe investire di più sulla salute di base delle persone, ostacolando la circolazione di cibo tossico a iniziare dall’alcool e dai cibi ad alto indice glicemico, invece di aumentare la già troppo lunga lista di vaccini a cui dovremmo sottoporci.

Se lo stesso sforzo della ricerca oggi dedicato allo sviluppo dei vaccini fosse indirizzato invece verso la comprensione dei meccanismi fisiopatologici di base delle malattie virali, avremmo risultati di sicuro meno controversi e più duraturi. Lo sviluppo di sistemi di cura efficaci rappresenterebbe un investimento più razionale rispetto all’infinita rincorsa al vaccino verso cui il mondo si sta avviando.